Corso di Geologia

Argomento: TETTONICA GLOBALE


INDICE


  07.3.5 - I Bacini di Foreland: caratteri generali ed evoluzione sedimentaria nella moderna interpretazione

I Bacini di Foreland, (termine introdotto formalmente da Dickinson nel 1974) sono definiti come “bacini sedimentari interposti tra la porzione frontale di una catena montuosa in fase di costruzione ed un area cratonica stabile, non deformata” (Dickinson,1974, Allen, Homewood,& Williams, 1986; Jordan, 1995) (Fig. 183a). Il termine Bacino di Foreland, identifica in senso ampio bacini sedimentari che occupano una vasta ed articolata area di sedimentazione suddivisibile in diversi contesti deposizionali e strutturali (es. avanfossa s.s. o foredeep Aubouin, 1965, bacini di piggyback ecc.).

Lo stesso Dickinson (1974) distingue bacini di forelandperiferici” posti in posizione frontale alla catena attiva e bacini di foreland di tipo “retroarco” che si formano sulla zolla in sovrascorrimento in associazione ad un fronte antitetico rispetto alla direzione di subduzione (vedasi anche Bally & Snelson, 1980; Mitrovica et al., 1989; Royden, 1983; Allen, 1986; Miall, 1995; Catuneanu, 2004) (Fig. 183b). Le differenze esistenti dal punto di vista geodinamico tra bacini di foreland “perfiferici” e “retroarco” sono state tracciate da vari autori tra cui Doglioni (1993, 1999),  Royden (1993), Jordan (1995).

In riferimento alla classificazione di Bally & Snelson (1980) e Bally, Catalano, Oldow (1985) i Bacini di Foreland rientrano nella classe dei bacini “perisuturali” posti su litosfera continentale, associati a zone di deformazione compressiva e/o alla formazione di aree di megasutura.  

La genesi dei bacini di foreland viene generalmente imputata a meccanismi di subsidenza flessurale guidati dal carico dovuto alla messa in posto delle unità tettoniche. Durante la convergenza tra le placche, il carico verticale esercitato dall’orogene in costruzione migra verso la zona di avampaese, insistendo progressivamente su porzioni sempre più esterne della placca in subduzione. Questo processo produce la migrazione, verso l’esterno, del bacino di foreland associato alla catena (Bally, Gordy & Steward, 1966; Price, 1973; Dickinson, 1974; Beaumont, 1981, 1989, 1993; Jordan, 1981, 1995; Sinclair & Allen 1992; Giles & Dickinson, 1995) (Fig. 183c). Royden & Kerner (1984) hanno mostrato nella catena Appenninica e nei Carpazi che tale meccanismo, da solo, non è sempre sufficiente a spiegare gli spessori (fino a 8 km) dei sedimenti che riempiono le “avanfosse” associate a questi due orogeni. L’ipotesi che un bacino di foreland si sviluppi da un semplice sistema convergente, mediante la sovrapposizione di successivi sovrascorrimenti è stata quindi sostituita da modelli più complessi che tengono conto dell’interazione di molteplici variabili. Entrare nel dettaglio di quali ed in che modo queste variabili regolino lo sviluppo di un bacino di foreland esula dagli obiettivi di questa tesi si rimanda quindi agli autori di riferimento (Karner & Watts, 1983; Stockman & Beaumont, 1987; Lyon-Caen & Molnar, 1989; Royden, 1993).

L’evoluzione di un bacino di foreland attraversa in genere tre fasi principali scandite dalla evoluzione dell’orogene (vedasi Covey, 1986).

1) La prima fase registra lo sviluppo dei primi sovrascorrimenti e l’inizio della subsidenza flessurale. In questo stadio i bacini di foreland sono sottoalimentati ed il loro margine esterno è caratterizzato da un progressivo approfondimento.

2) Durante la fase di accrezione (accretionary wedge phase di Sinclair & Allen, 1992) il bacino di foreland è affiancato da un edificio tettonico, per lo più sommerso, caratterizzato da movimenti che si esplicano per lo più lungo l’orizzontale.

Il bacino in questa fase è alimentato da sedimenti a granulometria fine, spesso torbiditici, che si accumulano in un ambiente deposizionale marino “profondo”; il tasso di subsidenza eccede il tasso di apporto sedimentario. I sedimenti che alimentano il bacino provengono da aree sorgente extra-orogenetiche (es. Marnoso-Arenacea dell’Appennino settentrionale). Questa fase è anche nota con il nome di Flysch Stage (Hsu, 1970; Allen, Homewood & Williams, 1986; Ricci Lucchi, 1986).

3) Durante la fase continentale (continental wedge phase di Sinclair & Allen, 1992), l’edificio tettonico in parte in posizione subaerea, diventa il principale fornitore di sedimenti. I movimenti all’interno dell’orogene sono in gran parte verticali; il tasso di sedimentazione eccede il tasso di subsidenza nell’antistante bacino di foreland che a sua volta viene “colmato” da depositi di mare basso, fluvio-deltizi ed alluvionali (es. Siwaliks Group hymalayano e freshwater Molasse alpina). Quest’ultima fase è nota anche come “stadio della Molassa” (Molasse Stage Bally et al. 1985; Allen, Homewood & Williams, 1986 pp. 10-11, Ricci Lucchi, 1986, pp109) (Fig. 183d).

L’utilizzo dei termini “Flysch” (Hsu, 1970) e “Molassa” (Bertrand, 1897), in questi ultimi anni, ha suscitato molta confusione nella descrizione dei depositi di bacino di foreland, in gran parte perché questi termini sono stati utilizzati indistintamente per identificare le litofacies (Mitchell & Reading, 1986) e le tectofacies (es. in Ricci Lucchi, 1986). Per una più ampia discussione su questa problematica si rimanda ad Houten (1974), Mitchell & Reading (1986) e Ricci Lucchi (1986).

Nella letteratura specifica, all’interno di un bacino di foreland sono stati distinti alcuni principali contesti tettono-deposizionali, di seguito descritti:

 1)                 il bacino di Avanfossa s.s. (foredeep): un bacino sedimentario ubicato davanti e parzialmente al di sotto alla porzione frontale di una catena attiva. Un bacino di questo tipo è generalmete caratterizzato (in sezione) da un profilo cuneiforme che si assottiglia allontanandosi dalla catena e spesso rappresenta un area di grande subsidenza;

 2)                  bacini di thrust-top, piggyback o wedge-top: con questi termini sono indicati i bacini sedimentari posti sul dorso di unità tettoniche limitate alla base da piani di sovrascorrimento e/o al di sopra del cuneo orogenetico (Ori & Friend, 1984; Bally et al., 1985; Allen, Homewood & Williams, 1986; Allen & Allen, 1990; De Celles & Giles, 1996; Mutti et al., 2003). La formazione di questi bacini è legata alla deformazione dell’originario bacino di avanfossa a causa della migrazione del fronte della catena (Fig. 183e);

 3)                  bacini di hinterland o intramontani: sono bacini sedimentari che si sviluppano in risposta a stress di tipo estensionale (di rilascio) nei settori interni della catena; i sedimenti deposti in questi bacini sedimentari vengono detti “post-orogenici” e sono coevi dei sedimenti “sin-orogenici” che si depongono nelle zone frontali della catena (Ricci Lucchi et al, 1981; Ricci Lucchi, 1986; Amorosi et al., 2002).

Una nuova configurazione del Foreland Basin deriva dal concetto di Foreland Basin System FBS (De Celles & Giles, 1996) (Fig. 183f).

Il Foreland Basin System è definito come “una regione allungata con elevato potenziale di accomodamento di sedimenti, ubicata tra un orogene in fase di costruzione ed un’area cratonica indeformata,formatasi in risposta a meccanismi geodinamici legati alla formazione delle catene montuose ed ai sistemi di subduzione ad esse associate”.

Una delle principali differenze rispetto al concetto classico di bacino di foreland (Jordan, 1995) è che il foreland basin system tiene conto delle aree di sedimentazione poste oltre (fino a centinaia di chilometri) la zona di massima subsidenza (generalmente corrispondente alla parte assiale dell’avanfossa s.s.). Considerando queste aree di accumulo come parte del bacino di foreland la classica geometria a cuneo ispessito verso il fronte della catena, modellizzata per il riempimento sedimentario di un’avanfossa classica, viene sostituita da un cuneo sedimentario che si restringe sia in direzione dell’orogene tanto quanto in direzione del cratone indeformato.

Utilizzando il modello di FBS è possibile considerare parte del bacino di foreland anche aree deposizionali che altrimenti verrebbero escluse  (es. i bacini posti sull’orogene o i bacini post oltre il rialzo periferico) e che invece giocano un ruolo importante nell’interpretazione dell’evoluzione del sistema catena-avanfossa.

In un FBS è possibile distinguere quattro zone deposizionali “depozones”; l’appartenenza di un roccia e/o successione sedimentaria ad una di queste zone deposizionali dipende dalla originaria posizione in cui è avvenuta la sedimentazione. Una particella conserva la firma sedimentaria della zona deposizionale in cui è stata deposta, ma può essere incorporata in un’altra zona deposizionale in risposta alla migrazione del cuneo orogenetico (Fig. 183g).

Muovendosi dall’interno verso l’esterno attraverso un FBS, è possibile distinguere:

- zona deposizionale ubicata sopra il cuneo orogenetico (wedge-top depozone): costituita dall’insieme dei sedimenti accumulati sul dorso della porzione frontale del cuneo orogenetico. Questa zona include bacini di piggyback e/o thrust-top (Ori & Friend, 1984), “satellite” (Ricci Lucchi, 1986), wedge-top (Mutti et al., 2003), riempimenti di larghi canyon distributori nelle zone interne del edificio tettonico (Vincent & Elliot, 1995; Coney et al., 1995), depositi associati a locali backthrust o a sovrascorrimenti fuori sequenza (Burbank et al., 1992; De Celles, 1994) e depositi appartenenti a sistemi di drenaggio regionali antecedenti alle più recenti strutture ed alla topografia rinvenibili verso il bacino (Schmitt & Steidtmann, 1990). In ambiente subaereo la wedge-top depozone ospita la porzione più grossolana dei depositi del bacino di foreland. E’ caratterizzata in particolare da litofacies alluvionali, fluviali o lacustri; in ambiente subacqueo i depositi di wedge-top sono rappresentati da sedimenti di mare sottile di piattaforma continentale. La composizione dei sedimenti che si accumulano all’interno della wedge-top depozone riflette tipicamente le rocce erose a causa del sollevamento delle unità tettoniche.

L’accumulo dei sedimenti all’interno di questa zona deposizionale è il risultato netto della competizione tra subsidenza da carico regionale e sollevamento regionale e locale del cuneo orogenetico dovuto per ispessimento crostale o rebound isostatico. In aggiunta l’accumulo locale di depositi può essere indotto dal sollevamento locale di strutture tettoniche.

Altri caratteri distintivi dei depositi di wedge-top sono: la presenza diffusa di unconformities locali e regionali, l’immaturità tessiturale e composizionale dei sedimenti e la presenza di geometrie di crescita (Beaumont, 1981; Jordan, 1981; Peper et al., 1995). L’inclusione della wedge-top depozone nella definizione di FBS richiede la costruzione di un modello stratigrafico caratterizzato da un prisma sedimentario che si assottiglia  (in sezione trasversale) sia verso l’esterno che verso l’interno del sistema, piuttosto che il tipico cuneo sedimentario asimmetrico.

- la zona deposizionale di avanfossa s.s. (foredeep depozone): è rappresentata dall’insieme dei sedimenti accumulati nella porzione frontale del cuneo orogenetico. Questa zona deposizionale è occupata da un cuneo di sedimenti (spesso tra 2 e 8 Km) che si accumulano in condizioni sub-aeree (sistemi fluviali ed alluvionali) e sub-acquee da relativamente di mare basso (sedimenti deltizi o di piattaforma) fino a condizioni di mare relativamente profondo (sedimenti torbiditici).

- la zona deposizionale posta davanti al rialzo periferico (forebulge depozone): occupa una zona spesso caratterizzata da inarcamento di tipo flessurale, che si verificano lungo il margine esterno del bacino di avanfossa. Per questi motivi questo settore è considerato generalmente una zona di non deposizione o di erosione, caratterizzata da numerose superfici di discordanza e discontinuità. La migrazione nel tempo di queste ultime può essere utilizzata per tracciare la posizione del forebulge durante l’evoluzione del sistema orogenetico (Bosellini, 1989; Fleming & Jordan, 1990; Plint et al., 1993).

- la zona deposizionale posta sul retro del rialzo periferico (backbulge depozone): è rappresentata dall’insieme dei sedimenti accumulati tra il forebulge ed il cratone indeformato. In condizioni subacquee i sedimenti che si depongono in questa zona sono  generalmente di mare basso (Ben Avraham & Emery, 1973; Holt & Stern, 1994).

 

Fig. 183a - Rappresentazione schematica di un Bacino di Foreland (da Jordan, 1995)

 

Fig. 183b - Bacini di Foreland di tipo “perfiferico” e “retroarco” (mod. da Mitrovica et al., 1989; Royden 1993; Catuneanu, 2004)

 

Fig. 183c - Migrazione del bacino di avanfossa indotta dal carico della catena in costruzione (da Beaumont, 1989, 1993)

 

 

Fig. 183d -  Fasi evolutive di un bacino di foreland e dell’orogene ad esso associato (mod. da Sinclair & Allen, 1992)


 

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  Fig. 183e. - Caratteristiche di un bacino di tipo piggyback (mod. da Ori & Friend, 1984)

 

 

 

  Fig. 183f - Ubicazione delle differenti depozones all’interno del modello di Foreland Basin System (mod.

  da De Celles & Giles, 1996).

 

 

Fig. 183g. - Variazione della depozone occupata da una particella in risposta alla migrazione del Foreland Basin System (mod. da De Celles & Giles, 1996).