Corso di Geologia

Argomento: TETTONICA GLOBALE


INDICE


  07.2.2 - Processi di deformazione nelle zone esterne delle catene.

Le zone esterne delle catene (Esternidi di Kober, 1928) corrispondono, alla luce delle moderne vedute, sia ai complessi di accrezione che si formano ai margini di subduzione B,sia, a maggior ragione, alle zone orogeniche che si originano durante la subduzione A.
I processi di raccorciamento e il loro ordine di grandezza sono dipendenti in gran parte dal tipo, profondità e forma delle superfici di distacco tettonico. Ma, mentre lo stato delle conoscenze e la quantità di dati appaiono inadeguati per calcolare l’ammontare del raccorciamento nei complessi di accrezione della subduzione B, il calcolo dei raccorciamenti nelle zone esterne, legate a subduzione A, appare meno approssimativo e diventa possibile con l’aiuto di sezioni strutturali che siano state basate anche su dati di sismica a riflessione.

 

 

 

 


Fig. A1

 

 

Fin da quando Buxtorf (1916) introdusse il concetto di «decollement» per definire da un punto di vista geometrico la superficie di distacco delle zone piegate, sono state pubblicate numerose sezioni geologiche che mostrano la struttura profonda delle zone esterne delle catene e del loro avanpaese più o meno deformato. Un sommario delle metodologie in uso si trova in recenti lavori di Laubscher (1965, 1980); Suppe (1980) e Boyer e Elliott (1982). lI rapido progredire delle tecniche di sismica a riflessione, usate soprattutto nella ricerca petrolifera, ha permesso di identificare, contrassegnandoli, i livelli più importanti di distacco crostale. In questo contesto vengono usati termini come decollement o detachement per indicare le superfici di distacco tettonico all’interno delle successioni sedimentarie e termini come delamination (Bird, 1978) per le superfici di distacco nel basamento. Lo sviluppo delle tecniche della sismica a riflessione per l’esplorazione nei campi di gas del Canada occidentale, ha contribuito a separare nelle zone esterne di catena due unità fondamentali: la catena vera e propria e un pendio (monoclinale) regionale caratterizzato da debolissima pendenza che s’immerge al di sotto della catena a pieghe e falde (v. Fox, 1959; Bally et al., 1964; Keating, 1966). Questa monoclinale regionale è stata in seguito rinvenuta e ben documentata da linee sismiche a riflessione pubblicate in diverse zone orogeniche quali gli Appalachi, le Ouachita, le Montagne Rocciose (Wyoming), gli Appennini, le Alpi Orientali. Il riconoscimento di questa struttura regionale ha grandemente facilitato la costruzione di sezioni geologiche bilanciate  e reso meno improbabili le relative ricostruzioni palinspastiche (Bally et al., 1964; Dahlstrom, 1969, 1970; Price e Mountjoy, 1970; Royse et al., 1964; Roeder et al., 1978; Price, 1981).

 

 

Fig. A-2

 

 

Successivamente sono stati elaborati modelli teorici sulla genesi e la migrazione delle avanfosse, fondati sul concetto della presenza di una monoclinale regionale di litosfera continentale che si flette sotto il peso di falde tettoniche (Beaumont, 1980; Beaumont et al., 1982) precedentemente messe in posto in corrispondenza dei processi di subduzione di litosfera continentale.
La combinazione dei dati di sismica a riflessione profonda del tipo COCORP (Cook et al., 1981, 1983; Allmendiger et al., 1983; Dohr et al., 1975, 1983) con quelli provenienti da profili sismici meno profondi (eseguiti dalle compagnie petrolifere) ha permesso di riconoscere delle grandi superfici di sovrascorrimento che sembrano essere rimaste attive per tutta la durata di una orogenesi. I piani delle superfici di distacco (essenzialmente listriche) si appiattiscono  e confluiscono in livelli unici di distacco all’interno e/o alla base della successione sedimentaria e nella fase finale possono anche confluire lungo superfici di distacco nella crosta o addirittura nel mantello superiore (delaminazione). In questo contesto viene anche il sospetto che la discontinuità di Conrad dei geofisici europei e russi possa essere niente altro che uno di questi livelli di distacco. Uno degli obiettivi della ricerca geofisica nei prossimi anni sarà probabilmente quello di definire al meglio il meccanismo delle maggiori superfici di distacco.
La presenza di sistemi listrici di distacco a scala regionale fu inizialmente riconosciuta con i rilievi geologici di superficie ma venne documentata più tardi e per la prima volta nelle Montagne Rocciose Canadesi da Bally et al. (1966), con l’aiuto dei profili sismici a riflessione  e da studi successivi di Dahlstrom (1969), Price et al. (1970).

Sulla base di questi studi e di dettagliate analisi cinematiche si è potuto constatare che, nelle zone di catena riferibili a subduzione A, la deformazione della copertura sedimentaria coinvolta in pieghe e falde procede generalmente dall’interno verso l’esterno (dalle aree interne verso quelle esterne) della zona orogenica  e che le superfici di distacco tettonico tendono a scagliare per primi i livelli stratigrafici più alti e successivamente quelli più profondi (per dettagli ulteriori, vedi Fig. 141-142). E’ da notare che la geologia di superficie non sempre rivela la reale progressione della deformazione perché, con livelli pellicolari di scollamento sovrapposti in discontinuità, il piano di distacco tettonico più e- levato è spesso dislocato da un piano di taglio più profondo la cui superficie listrica di scollamento è più inclinata. In conclusione i profili sismici effettuati in zone orogeniche ci indicano che queste sono controllate da sistemi listrici di distacco interdipendenti ed attivi per lungo tempo. Queste osservazioni ci obbligano a rimettere in discussione il concetto di fase orogenica, estesa a scala planetaria e di breve durata, postulato da tanti Autori sulla scia di Still (1924). Gilluly (1973) aveva in realtà già precisato che una nozione di orogenesi episodica è essenzialmente incompatibile con il processo continuo e maestoso degli eventi della tettonica a zolle. Tuttavia le discordanze quasi globali esistono e sono state illustrate con abbondanza di dati nelle curve delle successioni stratigrafiche date da Vail et al. (1977) e Schwan (1980). Schwan (1980), seguendo la tradizione di Stille, correla le fasi orogeniche nei continenti con le discontinuità tra successioni di bande magnetiche verificatesi nel corso dei movimenti di zolle nell’Oceano Nord Atlantico (fig. 104). Secondo Vail (1980) le fasi orogeniche ricadono all’interno delle più importanti discordanze (v. Johnson, 1971), quindi le fasi orogeniche risultano correlabili con le successioni stratigrafiche continue.
Bally (1980) avanza l’ipotesi (anche a sostegno del punto di vista espresso da Johnson, 1971) che le successioni stratigrafiche riflettano un «continuum» nella tettonica a zolle, mentre le più importanti discordanze segnino il diminuire e quindi l’esaurirsi di un importante regime di tettonica a zolle e l’inizio della riorganizzazione delle zolle in un nuovo regime di tettonica globale.

Lo studio dei profili sismici a riflessione di zone di deformazione plio-pleistocenica (ad es. Pianura Padana, Sicilia sud occidentale), di catene quindi, poco erose e, di contro, le indagini condotte nelle catene più antiche (profondamente erose) ci fanno comprendere come sia quasi impossibile decifrare e datare nel dettaglio l’evoluzione cinematica di una zona orogenica antica. L’esame degli splendidi profili sismici a riflessione attraverso la Pianura Padana al margine con l’Appennino Settentrionale (Pieri e Groppi, 1980; Pieri, 1983) rivelano una complessa storia di deformazione che si è sviluppata durante il Plio -Pleistocene In queste sezioni la deformazione migra verso l’avanpaese dando luogo a superfici di distacco successivamente più profonde che scagliano terreni sempre più antichi dal Neogene al Mesozoico. Le pieghe sembrano svilupparsi in periodi di tempo dell’ordine di 1 o 2 MA; ogni qual volta il processo di piegamento si completa con una faglia inversa, la deformazione si sposta più avanti nella piega in posizione più frontale. In alcuni profili si riconoscono intervalli di tempo di circa 2 MA rappresentati da circa 30 riflettori sismici (60 mila anni per riflettore) che costituiscono dei veri e propri livelli di correlazione. Queste caratteristiche sono diffuse in molte catene formatesi nel Plio-Pleistocene. Il potere di risoluzione dei profili sismici non è altrettanto buono nelle zone orogeniche più antiche ed i geologi di terreno sono stati sempre indotti ad accettare l’esistenza di una locale superficie di discordanza rappresentata dall’intero sistema di catena. Analisi più accurate condotte sui profili sismici a riflessione suggeriscono però che queste estrapolazioni possono essere azzardate. L’analisi delle Montagne Rocciose Canadesi (Bally et al., 1966; Price, 1981; Price et al., 1970) permette di stabilire soltanto che il regime compressionale nell’avanpaese piegato e scagliato cessò tra la fine del Paleocene e l’inizio dell’Oligocene. L’età di formazione di molte faglie e quella dei piegamenti non può essere determinata e le relazioni cinematiche suggeriscono soltanto che la deformazione avanza da ovest verso est e dall’alto verso il basso. Se la deformazione è stata essenzialmente continua o prodotta da brevi fasi successive o da un’unica e importante fase (laramide nel caso specifico) non può essere rilevato nè dai dati di superficie nè da quelli sismici di cui disponiamo. Nelle Montagne Rocciose del Wyoming  le discordanze osservate indicano soltanto alcuni punti fissi (cinematici) in un sistema di faglie listriche inverse interdipendenti che migrava progressivamente verso il cratone (Armstrong e Oriel, 1965; Royse et al., 1965; Dorr et al., 1965). I sovrascorrimenti hanno dapprima coinvolto le successioni sedimentarie e successivamente hanno prodotto la delaminazione del basamento precambriano. Il sistema restò attivo dal Giura superiore all’Eocene medio, in coincidenza con i processi di oceanizzazione nell’Atlantico (Coney, 1979), con la subsidenza del margine Atlantico e con i processi di scollamento che investirono l’avanfossa delle Montagne Rocciose. Nel caso della Cordigliera Occidentale (americana e canadese) il regime compressivo manifestatosi nell’intervallo Giurassico sup. -Eocene medio, venne seguito da una fase distensiva databile al Paleocene superiore -Neogene. Questa tettonica distensiva riprese le superfici di distacco precedentemente formatesi che così divennero piani di faglie listriche dirette e di faglie trasformi.

 

Fig. A-3