Corso di Geologia

Argomento: TETTONICA GLOBALE


INDICE


07.2 - LE ZONE OROGENICHE

Prima di iniziare l’analisi dei bacini sedimentari collegati alle aree di megasutura appare opportuno fare alcune premesse sui sistemi orogenici.

Secondo la tettonica a zolle le catene montuose rappresentano il prodotto di processi di subduzione lungo margini di zolla convergenti. Catene a pieghe e sovrascorrimenti hanno un’origine compressiva e sono costituiti da corpi sedimentari e da scaglie del sottostante basamento cristallino, rispettivamente asportati e distaccate dalla zolla in subduzione. Le numerose osservazioni fatte nelle catene montuose si inseriscono molto bene negli schemi della tettonica a zolle; tuttavia malgrado le brillanti anticipazioni e le intuizioni di Ampferer (1906), Argand (1924), Staub (1928) e altri geologi delle Alpi, la tettonica a zolle non è facilmente deducibile dai soli dati provenienti dalle ricerche sulle catene montuose. L’ipotesi della tettonica a zolle rimane infatti ancorata soprattutto alle osservazioni geofisiche e della Geologia marina, I sedimenti di mare profondo e i resti di un possibile fondo oceanico (ofioliti), elementi fondamentali della teoria, occupano però soltanto aree ristrette delle catene ed a volte sono assenti. La spiegazione della costruzione delle catene montuose, nel quadro della tettonica a zolle, non è quindi tanto ovvia come potrebbe sembrare. Gran parte delle strutture che oggi sono presenti nelle catene montuose suggeriscono una diffusa «mobilizzazione » e «duttilizzazione» della parte superiore (crosta e sedimenti) della litosfera, mentre la restante parte della litosfera è subdotta in un regime fragile. In altre parole, mentre la litosfera continentale sottostante ai cratoni rimane rigida, la litosfera continentale sottostante alle catene montuose appare «rimobilizzata» in modo pervasivo durante i processi orogenici. I processi legati a faglie normali, a sovrascorrimenti e pieghe nelle catene montuose (v. Bally, 1981) sono l’espressione in superficie dei livelli di scollamento che separano la parte deformata della litosfera superiore che galleggia sulla litosfera subdotta. Le zone orogeniche della Terra sono comprese, come già detto, nelle megasuture (Sig. 93). Ad esempio la megasutura meso-cenozoica include tutte le regioni di estesa formazione di catene durante il Mesozoico-Cenozoico e tutti i bacini sedimentari coinvolti in questi processi.



  07.2.1 - Ruolo del Basamento Cristallino nelle Catene

Nel quadro dello sviluppo delle zone orogeniche e del concetto di megasutura, va approfondito il ruolo del basamento cristallino. Come si sa il basamento cristallino delle zone piegate non si comporta, durante i processi orogenici, come parte di una litosfera rigida. Conseguentemente è utile distinguere i settori litosferici relativamente più rigidi da quelli in cui il basamento è stato rimobilizzato ed è andato soggetto a metamorfismo regionale o si è scagliato in blocchi poi sovrascorsi o ruotati da movimenti complessi di trascorrenza. In base a questa distinzione il basamento che costituisce il pendio monoclinalico regionale (v. più avanti) sul quale giacciono pieghe e falde superficiali delle zone esterne di catena, corrisponde sicuramente alla litosfera rigida. Le zone più interne, rimobilizzate e metamorfosate e le scaglie minori di basamento (Terreni), coinvolte durante il processo orogenico, corrispondono invece alla litosfera superiore rimobilizzata. Le ricostruzioni della tettonica a zolle che sono basate sulle analisi paleomagnetiche e stratigrafiche di aree localizzate in un orogeno vanno necessariamente confrontate e riferite alle aree cratomche che sono adiacenti alle catene. In questo contesto, per individuare con certezza i blocchi originali da utilizzare nelle ricostruzioni della tettonica a zolle, è necessario mappa- re le aree delle masse continentali relitte, pre-mesozoiche e pre-cambriane. I limiti dei differenti blocchi originari sono mostrati in fig. 95a per l’inizio del Paleozoico e in fig. 95b per l’inizio del Mesozoico (in Bally et al.,1985). La presenza di relitti di basamento pre-cambriano e paleozoico nelle catene formatesi successivamente sottolinea ancora di più il carattere ensialico dell’orogenesi.



  07.2.2 - Processi di deformazione nelle zone esterne delle catene.

Le zone esterne delle catene (Esternidi di Kober, 1928) corrispondono, alla luce delle moderne vedute, sia ai complessi di accrezione che si formano ai margini di subduzione B,sia, a maggior ragione, alle zone orogeniche che si originano durante la subduzione A.
I processi di raccorciamento e il loro ordine di grandezza sono dipendenti in gran parte dal tipo, profondità e forma delle superfici di distacco tettonico. Ma, mentre lo stato delle conoscenze e la quantità di dati appaiono inadeguati per calcolare l’ammontare del raccorciamento nei complessi di accrezione della subduzione B, il calcolo dei raccorciamenti nelle zone esterne, legate a subduzione A, appare meno approssimativo e diventa possibile con l’aiuto di sezioni strutturali che siano state basate anche su dati di sismica a riflessione.

 

 

 

 


Fig. A1

 

 

Fin da quando Buxtorf (1916) introdusse il concetto di «decollement» per definire da un punto di vista geometrico la superficie di distacco delle zone piegate, sono state pubblicate numerose sezioni geologiche che mostrano la struttura profonda delle zone esterne delle catene e del loro avanpaese più o meno deformato. Un sommario delle metodologie in uso si trova in recenti lavori di Laubscher (1965, 1980); Suppe (1980) e Boyer e Elliott (1982). lI rapido progredire delle tecniche di sismica a riflessione, usate soprattutto nella ricerca petrolifera, ha permesso di identificare, contrassegnandoli, i livelli più importanti di distacco crostale. In questo contesto vengono usati termini come decollement o detachement per indicare le superfici di distacco tettonico all’interno delle successioni sedimentarie e termini come delamination (Bird, 1978) per le superfici di distacco nel basamento. Lo sviluppo delle tecniche della sismica a riflessione per l’esplorazione nei campi di gas del Canada occidentale, ha contribuito a separare nelle zone esterne di catena due unità fondamentali: la catena vera e propria e un pendio (monoclinale) regionale caratterizzato da debolissima pendenza che s’immerge al di sotto della catena a pieghe e falde (v. Fox, 1959; Bally et al., 1964; Keating, 1966). Questa monoclinale regionale è stata in seguito rinvenuta e ben documentata da linee sismiche a riflessione pubblicate in diverse zone orogeniche quali gli Appalachi, le Ouachita, le Montagne Rocciose (Wyoming), gli Appennini, le Alpi Orientali. Il riconoscimento di questa struttura regionale ha grandemente facilitato la costruzione di sezioni geologiche bilanciate  e reso meno improbabili le relative ricostruzioni palinspastiche (Bally et al., 1964; Dahlstrom, 1969, 1970; Price e Mountjoy, 1970; Royse et al., 1964; Roeder et al., 1978; Price, 1981).

 

 

Fig. A-2

 

 

Successivamente sono stati elaborati modelli teorici sulla genesi e la migrazione delle avanfosse, fondati sul concetto della presenza di una monoclinale regionale di litosfera continentale che si flette sotto il peso di falde tettoniche (Beaumont, 1980; Beaumont et al., 1982) precedentemente messe in posto in corrispondenza dei processi di subduzione di litosfera continentale.
La combinazione dei dati di sismica a riflessione profonda del tipo COCORP (Cook et al., 1981, 1983; Allmendiger et al., 1983; Dohr et al., 1975, 1983) con quelli provenienti da profili sismici meno profondi (eseguiti dalle compagnie petrolifere) ha permesso di riconoscere delle grandi superfici di sovrascorrimento che sembrano essere rimaste attive per tutta la durata di una orogenesi. I piani delle superfici di distacco (essenzialmente listriche) si appiattiscono  e confluiscono in livelli unici di distacco all’interno e/o alla base della successione sedimentaria e nella fase finale possono anche confluire lungo superfici di distacco nella crosta o addirittura nel mantello superiore (delaminazione). In questo contesto viene anche il sospetto che la discontinuità di Conrad dei geofisici europei e russi possa essere niente altro che uno di questi livelli di distacco. Uno degli obiettivi della ricerca geofisica nei prossimi anni sarà probabilmente quello di definire al meglio il meccanismo delle maggiori superfici di distacco.
La presenza di sistemi listrici di distacco a scala regionale fu inizialmente riconosciuta con i rilievi geologici di superficie ma venne documentata più tardi e per la prima volta nelle Montagne Rocciose Canadesi da Bally et al. (1966), con l’aiuto dei profili sismici a riflessione  e da studi successivi di Dahlstrom (1969), Price et al. (1970).

Sulla base di questi studi e di dettagliate analisi cinematiche si è potuto constatare che, nelle zone di catena riferibili a subduzione A, la deformazione della copertura sedimentaria coinvolta in pieghe e falde procede generalmente dall’interno verso l’esterno (dalle aree interne verso quelle esterne) della zona orogenica  e che le superfici di distacco tettonico tendono a scagliare per primi i livelli stratigrafici più alti e successivamente quelli più profondi (per dettagli ulteriori, vedi Fig. 141-142). E’ da notare che la geologia di superficie non sempre rivela la reale progressione della deformazione perché, con livelli pellicolari di scollamento sovrapposti in discontinuità, il piano di distacco tettonico più e- levato è spesso dislocato da un piano di taglio più profondo la cui superficie listrica di scollamento è più inclinata. In conclusione i profili sismici effettuati in zone orogeniche ci indicano che queste sono controllate da sistemi listrici di distacco interdipendenti ed attivi per lungo tempo. Queste osservazioni ci obbligano a rimettere in discussione il concetto di fase orogenica, estesa a scala planetaria e di breve durata, postulato da tanti Autori sulla scia di Still (1924). Gilluly (1973) aveva in realtà già precisato che una nozione di orogenesi episodica è essenzialmente incompatibile con il processo continuo e maestoso degli eventi della tettonica a zolle. Tuttavia le discordanze quasi globali esistono e sono state illustrate con abbondanza di dati nelle curve delle successioni stratigrafiche date da Vail et al. (1977) e Schwan (1980). Schwan (1980), seguendo la tradizione di Stille, correla le fasi orogeniche nei continenti con le discontinuità tra successioni di bande magnetiche verificatesi nel corso dei movimenti di zolle nell’Oceano Nord Atlantico (fig. 104). Secondo Vail (1980) le fasi orogeniche ricadono all’interno delle più importanti discordanze (v. Johnson, 1971), quindi le fasi orogeniche risultano correlabili con le successioni stratigrafiche continue.
Bally (1980) avanza l’ipotesi (anche a sostegno del punto di vista espresso da Johnson, 1971) che le successioni stratigrafiche riflettano un «continuum» nella tettonica a zolle, mentre le più importanti discordanze segnino il diminuire e quindi l’esaurirsi di un importante regime di tettonica a zolle e l’inizio della riorganizzazione delle zolle in un nuovo regime di tettonica globale.

Lo studio dei profili sismici a riflessione di zone di deformazione plio-pleistocenica (ad es. Pianura Padana, Sicilia sud occidentale), di catene quindi, poco erose e, di contro, le indagini condotte nelle catene più antiche (profondamente erose) ci fanno comprendere come sia quasi impossibile decifrare e datare nel dettaglio l’evoluzione cinematica di una zona orogenica antica. L’esame degli splendidi profili sismici a riflessione attraverso la Pianura Padana al margine con l’Appennino Settentrionale (Pieri e Groppi, 1980; Pieri, 1983) rivelano una complessa storia di deformazione che si è sviluppata durante il Plio -Pleistocene In queste sezioni la deformazione migra verso l’avanpaese dando luogo a superfici di distacco successivamente più profonde che scagliano terreni sempre più antichi dal Neogene al Mesozoico. Le pieghe sembrano svilupparsi in periodi di tempo dell’ordine di 1 o 2 MA; ogni qual volta il processo di piegamento si completa con una faglia inversa, la deformazione si sposta più avanti nella piega in posizione più frontale. In alcuni profili si riconoscono intervalli di tempo di circa 2 MA rappresentati da circa 30 riflettori sismici (60 mila anni per riflettore) che costituiscono dei veri e propri livelli di correlazione. Queste caratteristiche sono diffuse in molte catene formatesi nel Plio-Pleistocene. Il potere di risoluzione dei profili sismici non è altrettanto buono nelle zone orogeniche più antiche ed i geologi di terreno sono stati sempre indotti ad accettare l’esistenza di una locale superficie di discordanza rappresentata dall’intero sistema di catena. Analisi più accurate condotte sui profili sismici a riflessione suggeriscono però che queste estrapolazioni possono essere azzardate. L’analisi delle Montagne Rocciose Canadesi (Bally et al., 1966; Price, 1981; Price et al., 1970) permette di stabilire soltanto che il regime compressionale nell’avanpaese piegato e scagliato cessò tra la fine del Paleocene e l’inizio dell’Oligocene. L’età di formazione di molte faglie e quella dei piegamenti non può essere determinata e le relazioni cinematiche suggeriscono soltanto che la deformazione avanza da ovest verso est e dall’alto verso il basso. Se la deformazione è stata essenzialmente continua o prodotta da brevi fasi successive o da un’unica e importante fase (laramide nel caso specifico) non può essere rilevato nè dai dati di superficie nè da quelli sismici di cui disponiamo. Nelle Montagne Rocciose del Wyoming  le discordanze osservate indicano soltanto alcuni punti fissi (cinematici) in un sistema di faglie listriche inverse interdipendenti che migrava progressivamente verso il cratone (Armstrong e Oriel, 1965; Royse et al., 1965; Dorr et al., 1965). I sovrascorrimenti hanno dapprima coinvolto le successioni sedimentarie e successivamente hanno prodotto la delaminazione del basamento precambriano. Il sistema restò attivo dal Giura superiore all’Eocene medio, in coincidenza con i processi di oceanizzazione nell’Atlantico (Coney, 1979), con la subsidenza del margine Atlantico e con i processi di scollamento che investirono l’avanfossa delle Montagne Rocciose. Nel caso della Cordigliera Occidentale (americana e canadese) il regime compressivo manifestatosi nell’intervallo Giurassico sup. -Eocene medio, venne seguito da una fase distensiva databile al Paleocene superiore -Neogene. Questa tettonica distensiva riprese le superfici di distacco precedentemente formatesi che così divennero piani di faglie listriche dirette e di faglie trasformi.

 

Fig. A-3


  07.2.3 - Cenni sui meccanismi di formazione delle catene

I meccanismi di formazione delle zone a pieghe e falde sono stati oggetto di controversia per molte decine di anni. I più importanti modelli proposti si richiamano generalmente a: 1) scivolamenti gravitativi da alti topografici; 2) espansione indotta dalla topografia (scorrimenti gravitativi) verso l’esterno, come per es. da una regione sollevata per cause termiche verso zone più esterne della catena (Elliot, 1976; 3) all’azione di spinte a tergo. Il primo gruppo di modelli non ha mai prodotto prove sull’esistenza di strutture topografiche tanto elevate da dar luogo a spostamenti dell’ordine di
grandezza osservata nelle zone orogeniche. I modelli dell’espansione gravitativa furono
molto in auge alla fine degli anni ‘70 ma i periodi di tempo intercorrenti tra la supposta formazione di un «alto termico» e la messa in posto delle falde non sono compatibili con il modello. Il modello stesso richiede infatti lo sviluppo di un nucleo metamorfico che si sollevi all’inizio della formazione della zona a falde perché esso possa funzionare come meccanismo genetico. In realtà, le aree metamorfiche interne alle zolle orogeniche risultano risalire ad un’età posteriore ai processi di sovrascorrimento prodottosi nelle zone più esterne. I modelli matematici che usano valori realistici delle proprietà reologiche della litosfera non sono in grado di dimostrare la configurazione di scorrimenti gravitativi e richiedono l’esistenza di una spinta a tergo (Chappel, 1978). Questi modelli indicano comunque che una struttura topografica elevata, sviluppatasi durante il raccorciamento, potrebbe facilitare la messa in movimento di una zona a scaglie tettoniche. Pertanto, sulla base di studi teorici e di rilievi di campagna, sembra necessaria la trasmissione di sforzi nelle zone interne perché si abbia lo sviluppo della zona orogenica. Le regioni che appaiono come i luoghi di origine di sforzi tettonici sufficientemente grandi per lo scopo sono i margini attivi di zolla (margini convergenti). Bisogna comunque osservare che, sebbene gli sforzi tettonici siano derivati da movimenti relativi e assoluti delle zolle, strutture regionali come gli assi di raccorciamento di una zona a pieghe e falde possono anche non essere direttamente dipendenti dai movimenti delle zolle.

Zone Esterne di Catena

 

Fig. 145: Fasi orogeniche principali nelle zone esterne di una catena. L’esempio è tratto dalle Montagne Rocciose canadesi (da Bally et al., 1966).

 

 

Fig. 146: Rappresentazione schematica del processo di deformazione progressiva in una zona orogenica  a falde epidermiche. Si notino le manifestazioni legate alla variazione degli orizzonti di distacco. In questo schema che riprende l’evoluzione delle Montagne Rocciose canadesi, le fascia a mattoni neri (segnate da A, B, C, D, E) rappresentano i terreni paleozoici, mentre la linea ispessita nera (numeri 1-5) simboleggia uno strato guida dei terreni mesozoici (livello a Cardium). La lunghezza A-C è uguale alla metà circa della distanza tra 1-5 dallo strato guida mesozoico. Questo implica che il settore tra 3 e 5 è stato scollato dal corpo paleozoico DE prima della formazione del piano di sovrascorrimento II.

         Il simbolo, linea a tratto con triangoli vuoti, contrassegna il sistema iniziale di piani di sovrascorrimento che si origina (intersecandolo) al top dei livelli paleozoici, a partire dell’estremità occidentale della sezione.

         Il simbolo, linea continua con triangoli pieni, contrassegna un successivo sistema di sovrascorrimenti che si origina nei punti B e C in una posizione più esterna, ma che interseca il precedente sistema di piani di distacco e coinvolge anche i terreni paleozoici.

Questa sequenza di deformazioni, osservata in pianta, mostra che la faglia più interna (II) interseca le faglie più esterne dando l’impressione, errata, che il processo di deformazione si sviluppi dall’esterno verso l’interno. Infatti la reale progressione del processo deformativo si può cogliere soltanto in sezione dove è visibile la zona in cui si originano i piani di sovrascorrimento.

 

 


Finestra 4

 

TETTONICA: descrive le                PRINCIPALI STRUTTURE

    interpreta il luogo delle   FORMAZIONE  

                        le                       STRUTTURE SUPERFICIALI della CROSTA

studio tettonico e stratigrafico devono procedere di pari passo

 

MOTORE INTERNO:  NEL MANTELLO TERRESTRE  si determinano:

            I MOTI CONVETTIVI   all’origine del trasporto  delle placche

           I MOVIMENTI PLACCHE      determinano l’AMBIENTE GEODINAMICO

            

A scala + piccola all’interno degli ambienti geodinamici

Si   GENERANO FORZE che provocano   DEFORMAZIONI della crosta terrestre

 

FORZA applicata ad un CORPO induce nello stesso un       campo di pressioni che si traduce in uno stress

 

stress:  E’ una forza applicata sull’ unita’ di superficie (s) non diretta ma conseguenza del passaggio a condizioni dinamiche differenti.

 

funzione ed ambiente geodinamico riguarda le grandi masse rocciose

 

Lo stress produce  DEFORMAZIONE  nei materiali della Crosta    (STRAIN)

quest’ultimo, quindi, corrisponde ad un’entità di modificazioni nella

FORMA   e nel VOLUME di un corpo sottoposto allo sforzo (STRESS)

 

 

DINAMICA                            studio delle forze responsabili di Eventi Tettonici

CINEMATICA                         Successione di eventi tettonici

 

 

Esempi di movimenti relativi tra 2 masse

 

DEFORMAZIONI sono funzione della  1) temperatura; 2) pressione; 3) velocita’;

4) durata dello stress; 5) pressione H2O e variazione tempo

 

Profondità, pressione e temperatura determinato la    velocità delle placche (V) considerati i caratteri meccanici (calcare fragilissimo)

 

 

 

                                                    

DEFORMAZIONE duttile  alta Temperatura e Pressione;

fragile T e P bassa

 

Taglio duttile e fragile - Discontinuità  meccanica - Variazione Petrografica = Piccoli movimenti

 

Basamento e copertura sedimentarie: UNITA’ MECCANICHE

Deformazione coinvolge LIVELLI DI SCOLLAMENTO nel basamento

Faglia: Movimento relativo fra due masse di roccia

Tetto: Blocco roccioso sopra la faglia

Letto: Blocco roccioso sotto la faglia

Rigetto: Entità di movimento relativo. Faglie normali formano un GRABEN

Sovrascorrimento: in sezione parallela al movimento FLAT-RAMP

 

 

                                                                                                     


 

 

EVOLUZIONE DEI PROCESSI TETTONICI A SCALA REGIONALE

 

1 – Nella regione inizia a modificarsi  il campo ELASTICO-STATICO grazie alla FORZA di GRAVITA’ 

 

      Si ha rilassamento dei corpi sotto l’azione della pressione citostatica. I corpi geologici sono caratterizzati da geometrie ereditate da processi ESO ed ENDOGENI

 

2 - Una nuova fase di stress si sviluppa nella regione progressivamente.

      Si sviluppa instabilità nell’area in funzione della REOLOGIA delle ROCCE: si producono rotture F. P. o scorrimento plastico e viscoso

La Regione risulta divisa da fratture: queste ultime hanno una geometria che si sviluppa in funzione della TRAIETTORIA DELLE PRINCINCIPALI DIREZIONI DI STRESS

 

3 – I Corpi litologici si muovono tendendo a produrre zone di instabilità  (zone fragili in superficie e duttili in profondità). Si viene a creare una Regione CINEMATICAMENTE INSTABILE 

4 – Nel tempo lo Stress imposto tende a diminuire e la Regione ritorna verso le condizioni di stabilità originaria. La tendenza alla deformazione diminuisce progressivamente.

      Si instaurano stati più rigidi che determinano un DIMINUIZIONE dell’azione della TETTONICA

 

Lo stato di STRESS (sforzo) precedente la formazione di faglie superficiali

superficie terra ovunque un piano di stress

se la superficie è considerata piana ed orizzontale per grandi aree si possono considerare 3 generali stati di stress sforzo

 

 

Meccanica delle rocce  - leggi governanti la deformazione, il piegamento, il fagliamento

 

Pressione idrostatica - rocce sottoposte al carico di una colonna di rocce dipende dal peso specifico e dallo spessore.

Newton unità di misura della FORZA

 

Stress idrostatico - pressione di confinamento causa variazioni elastiche di volume  da compressibilità.

 

MECCANICA DELLE ROCCE

Leggi governano deformazioni

Piegamento e Fagliamento. Applicazione forze ad un corpo induce nell’interno CORPO un campo di pressioni che si traduce in uno sforzo - STRESS

Deformazioni dovute ad azione di forze - variazioni fisiche

Forze sono soprattutto la GRAVITA’ e movimenti grandi masse.

Gravità proporzionale alla massa peso colonna ROCCIA costituisce forza che agisce su sottostanti rocce.

Forze che agiscono producono STRESS. Quantità di deformazioni causata da stress è misurata da cambiamento di FORMA e/o VOLUME.

Gravità importante modifica traiettoria stress orizzontale mov. crostali.

 

Unità di pressione (stress) è il BAR (kilobar) = 105 nw/m2

Kilobar equivale ad una colonna di 3700 m di roccia a densità 2,7

Pressione idrostatica (litostatica)  35 km = 10 kilobar

effetto pressione idrostatica P uguale per tutte le direzioni  - mantiene forma modifica volume

 

Può però avvenire che si creino condizioni per cui le rocce non vengano deformate in maniera idrostatica - variabilità della forza applicata.

Una forza F che agisce su unità di area di SUPERFICIE può essere scomposta in uno stress principale che agisce normalmente alla superficie ed un taglio che agisce parallelamente

 

La formazione di Faglie su superficie piana ed orizzontale determina originariamente 3 stati di stress principali

Inoltre si è dimostrato che lo sforzo di taglio raggiunge il suo massimo su superfici inclinate di 45° rispetto alla pressione  princ. massima nei provini  le fratture lungo  superfici che formano angoli acuti bisecati dalla direzione della pressione massima i piani di taglio si intersecano secondo rette parallele alla direzione di 62.

 

 

 

MECCANISMI DI PIEGAMENTO

1 - Piegamento parallelo semplice per COMPRESSIONE LATERALE (ellisse di deformazione nel livello piegato - Piegamento parallelo o concentrico

 

2 - Piegamento parallelo flessurale, scivolamento flessurale lungo lo strato (vari strati dislocati verso la cerniera)

 

3 - Piegamento simile per taglio (scorrimenti fitti all’interno degli strati lungo piani di taglio paralleli al piano di Piega.

 

STRUTTURE ED AMBIENTI TETTONICI COMPRESSIVI

 

Catene - Megasuture - Margini Deformati Di Placche In Collisione

 

Placche in collisione

Zone esterne                  -            Avanpaese                piegato

                                                                                 non piegato

Deformazione raggiunge i   terreni sempre più superficiali

Vergenza principale e Back Thrust.

 

CUNEO DI ACCREZIONE  - impilamento tettonico

ACCREZIONE attraverso SOVRASCORRIMENTI

 

A) VENTAGLIO EMBRICATO             frontale

                                                          a ritroso          

B) DUPLEX: un insieme di scaglie limitate al letto ed al tetto da piani di sovrascorrimento.

Piano di faglia che si SCINDE determinando: sovrascorrimento BASALE e SOMMITALE

 

 

THRUST FAULT: faglia di contrazione cartografabile

THRUST: superficie geometrica tra TETTO e LETTO schematizzata con geometria a gradini

 

SVILUPPO DEL THRUST:

1) LUNGO IL LETTO  - frontale

2) LUNGO IL TETTO - propagazione a ritroso



  07.2.4 - Strutture deformative dei sistemi di catena

Faglie inverse (sovrascorrimenti) e pieghe negli orogeni

Le faglie (thrusts) si rinvengono nei seguenti regimi tettonici:     

 Ø      Sistemi orogeni contrazionali, zone collisionali con terreni metamorfici nelle parti assiali degli orogeni e catene (a pieghe e faglie);

 Ø      Zone di subduzione (cunei di accrezione ed orogeni di tipo Andino)

 Ø      Sistemi trascorrenti transpressivi;

 Ø      Bacini invertiti (tettonica di inversione);

Le pieghe si trovano negli stessi regimi tettonici ed anche in regimi  distensivi (faglie normali con propagazione di pieghe e rollover anticlinali.

Un sistema a thrust (catena) consiste di una monoclinale regionale separata dal sovrastante cuneo di thrust o thrust imbricati attraverso una superficie di distacco (o di scollamento o “sole thrust”)

Il cuneo di thrust (spesso con geometrie di ramp-flat) appare più inclinato del piano di distacco; può essere spesso costituito da un sistema embricato combinato con un sistema a duplex. Questi sistemi si ramificano dal corpo (thrust) basale.

Il termine “thrust” si riferisce tanto al corpo limitato dalla fascia quanto la faglia stessa.

Se le rocce coinvolte sono sedimentarie la tettonica è di tipo pellicolare (thin skinned); se sono coinvolte anche rocce del basamento viene usato il termine thick skinned.

Le faglie inverse o sovrascorrimenti tagliano le successioni sedimentarie non deformate e sub orizzontali.

 

Le faglie inverse (thrust) si possono trovare raggruppate in sistemi di 2 tipi:

 1) Duplexs  limitati in alto ed in basso da due corpi deformati che si chiamano  roof e floor thrusts. In base al rapporto tra l’interspazio delle faglie e lo spostamento si possono formare duplex inclinati verso le zone esterne (avanpaese) e antiformal stack (duplex sovrapposti a formare un antiforme)

2) Cunei (o ventagli) embricati caratterizzati da assenza del roof thrust (vedi figure).

Piani di thrust e fronti delle catene sono spesso segmentati trasversalmente (al fronte).

Le faglie che collegano i thrust segmentati sono chiamate faglie di trasferimento (transfer faults) o transfer zone quando il trasferimento può essere originato da sforzo diffuso.

Lo spazio tra 2 successive faglie inverse in una catena è determinato dallo spessore dei sedimenti che vengono coinvolti nella catena al fronte di deformazione (fig. 146).

La geometria del cuneo è determinata dall’attrito lungo la superficie di distacco basale.

Piani di distacco con forte attrito sono responsabili della formazione di zone oro geniche ristrette con dislivello topografico accentuato (fig. 147).

Piani di distacco con basso attrito sono associati a catene estese e piatte.

 

Fig. 147: Nomenclatura dei thrust fault systems (modificata da TWISS & MOORES, 1992).
 

 

   

Fig. 148: Possibili geometrie 2-D di thrust faults. Il thrust può raggiungere la superficie o no (faglia cieca). Nota la geometria a gradino (ramp e flat) del piano di faglia (modificata da MCCLAY, 1992).



Fig. 148 a: In una catena a pieghe e a faglie (fold-and-thrust belt) il senso del trasporto  lungo il sovrascorrimento è generalmente verso il foreland (fore-thrusts). Per foreland (avampaese), dunque, si intende quella zona frontale verso cui la catena verge. In alcuni  sovrascorrimenti  (detti backthrusts= retroscorrimenti), tuttavia, il senso del trasporto può essere verso l’hinterland, cioè verso il nucleo della catena. La combinazione di thrusts e backthrusts determina lo sviluppo di strutture pop-up.

 

 


Fig. 148 b: Un duplex  è una particolare geometria descritta da un sovrascorrimento. Esso si scinde in due sovrascorrimenti: uno basale (floor thrust) e uno sommitale (roof thrust). I due sovrascorrimenti si riuniscono poi insieme in un flat sommitale. In funzione delle relazioni fra interspazio delle faglie (spacing) e spostamento possono svilupparsi tre differenti geometrie di duplex: hinterland dipping duplexes (spostamento < interspazio delle faglie), antiformal staks (spostamento = interspazio delle faglie) and foreland dipping duplex (spostamento > interspazio delle faglie).

 

 


Fig. 148 c: La continuità laterale dei sovrascorrimenti è generalmente interrotta da faglie, dette tear

fault. A scala regionale, i sovrascorrimenti possono essere interrotti da una singola faglia (transfer fault) o lo spostamento può essere trasferito lateralmente ad altre faglie lungo tranfer zones    (modificato da TWISS & MOORES, 1992).

 

 



Fig. 148  d: Profilo sismico ubicato nella fossa di Nankai, Giappone, mostrante il fronte attivo del prisma di accrezione associato alla zona di subduzione  di Nankai. Nota le rampe che si generano da una superficie di scollamento quasi sub-orizzontale. I fault-bend folds accomodano lo spostamento lungo i  ramp-flat (modificato da SHAW et alii 2005)


 


            Fig. 149: Schema cinematico dell’evoluzione di Tofana.

 

 


                                                                      Fig. 150


 

  


Fig. 151: Growth fold caratterizzata da una velocità di  uplift > della velocità di sedimentazione. Gli strati di crescita tipicamente si assottigliano e terminano in onlap sull’alto strutturale. Gli  strati di crescita mancano sulla cresta dell’anticlinale (modificato da SHAW et alii, 2005).

 

 

 

 

Fig. 152: Esempio di sezione sismica, mostrante il pattern della rottura di una piega (modificato da SHAW et alii,  2005).
 
 

  

Fig. 153: La Piattaforma di Trento è sovrascorsa, verso Sud-est, sul Bacino Bellunese (Prealpi Venete) lungo il Thrust di Belluno, come conseguenza della compressione sudalpina,  obliqua al margine piattaforma-bacino (Mesozoico), orientato N-S. L’effetto è un apparente spostamento destro.

  

 


Fig. 154: Relazioni fra forma del sovrascorrimento, propagazione del sovrascorrimento e sviluppo di pieghe (SUPPE, 1983; 1985). In entrambi i casi il back-limb della piega è  parallelo alla rampa del letto.

Nel  fault-bend fold nota  a) lo sviluppo di  superfici assiali A e B fisse;  b) le rocce fluiscono attraverso le due superfici e si formano le superfici assiali A’ e B’, che completano la piega; c) quando B’ raggiunge A, anche quest’ultima migra in direzione del trasporto tettonico

Nel  fault-propagation fold nota  a) dalle due superfici  assiali A e B si sviluppano  A e B’; b) A e B’ confluiscono in un solo piano assiale della piega che migra con il sovrascorrimento; c) la piega cresce in altezza


 

Fig. 155: La velocità di sollevamento delle pieghe può essere più alta (A) o più bassa (B) della subsidenza regionale dell’avampaese (foredeep). Nel primo caso (A), si svilupperanno pieghe le cui cerniere saranno topograficamente più alte  verso la catena (hinterland)   e le anticlinali appariranno fortemente erose. Nel secondo caso (B), si svilupperanno pieghe le cui cerniere saranno topograficamente più basse verso la catena (hinterland)   e le anticlinali non saranno significatamente erose  (modificato da DOGLIONI & PROSSER, 1997).

 

 

Fig. 156: Quando la velocità di sollevamento della piega è maggiore della velocità di subsidenza regionale, gli onlap degli strati sintettonici migrano allontanandosi dalla cerniera della piega, e la velocità di sedimentazione è minore del sollevamento totale della piega (A). Al contrario, gli onlap migrano verso la cerniera della piega quando la velocità di sollevamento della piega è minore  della velocità di subsidenza regionale, e la velocità di sedimentazione è più alta del sollevamento totale della piega (B).

 

 

 

Fig. 157: Classificazione geometrica bidimensionale delle faglie normali. Tale classificazione è basata sugli effetti che le faglie hanno sugli strati e sulle altre faglie.


Fig. 158: Piega di tipo chevron nella Formazione Livinallongo. Pieve di Livinallongo.

 

 

Fig. 159: I vuoti generati dai piani curvi di faglie dirette (A) in natura vengono eliminati dal piegamento del tetto e del letto con la formazione di sinformi e antiformi (B) o dall’erosione tettonica al tetto e al letto della faglia (modificata da  RAMSAY & HUBER, 1987).

 
 

 

Fig. 160: Pizzo Intermesoli, Gran Sasso, Appennino centrale. Giurassico. Esempio di tettonica transtensiva, sigillata dalla facies bacinale del Cretaceo. Tale tettonica appare preservata in una scaglia tettonica dislocata da una faglia diretta attiva ( a sinistra). Nota il sovrascorrimento, anch’esso attivo, con vergenza verso est. 

 


Fig. 161: Le faglie listriche sono caratterizzate al tetto dalla presenza di strutture note come  rollover anticline. Queste ultime sono pieghe generate da un  adattamento volumetrico delle rocce alla geometria ramp-flat di una faglia listrica.

 

 

Fig. 162: Faglia listrica sinsedimentaria. Nel tetto, gli strati di syn-rift si ispessiscono verso la faglia.

 


Fig. 163: Il  rift africano e la giunzione tripla di Afar. Nota l’organizzazione del rift in rami (il ramo occidentale e quello orientale appaiono localizzati in vicinanza del Lago Vittoria).

 


 

 

Fig. 164

 

 

Fig. 165

 


Fig. 166: L’andamento sinuoso di una faglia trascorrente può generare aree di estensione (figura in alto) e aree di compressione (figura in basso).

 

 

Fig. 167: Sezioni sismiche mostranti strutture a fiore negative (sopra) e positive (sotto). Modificate da HARDING (1983) e HARDING et alii (1983).
 
 

Fig. 168


Fig. 169


Fig. 170

 

 

 

Fig. 171:  Esempio di struttura a fiore negative relazionata alla tettonica trascorrente sinistra nel Massiccio SetteSassi (Dolomiti).

 

 


 


Fig. 172

 

 

 

Fig. 173: Evoluzione di un diapiro salino (in rosso). 1) Il carico delle formazioni sovrastanti il sale accentua irregolarità precedenti, facendo fluire il sale verso zone di minore sovraccarico; 2) si forma un cuscino di sale e la spinta verso l’alto genera delle faglie normali sulla cresta; 3) il sale continua a fluire verso l’alto, lasciando le aree laterali dove si formano delle lacune stratigrafiche di origine tettonica; 4) si forma un diapiro vero e proprio, perforante la serie stratigrafica sovrastante. Il duomo di sale può arrivare in superficie sconnettendosi con l’area sorgente (modificato da TRUSHEIM, 1960).

 

 

  

Fig. 174

Interpretazione della sezione sismica rappresentata in tempi e in profondità. Quest’ultima, la cui scala verticale è uguale a quella orizzontale, mostra i rapporti reali tra le strutture.

 

Fig. 175

 

La figura mostra la sezione geologica bilanciata e la relativa ricostruzione palispastica (sezioni al centro ed in basso) basate su un profilo sismico eseguito dall’AGIP nel settore orientale della Pianura Padana. Nella sezione bilanciata l’inclinazione della linea basale corrisponde all’immissione del basamento (pendio regionale). Interpretazione della sezione sismica (in alto) e sezione bilanciata a cura degli autori.