Corso di Geologia

Argomento: TETTONICA GLOBALE


INDICE


07.1 - MEGASUTURE E BACINI SEDIMENTARI

Assetto tettonico Globale

La carta tettonica del mondo mostra un assetto strutturale molto semplificato della superficie della Terra basato su quattro elementi fondamentali.

·        Oceani che sono il prodotto dell’espansione della crosta oceanica e della relativa distensione meso-cenozoica;

·        Aree di megasutura meso-cenozoica  che costituiscono fasce di compressione contemporanee alla formazione degli oceani;

·        Zone orogeniche paleozoiche  che rappresentano le megasuture paleozoiche oggi confinanti con crosta continentale e con zone di subduzione A. Una zona di subduzione B paleozoica può essere soltanto supposta, poiché non si è conservata crosta oceanica paleozoica con i suoi originari caratteri non deformati. Sulla mancanza di crosta oceanica possono essere suggerite due spiegazioni alternative: (a) il processo di subduzione B è stato così intenso da consumare la maggior parte della crosta paleozoica; (b) le “geosinclinali” paleozoiche non ebbero delle vere e proprie aree oceaniche. In una visione attualistica noi preferiamo accettare la prima;

·        Zone orogeniche precambriche  che costituiscono molte delle megasuture precambriane. Anche in questo caso non si hanno informazioni sulla crosta oceanica precambrica.

I bacini episuturali precambrici giacciono sulle megasuture precambriche, quelli paleozoici sulle megasuture paleozoiche e quelli mesozoici-cenozoici preservati giacciono sulle aree delle megasuture meso-cenozoiche.

 

Fig.131: Carta tettonica semplificata del mondo (modificata da Bally, 1975). Un semplice sguardo alle aree di megasutura e di crosta oceanica indica che il sistema megasuturale globale mesocenozoico consiste in due fasce: quella circum-Pacifica e quella della Tetide. Esistono inoltre vari sistemi di megasutura più antichi quali quello paleozoico e precambriano. I sistemi di megasutura fossili attuali formano, nel loro complesso, i continenti ed i loro margini. In modo analogo, le aree di crosta oceanica si possono distinguere in funzione della loro età di formazione. Le aree oceaniche terziarie comprendono ovviamente i sistemi di dorsali attive. Sulla base di un rapido esame si deduce che i bacini oceanici attuali non esistevano prima del Giurassico. Questo schema è in stretta relazione con il modello della tettonica a zolle che noi qui accettiamo quale base per la classificazione dei bacini. Si vedano anche le carte a colori fuori testo.

 

Fig. 132




  07.1.1 - Le Megasuture

Le megasuture corrispondono alle aree mobili della terra (catene a pieghe e falde) che testimoniano le complesse fasi di accrezione e deformazione subita dai corpi geologici in un regime Prevalentemente compressivo. Originariamente il termine di megasutura fu proposto per le zone orogeniche e i bacini sedimentari che si formano in queste aree deformate (Bally, 1975; BaIly e Snelson, 1980).

 

 

Fig. 133

 

 

Il concetto introdotto nel quadro di una nuova classificazione dei bacini sedimentari definisce i rapporti tra zone orogeniche e bacini sedimentari, sottolineando come l’evoluzione di ciascun bacino vada vista all’interno di quella più generale della zona orogenica cui appartiene.
Nelle aree di megasutura sono visibili i prodotti dei processi di piegamento, di sovrascorrimento e dell’attività ignea; ad esse sono inoltre associati gli scorrimenti di rocce crostali duttili e gli estesi corpi intrusivi e metamorfici delle zone orogeniche. Così le megasuture, se viste nei tempi lunghi dell’ordine di 10v- 108 anni, appaiono come zone molto mobili e deformate e non possono perciò essere considerate come parti di zolle rigide. Le megasuture possono essere meglio comprese se si usano quale esempio le zone orogeniche meso-cenozoiche molto diffuse sulla Terra. Queste aree appaiono delimitate da margini esterni (più avanti descritti) molto caratteristici, all’interno dei quali sono confinati prodotti dell’attività orogenica ceno-mesozoica e di quella ignea (megaciclo ceno -mesozoico) e bacini sedimentari. Infatti, nella formazione di queste aree, pur assumendo particolare rilievo i processi di compressione, sono frequenti sia i processi di distensione sia la formazione dei bacini, anche se questi ultimi appaiono subordinati e conseguenti ai complessi processi di subduzione. In termini attualistici queste strutture distensive (bacini in particolare) sono ad esempio i mari marginali del Pacifico occidentale, il Mediterraneo, il Mare dei Caraibi e il Mar della Scozia che sono tutti da includere nella classe dei bacini episuturali di cui si parlerà avanti. Naturalmente le ricostruzioni palinspastiche delle megasuture presentano varie difficoltà ed appare molto «rischioso» estrapolare i dati paleomagnetici e le ricostruzioni paleogeografiche di queste zone alle adiacenti aree cratoniche più rigide. Per evitare confusioni terminologiche ci pare opportuno precisare il significato del termine «sutura». Il termine «sutura» è largamente usato (v. ad es. Dewey e Burke, 1973; Ziegler et al., 1972; Burke et al., 1977) per descrivere delle fasce sottili e lineari che contrassegnano il limite di collisione tra due continenti o quello tra un arco ed un continente. Le ofioliti rinvenute lungo queste fasce vengono interpretate come residui di crosta oceanica messi in posto tettonicamente. L’andamento lineare che molte suture mostrano in pianta è però spesso dovuto alla sovrapposizione di faglie successive al vero e proprio processo di sutura. In realtà il termine «sutura» indica generalmente una giustapposizione di differenti domini paleogeografici continentali; e conseguentemente assume un significato più ristretto di quello dato al termine megasutura qui usato. Molti autori (Bucher, 1924, 1957; Dennis, 1967) preferiscono usare invece di megasutura il termine di zona mobile che, comunque, oltre ad essere usato anche in un diverso contesto, è stato definito in maniera molto vaga. Inoltre, per chiudere questa breve parentesi terminologica, il termine megasutura non va considerato sinonimo di «zona orogenica» o di «catena» poiché una megasutura è anche la sede di bacini profondi qui formatisi. Un’area di megasutura può raggruppare i prodotti di molte fasi orogeniche in più cicli di ordine superiore (ad es. ciclo mesozoico - cenozoico, paleozoico e diversi cicli precambriani). Questi cicli sono riferibili da un punto di vista concettuale ai cicli chelogenici di Sutton (1963) (fìde Read eWatson, 1975).

In conclusione una megasutura può essere paragonata a una larga saldatura formatasi durante una collisione continente-continente e/o continente-arco, con una mobilizzazione di spessori consistenti di basamento, come del resto suggerito dall’ampio spettro di età radiometriche misurate nelle rocce del basamento di zone piegate. Queste età spesso corrispondono a fasi di mobilizzazione e/o sollevamento e raffreddamento delle rocce del basamento.

Nel lessico della tettonica a zolle, la megasutura costituisce il prodotto integrato di tutti i processi riferibili alla subduzione che rappresentano la controparte dei processi di oceanizzazione durante il Mesozoico-Cenozoico. In altre parole l’antica crosta oceanica meso-cenozoica ed i margini passivi associati possono essere interpretati come i corrispondenti distensivi delle attuali aree compressive con i loro relativi margini attivi. Questo concetto sviluppato per primo da Wilson (Ciclo di Wilson, 1968) è messo in rilievo in questa sede, per la sua utilità come base per una proposta di classificazione dei bacini. Come già detto vengono distinti quattro tipi di margine di megasutura: I) margini di subduzione B o di Benioff, dove viene subdotta litosfera oceanica; 2) margini di subduzione A o di Ampferer, dove viene subdotta litosfera continentale; 3) sistemi di faglie trasformi; 4) un margine di tipo Cinese che è costituito da un inviluppo attorno a rocce intrusive felsiche. Questo quarto tipo di margine è stato distinto poichè in Cina il margine del continente antistante la megasutura meso-cenozoica non è associato, come ci si aspetterebbe, ad una tipica zona di catena esterna, ma è invece rappresentato da una fascia non ben definita di rocce ignee mesozoiche e terziarie che si intrudono profondamente nelle regioni della Cina e della Mongolia.
Nel loro insieme questi margini delimitano quattro tipi di megasuture meso-cenozoiche.

I) Megasutura di tipo Pacifico sud occidentale: si trova tra una suhduzione B ed un margine trasforme; corrisponde ad un sistema di arco vulcanico e bacini marginali.

2) Megasutura di tipo Pacifico nord occidentale: è compresa tra un margine di subduzione B e/o un margine trasforme sul versante Pacifico ed un margine con intrusioni felsiche di tipo cinese dall’altro. All’interno di questa zona orogenica si aprono e si chiudono mari marginali e vengono ingiobati frammenti continentali (per es. l’Indocina, la Piattaforma Sud-Cinese o il Lut Block dell’Iran).
3) Megasutura di tipo cordigliera: è contenuta tra una subduzione 8, dal lato che guarda verso l’oceano e/o un margine trasforme ed un margine di subduzione A verso il continente. L’apertura e la chiusura di mari marginali appare molto meno importante nella storia della cordigliera. mentre gioca un ruolo importante lo spostamento di tipo trascorrente di settori continentali.

4) Megasutura di tipo Himalayano -Alpino: è contenuta tra due margini di subduzione A disposti di fronte al Cratone Eurasiatico a nord ed ai continenti Africano-Arabo ed Indiano a sud. Questo tipo di megasutura rappresenta il prodotto finale delle collisioni continentali. Va sottolineato che l’intenso processo di deformazione con sovrascorrimenti dei corpi litologici, depositatisi su più antichi margini passivi, la diffusa rimobilizzazione del basamento a livello regionale e la presenza di metamorfismo sono processi caratteristici di margini di subduzione di tipo A. Diversamente, i margini di subduzione di tipo B mostrano accavallamenti ad embrice e deformazione dei sedimenti oceanici nei complessi di accrezione degli archi di isole e, nella fase finale, ulteriori processi di sovrascommento associati a sistemi di faglie trasformi. Il contrasto tra i due tipi di subduzione è illustrato da una sezione schematica che attraversa la Cordigliera Canadese.



  07.1.2 - Margini di megasutura

Per inquadrare i margini di megasutura in una prospettiva corretta vanno preliminarmente discussi l’origine e l’evoluzione del concetto di subduzione. In una documentata analisi, Trumpy (1975) parte dalla considerazione che la nozione di subduzione venne introdotta per primo da Ampferer (1906) e che le sue idee furono seguite negli anni successivi da molti geologi alpini che notarono che nelle loro sezioni geologiche la larghezza della copertura sedimentaria era notevolmente in eccesso rispetto alla superficie del relativo basamento. Queste considerazioni portarono alla convinzione che un consistente volume di  basamento, presumibilmente sialico, veniva «inghiottito» a grandi profondità (Verschluc kung). 

In seguito Amstutz (1951, 1957) introdusse il termine equivalente in francese (subduction) poi anglicizzato da White et al. (1970) per diventare parte essenziale della nomenclatura originatasi dallo sviluppo dei concetti di tettonica a zolle. Nella sua nuova accezione il termine non corrispose più all’originale concetto alpino che lo legava alla nozione di una litosfera sialica sub- dotta, ma indicò una zona dove una litosfera prevalentemente oceanica viene subdotta. In questo modo la subduzione di crosta continentale, caratterizzata dalla tendenza a «galleggiare», assunse una trascurabile importanza nei casi di collisione continentale.


Come Trumpy ha precisato, nelle zone di subduzione alpine la parte superiore del basamento sialico viene coinvolta ma il fenomeno è visibile solo a piccola scala. Sebbene sia difficile dimostrare la subduzione di litosfera continentale in profondità, è tuttavia possibile dedurne la presenza sia dalle ricostruzioni palinspastiche che dai recenti terremoti (v. I.aubscher, 1974, Panza et al., 1980. Se la subduzione di litosfera continentale è soltanto dedotta, la subduzione di litosfera oceanica lungo la zona di Benioff (subduzione B) è comprovata da una documentata evidenza sismologica.
Nelle megasuture meso-cenozoiche  possiamo differenziare quattro fondamentali tipi di margine che hanno in gran parte significato analogo ai margini di zolla.

1) Margine esterno di zona di Benioff o di subduzione B. E’ una zona dove la zolla di litosfera oceanica si immerge sotto la zolla continentale sialica. Attualmente le zone attive di subduzione B sono accompagnate da terremoti superficiali/intermedi/profondi e/o da una deformazione principale di età cenozoica. I sismologi stanno studiando la dinamica di queste zone in grande dettaglio (Sykes, 1972; Oliver et al., 1973). Sezioni schematiche di zone di subduzione B ricavate da profili sismici a riflessione in esse sono visibili lo scollamento (dècollernent) superficiale o l’asportazione di sedimenti dal tetto della crosta oceanica basaltica. Lo spessore dei sedimenti, il rapporto tra la velocità di sedimentazione e la velocità di sprofondamento della zolla e le proprietà reologiche delle rocce deformate determinano una grande variabilità di stili tettonici che si possono osservare nelle zone di accrezione dei margini convergenti e che vanno dallo stile ad embrici della Fossa di Giava a quello risultante dalla combinazione di strutture embriciate e faglie listriche normali con «crescita» nell’offshore della Colombia fino allo stile più semplice di pieghe di scollamento delle Barbados (Biju Duval et al., 1984). Sono inoltre noti profili sismici a riflessione in cui la crosta oceanica appare coinvolta senza dubbio alcuno in processi di subduzione (Kroenke, 1972; Kulm et al., 1973); o in cui il processo di subduzione cenozoica può essersi già esaurito come si osserva nella Fossa di Palawan (Isole Filippine) dove la zona di subduzione è stata ricoperta già nel tardo Miocene da sedimenti più recenti.
In alcuni casi la deformazione delle zone di subduzione B pare sia avvenuta in un regime ad alta pressione di porosità descritto, ad esempio, da Shouldice (1971) per la zona di subduzione al largo dell’Isola di Vancouver. I sedimenti oceanici che raggiungono la zona di subduzione conservano quasi integra la loro porosità e il relativo contenuto in acqua in quanto essi sono solo parzialmente consolidati. Questi caratteri potrebbero essere all’origine della formazione dei «mélanges» costituiti da pacchi di sedimenti semiconsolidati strappati dal sottostante basamento oceanico; in realtà i mélanges sono spesso difficilmente differenzia- bili dai grandi accumuli da frana indotti dalla tettonica (olistostromi) che frequentemente si trovano lungo le scarpate sottomarine dei margini attivi. Un altro dato in accordo con il regime di alta pressione di porosità è quello della presenza di grandi volumi d’acqua nella sottostante crosta oceanica, acqua che si è prodotta durante il raffreddamento di basalti e di intrusioni poco profonde nel corso della formazione di nuova crosta oceanica (Fyfe, 1974, 1976). Se ne dedurrebbe che la superficie di una zolla in subduzione contiene generalmente grandi quantità d’acqua e si trova in un regime di alta pressione di porosità (Von Huene e l_ee, 1982). Queste caratteristiche favorirebbero una subduzione «silenziosa», praticamente senza frizione, e spiegherebbero perché gli epicentri dei terremoti vengono registrati soltanto all’interno di parti più rigide della zolla.


2) Margine esterno di zone ceno-mesozoiche di tipo Ampferer o zone di subduzione A. E’ una zona dove una parte di crosta sialica può trovarsi subdotta a profondità intermedie, al di sotto dell’area di megasutura, e dove si formano scollamenti per pieghe a grande scala e vasti sovrascorrimenti della sovrastante copertura sedimentaria. Un esempio probante di subduzione A viene dalle Montagne Rocciose del Canada Occidentale; le ricostruzioni da sezioni geologiche basate su dati di sismica a riflessione indicano che l’ampiezza della copertura sedimentaria è sostanzialmente in eccesso rispetto al substrato continentale sottostante (BalIy et al., 1966; Gordy et al., 1975). Poiché tutti i dati escludono i convenzionali scivolamenti gravitativi da aree sollevate (Bally, 1981), si può dedurre che sia sottoscorsa quella parte di crosta continentale, precedentemente assottigliata, che si trovava al di sotto della «miogeosinclinale paleozoica» della futura cordigliera canadese.
I caratteri di una tipica subduzione A si ritrovano nella zona esterna (sensu Kober, 1928) della catena paleozoica delle Ouachita e degli Appalachi (Roeder, 1978; Harris et al., 1981; Cook et al., 1983; L.aroche, 1983). Le ricostruzioni paleotettoniche nell’area alpina (Laubscher, 1965; Trumpy, 1969) provano l’esistenza di un processo di subduzione di crosta sialica. Alcuni autori vedono la subduzione A come un processo subordinato ma lo collegano, correttamente, ad una collisione continentale come già anticipato da Argand (1924). Alcune zone di subduzione A quali quelle delle Alpi, dell’Himalaya e di Zagros, formatesi per collisione continentale, farebbero seguito a zone di subduzione B, già attive prima della collisione.

Lo stile di deformazione strutturale delle zone di subduzione A varia in ragione delle differenze di duttilità all’interno del pacco di sedimenti coinvolti nella deformazione. Velocità di subduzione e quantità di crosta sialica coinvolta nella subduzione A sono notevolmente inferiori ai valori relativi alla crosta oceanica nel caso della subduzione B. I meccanismi del processo di subduzione A appaiono poco chiari, ma le riserve concettuali, oltre che le difficoltà meccaniche, relative alla subduzione di sostanziali porzioni di litosfera continentale, sono in parte superate dalla semplice osservazione che in ogni caso viene subdotta una crosta continentale precedentemente assottigliata. Tuttavia c’è sempre stata molta riluttanza da parte dei teorici della tettonica a zolle ad accettare la subduzione A. Essi sostengono, infatti, che la forte tendenza al «galleggiamento » da parte della crosta continentale dovrebbe impedire una subduzione quantitativamente significativa.
Molnar e Gray (1979) ritengono che porzioni cospicue di crosta continentale (crosta inferiore) possono essere subdotte soltanto nel caso in cui vengano separate dalla soprastante crosta superiore. Questi autori pensano che le stesse forze gravitazionali che agiscono sulla litosfera oceanica in subduzione potrebbero spingere la litosfera continentale, priva della parte superiore (crosta continentale leggera), giù verso l’astenosfera. Tale “spinta” sarebbe contro- bilanciata dalla tendenza al galleggiamento della crosta continentale leggera. In simili circostanze e sulla base di assunzioni di varia natura, potrebbe essere subdotta una parte di crosta continentale compresa tra pochi km e 330 km di lunghezza. Questi valori dipendono dagli spessori di crosta continentale inferiore che possono essere scollati durante la subduzione. Il modello elaborato da Bird et al. (1975) e Bird (1978) descrive una situazione termica e meccanica capace di determinare la «delaminazione» di litosfera subcrostale che avverrebbe con l’inserimento o l’
Come geologi possiamo quindi continuare a raccogliere dati che possano dare una spiegazione del reale raccorciamento osservato nelle catene montuose.


3) Margine esterno di tettonica trascorrente (lungo faglie trasformi). Si trova in alcune aree quali ad es. la California meridionale e la Nuova Zelanda dove la zona di megasutura è attraversata da un sistema di dorsali e di faglie trasformi che si sovrappongono a zone precedentemente compresse.

4) Zona di inviluppo intorno ad intrusioni ignee felsiche. I tipi di margine prima proposti non sono applicabili alla Mongolia e alla Cina (Terman, 1974; People’s Republic of China, 1975, 1976; Bally et al., 1980), dove le zone di subduzione B del Pacifico occidentale non hanno un’equivalente fascia di subduzione A. In queste regioni il margine occidentale della megasutura è dato dal limite più occidentale di una fascia di intrusioni mesozoiche. Il margine della fascia di intrusioni è adiacente a ciò che costituiva l’avanpaese mesozoico e cenozoico, dominato da tettonica trascorrente e distensiva (Dewey e Burke, 1973; Terman, 1974; People’s Republic of China, 1975, 1976; Molnar e Tapponier, 1975). Questo suggerirebbe il fatto che la deformazione dell’avanpaese è solo marginalmente legata allo sviluppo delle megasuture.



  07.1.3 - Bacini Sedimentari
I bacini sedimentari sono qui definiti come aree subsidenti, con spessori di sedimenti che superino comunemente il km, e che siano ancora oggi conservati in maniera più o meno integra (Bally e Snelson, 1980). Le piane abissali degli oceani e alcuni mari marginali circum -Pacifici i cui sedimenti hanno a volte spessori normalmente inferiori a 1 km, non vengono qui trattati.
La nostra definizione di bacino esclude nel modo più esplicito le zone piegate che coinvolgono successioni sedimentarie potenti e deformate in modo complesso e che talvolta contengono notevoli volumi di idrocarburi. La definizione di bacino esclude anche altre strutture (a volte positive per un’indagine petrolifera) come gli alti intracratonici caratterizzati da sottili coperture sedimentarie.
Questo schema differisce da classificazioni precedenti (K1me, 1975, 1977; Perrodon, 1971, 1977; North, 1971; Mc Crossan e Porter, 1973), poiché si basa interamente sui concetti della tettonica a zolle. Pone infatti in maggior rilievo la localizzazione dei bacini rispetto alle mùteaiidisuboAeB.
Pur seguendo per molti versi gli schemi di Dickinson (1976) che ha classificato i bacini tenendo presente la tettonica a zolle, la nostra classificazione se ne differenzia per molti aspetti tra cui la tendenza alla gerarchizzazione dei diversi tipi di bacino.


  07.1.4 - La nozione di geosinclinale

Sono necessarie alcune premesse per permettere al lettore di trovare un riferimento con la tradizionale nomenclatura delle aree sedimentarie legata al concetto di geosinclinale. Il comune uso della terminologia antecedente la tettonica a zolle è stato già discusso da King (1969a). Dewey e Bird (1970) cercarono di accordare i vecchi concetti di geosinclinale con quelli della tettonica a zolle mentre Dickinson (1971a) giunse alla conclusione che «i principi della teoria classica della geosinclinale che nel passato avevano giocato un ruolo notevole come strumento per classificare gli elementi tettonici, apparivano a questo punto ostacoli non necessari per il pensiero geologico nel futuro». Hsu (1972a) descrisse lo sviluppo della teoria della geosinclinale e propose di conservare l’uso della nomenclatura geosin clinalica restringendola alla descrizione dell’ambiente tettonico delle successioni sedimentarie e rocce loro correlabili che si trovano negli attuali margini continentali o di zolla.

Sulla base di queste premesse riteniamo che vadano ribaditi questi concetti.
— La nozione di geosinclinale e le classificazioni relative furono basate su deduzioni derivate da osservazioni di campagna. Questi concetti si svilupparono prima delle indagini geofisiche ed oceanografiche. In molti casi i concetti originari non si accordano con i nuovi dati.
La maggior parte delle orto, mio ed eugeosinclinali della letteratura precedente sono oggi strutture deformate e completamente distrutte per successivi piegamenti o processi erosivi e di conseguenza sono relitti incompleti di bacini più antichi. La vecchia terminologia non differenzia quindi gli originari bacini rimasti integri dai bacini deformati. Da un punto di vista pratico tale differenza è essenziale. Sarebbe d’altro canto opportuno, da un punto di vista concettuale, fare una classificazione indipendente dalle problematiche relative alla ricostruzione di complesse aree a pieghe. Tale approccio ci permetterebbe di distinguere i dati reali delle ricostruzioni a posteriori.
— I concetti fondamentali della geosinclinale elaborati ad esempio da Kay (1951) e da Auboin (1965) erano fondati sulle ricostruzioni paleogeografiche che sono spesso difficilmente comparabili con gli esempi attuali di bacini preservati, come è stato dimostrato da molte sezioni sismiche. Così secondo alcuni ricercatori una eugeosinclinale dovrebbe comprendere l’intero spettro di ambienti di un margine attivo attuale inclusi: l’arco insulare, l’arco vulcanico, i complessi sedimentari di subduzione, l’avanarco, il retroarco ed i mari marginali. Altri autori vedrebbero nel fondo oceanico con il suo basamento spilitico, i frequenti seamounts vulcanici e le coperture sedimentarie una eugeosinclinale o possibilmente una leptogeosinclinale.

— Molto è stato detto a proposito della somiglianza tra le piattaforme continentali di tipo Atlantico e le miogeosinclinali (miogeoclinali di Dietz. 1963 e di Dietz e Holden 1966). Le miogeonclinali sono concettualmente accoppiate alle eugeosinclinali. Per i margini di tipo Atlantico la coppia può essere ancora prefigurata se si ammette che il fondo oceanico con i suoi seamounts rappresenti la eugeosinclinale (o la leptogeosindinale quando la sottile sequenza sedimentana non è ricoperta da spesse conoidi sottomarine). In contrasto con questo punto di vista, alcuni autori riconoscono i caratteri di miogeosinclinale nel lato continentale dei bacini marginali del Pacifico occidentale.
Si può in sostanza dire che la nomenclatura geosinclinalica è sopravvissuta alla sua stessa utilizzazione: in ogni caso la conoscenza e la familiarità con questa terminologia è assolutamente necessaria per poter comprendere sia i numerosi lavori basati su questi concetti, sia lo sviluppo storico del pensiero geologico.

Rimane ovviamente il problema della nomenclatura degli antichi bacini, oggi deformati ed incorporati nelle catene montuose, che sono stati ricostruiti usando le varie ed a volte azzardate metodologie palinspastiche. Onde evitare l’introduzione di nuovi termini si potrebbe quindi continuare ad usare il termine miogeosinclinale per i paleobacini essenzialmente non vulcanici ora deformati in zone orogeniche. mentre il termine eugeosinclinale dovrebbe, in ogni caso, essere abbandonato. In futuro gli antichi «domini eugeosinclinalici» potrebbero essere meglio descritti nel quadro della classificazione dei bacini qui proposta (eventualmente completata da una classificazione delle aree sollevate) aggiungendo un prefisso come «paleo» e una definizione delle fasi di subsidenza.



  07.1.5 - La classificazione dei bacini

La classificazione qui adottata è quella elaborata da Bally e Snelson, (1980); essa differenzia tre fondamentali famiglie di bacini sedimentari:

— bacini localizzati su litosfera rigida, relativamente non deformata, e non associati con la  formazione di megasuture:

— bacini perisuturali su litosfera rigida fiancheggianti ed associati a megasuture;
— bacini episuturali localizzati su megasuture ed in gran parte contenuti al loro interno.

 

 

 

Fig. 134 A




Fig. 134 B

 

Fig.135: Bacini sedimentari associati alle megasuture meso-cenozoiche.


 

 


 

Fig. 136

 

 

Fig. 137

 

 

Fig. 138

 

Nei bacini di avanarco l’evoluzione è fortemente influenzata dall’attività del complesso di accrezione e la deposizione può essere sia di mare profondo che di mare basso, costituita da sedimenti sia terrigeni che clastici, in quanto è situato in prossimità delle aree di alimentazione, cioè il complesso di accrezione e l’apparato vulcanico.

 

 

Fig. 139

 

Fig. 140

 

 

Fig.141: Bacini su litosfera rigida non associati a formazione di megasutura

 

Fig. 142: Bacini perisuturali. Questi bacini associati alla formazione di megasuture sono localizzati ai loro margini. Si differenziano in fosse oceaniche, determinate da processi di subduzione ti tipo B, e in avanfosse associate a margini di collisione (tipo A). Entrambi i tipi di bacini possono essere visti come fosse che si sovrappongono a segmenti crostali che si immergono al di soto delle megasuture (pendio regionale). Al contrario delle fosse oceaniche le avanfosse sono estremamente importanti per la ricerca petrolifera. Si distinguono avanfosse con o senza basamento dissenzionato da tettonica a blocchi.


 

 

La subduzione del margine passivo determina la formazione di una struttura a falde (catena) analoga a quella che si forma in un complesso di accrezione.

 

Al suo interno la zona deformata non mostra generalmente la stessa morfologia di strutture descritta precedentemente per i margini di subduzione di tipo B. Questa differenza è determinata dal tipo di sedimenti coinvolti nella deformazione e dalla natura della zolla subdotta. Il complesso di accrezione di un margine di subduzione di tipo B è generalmente costituito da sedimenti di bacino oceanico poco potenti e comunemente privi di continuità laterale che si comportano, durante la deformazione, come rocce incompetenti dando perciò luogo a falde epidermiche con una intensa deformazione interna. Le rocce sedimentarie dei margini passivi, invece, costituiscono corpi sedimentari molto più potenti che si comportano come rocce competenti durante il raccorciamento, formando unità tettoniche in falde più spesse e con una blanda deformazione interna. Il grado di deformazione della zolla sovrastante aumenta man mano che vengono subdotte le coperture sedimentarie depositatesi sulla crosta transizionale del margine passivo (aumenta quindi in relazione alla subduzione di crosta continentale assottigliata).

L’evoluzione del processo di subduzione viene contrastato dalle spinte al “galleggiamento” quando ha inizio il processo di subduzione della litosfera continentale relativamente non deformata. Per spiegare il processo continuo di sottoscorrimento di litosfera continentale (valutato almeno in 300).

 

 

 

 

Fig. 143: Bacini episuturali. Questi bacini si localizzano all’interno delle megasuture. Per le aree di megasuture affioranti il termine di bacino in tramontano appare ancora appropriato. I bacini episuturali si formano in regime di collisione delle zolle e di conseguente formazione di mari marginali e margini attivi. Questi bacini hanno una vita breve poichè tendono ad essere coinvolti nei processi orogenetici che seguono la loro formazione.Di conseguenza i bacini episuturali più antichi ancora intatti sono in numero esiguo. Nella figura viene indicata la distribuzione dei maggiori bacini episuturali all’interno delle megasuture meso-cenozoiche. I bacini associati ad un margine di subduzione B sono indicati con puntini e sono presenti nelle aree circumpacifiche. I bacini associati ad una zona di subduzione A sono indicati con linee verticali. Essi tendono a disporsi secondo due fasce di direzione N-S (dalla Siberia al Sud America) l’una ed a direzione E-W (attraverso la regione Tetide-Mediterranea) l’altra.

 

Fig. 144

 

 


Finestra 3:  Sedimentazione e Bacini Sedimentari

 

 

Principali fattori che controllano la sedimentazione

1) Clima e latitudine

2) Variazioni del livello del mare

3) Paleo - geologia ereditata

4) Tettonica

 

I bacini sedimentari si formano

1) Su crosta continentale

2) Associati alla formazione di crosta oceanica

3)  Associati alla subduzione

4)  Associati alla collisone continentale

5) In ambienti transformi/strike-slip

 

Gli accumuli  sedimentari si formano

1) Su crosta oceanica come larghi fans sottomarini

2) Come rigonfiamenti sedimentari, a causa di correnti termoaline

3)  Come costruzioni biogeniche e biochimiche

4)  Come cunei o prismi di accrezione, legati alla tettonica

 

su crosta continentale – Sags e rifts

1) Grandi sags (bacini di avvallamento: per es. il Lago Chad, Mar del Nord meridionale; laghi e deserti.

2) Fosse tettoniche (rift): per es. i rifts dell’Africa orientale, il Graben della Valle del Reno; il lago di Baikal.

4) Rifts  di nuova generazione: per es. il Mar Rosso, mar del Nord settentrionale.

5) Bacini cinesi.

6) I bacini trascorrenti

7) Bacini di avampaese.

 

 

Apertura di un oceano e  margini continentali

1)     Centri di espansione medio-oceanica

       (a) bacini di rift, b) bacini transformi.

2)     Rifts abortiti (alaucogeni), per es., il Benue Trough, Delta del Niger.

3)     Piane abissali oceaniche; rigonfiamenti sedimentari, larghi fans sottomarini.

4)     Bacini di margine continentale.

Processi sedimentari di mare profondo

1)      Pelagici

2)      Chimici/Biochimici; rimaneggiamento biogenico.

3)      Emipelagici.

4)      Trasporto gravitativo di massa: (1) frane, 2) slides e slumps, 3) flussi gravitativi di sedimenti (Debris flow, correnti torbiditiche).

5)      Correnti indigene, incluse correnti di fondo termoaline, che diventano correnti di torbida a bassa densità.

ambienti di  subduzione

Due principali tipi: a) accrezione di sedimenti di fondo-mare

                                b) subduzione di sedimenti di fondo-mare

 

Gli accumuli sedimentari avvengono:

1)      <!--[endif]-->sui fondi oceanici come fans sottomarini, per es. Bengal Fan, Proto-Orinoco Fan (Barbados).

2)      Nelle fosse

3)      Come prismi sedimentari di origine tettonica

4)      Su bacini di scarpata interna, per es., America Centrale, Oregon, Sumatra (Isole Mentawai), Nuova Zelanda.

5)      In bacini di avan-arco/di arco esterno

6)      In bacini di retro-arco.

7)      In vicinanza di archi magmatici.

 


Bacini sedimetari legati alla collisione continentale

1) Bacini oceanici relitti, per e., il Delta del Gange (Baia di Bengal).

2) Bacini di avampaese e avanfossa, per es., Ganges-Brahmaputra.

3) Bacini di tipo  strike-slipe

4) Bacini di rift, per es., Graben di Baikal, Graben del Reno.

 

Antichi bacini strike-slip

1) Movimenti verticali molto rapidi

2) Input sedimentario: alto; sedimentazione molto rapida

3)  Potente riempimento sedimentario

4) Le facies sedimentarie, specialmente quella conglomeratica, hanno una limitata estensione geografica. Le facies cambiano lateralmente in maniera molto rapida.

5) Importanti discordanze di estensione laterale limitata.

6) Metamorfismo limitato

7) Scarsa attività ignea

8) Le faglie e gli assi delle pieghe si sviluppano in sistemi en-echelon.

9) I sedimenti si ritrovano lontani dalla loro zona sorgente.