Corso di Geologia

Argomento: Stratigrafia


INDICE


16 - PALEONTOLOGIA E FOSSILI

La paleontologia è quella branca della geologia che riguarda lo studio dei fossili, cioè dei resti di organismi antichi, intendendo per “antichi” tutti quegli organismi morti prima dell’ultima Era Glaciale, cioè circa 10.000 anni fa. In base a tale definizione, i resti organici che si trovano nei depositi più superficiali, e pertanto di epoca più recente, (Olocene) non sono fossili nel senso stretto del termine.

Di regola, i fossili assomigliano in vario grado ad animali e piante attuali, in modo che prima di classificare un reperto come fossile è necessario riscontrare in esso strutture organiche, ad es. scheletro e tessuti.

Fossili si trovano nelle rocce sedimentarie, principalmente carbonatiche, che si sono formate in laghi, fiumi, mari; mentre non sono mai stati trovati in rocce ignee o in rocce metamorfiche, dove le alte pressioni e temperature avrebbero distrutto qualsiasi resto fossile.




16.1 - PROCESSI DI FOSSILIZZAZIONE

L’esame dei resti fossili mostra che solo le parti calcificate (come conchiglie e scheletri)  si sono conservate, dal momento che le parti molli dopo la morte sono andate in decomposizione.

Nei Vertebrati le parti dure, come ossa e denti, sono composte principalmente di fosfato di calcio, sostanza relativamente insolubile. D’altra parte la maggior parte degli Invertebrati costituiscono il loro guscio di carbonati di calcio, anche se Artropodi e Graptoliti costruiscono il loro esoscheletro di chitina e le Spugne posseggono uno scheletro siliceo.

Un altro aspetto importante del processo di fossilizzazione è l’ambiente in cui vissero e morirono questi organismi.

Gli organismi marini sono stati sepolti dai sedimenti, prima di essere distrutti dagli agenti fisici e chimici, mentre quelli terrestri sono stati sottoposti a degradazione chimica e fisica. Come sappiamo l’ambiente terrestre è principalmente soggetto ai processi di erosione, mentre quello marino ai processi di sedimentazione.

In generale possiamo dire che il requisito essenziale per i processi di fossilizzazione è la presenza di parti dure, senza le quali l’organismo non potrebbe fossilizzarsi. Tuttavia una rara eccezione degna di nota è data da quegli organismi che pur non contenendo parti dure, hanno lasciato le loro impronte sulle rocce. Uno di questi esempi è la Ciclomedusa e il celentarato Charnia (Precambriano della foresta di Charwood).

Alcuni fossili più antichi provenienti da rocce precambriche sono stati datati col metodo radiometrico a circa 2.600 Ma. Essi vengono chiamati “stromatoliti” e sono strutture sedimentarie formate da sedimenti ricoperti da alghe verdi-blu.

 

Figura 83: tratto da Open University



16.2 - PERCHÉ SI STUDIANO I FOSSILI

I fossili si studiano, oltre che per il loro interesse specifico, anche per le informazioni che ci danno sulla diversità di vita del passato, e per determinare la posizione dei terreni nella scala geocronologica.

La Paleontologia ha lo scopo di mostrare come i fossili vengano usati per confermare la teoria evoluzionistica e per fornire utili dati sulla distribuzione geografica e sul periodo di migrazione di animali attraverso il tempo geologico.

Le relazioni tra i fossili e l’ambiente in cui vivevano gli organismi vengono trattate nella “Paleoecologia” (studio degli ambienti antichi).



16.3 - IMPRONTE FOSSILI ED EVOLUZIONE ORGANICA

Per “tracce fossili” intendiamo tutte quelle formecome orme, abitacoli, piste etc. che testimoniano la presenza e l’attività degli animali.

La teoria evoluzionistica di Darwin è stata inizialmente confermata anche dall’esame dei fossili. Tale teoria prevede che:

 1)       Il passaggio evoluzionistico da un fossile all’altro è tale che si va da forme di vita più semplici a forme più complesse, e

 2)       Gli organismi estinti vengono sostituiti da nuove forme. Queste nuove forme possono divergere dal phylum originario, ovvero possono convergere verso un phylum comune.

 

 

  

 

Figura 84



 

Figura 85


16.4 - FOSSILI COME INDICATORI AMBIENTALI

I fossili sono molto utili come indicatori ambientali: infatti dal momento che un organismo necessita di determinate condizioni fisiche, chimiche e biologiche per potere vivere, è facile risalire, tramite i fossili, all’ambiente primitivo. Il principio dell’attualismo è l’unico criterio per risalire all’ambiente originario. Per es. è certo che alcune specie di Echinodermi, Cefalopodi o Spugne vivono in mare, perciò se una roccia contiene fossili di questa specie è chiara la sua origine marina.

Gli ambienti terrestri sono più difficili da ricostruire, in quanto poco forniti di fossili.

Comunque risalire all’ambiente primitivo talvolta viene complicato dal fatto che gli organismi sono morti in un ambiente diverso da quello in cui vivevano.



16.5 - PALEOBIOGEOGRAFIA

Per circa un secolo ha prevalso la convinzione che le differenti specie di mammiferi e di uccelli abbiano avuto un habitat limitato entro aree determinate, le cosiddette “provincie”, nelle quali gli animali restavano segregati, per la presenza di barriere fisiche (es. oceani, catene montuose, ecc.). Si è visto infatti che alcuni animali si ritrovano in regioni fra le quali oggi si trovano poste delle barriere.

Per spiegare questo fenomeno si è avanzata l’ipotesi dell’esistenza di “ponti” che hanno permesso il passaggio di animali da una provincia di origine ad un’altra (vedi quadro schematico della migrazione di Vertebrati durante il Pleistocene). Dalle impronte fossili si può sapere come si sono evoluti alcuni organismi e quando e come essi migrarono in un’altra area della terra. Inoltre, studiando le somiglianze esistenti tra le faune e le flore di due aree, la migrazione è il fattore più importante nel determinare il grado di rassomiglianza e pertanto, due aree in cui gli animali hanno potuto liberamente comunicare hanno un alto limite di somiglianza; mentre un’area che è stata separata dalle aree vicine da barriere per lunghi periodi di tempo dovrà essere caratterizzata da un basso indice di somiglianza (aree endemiche). Dall’analisi della flora e della fauna dell’America settentrionale e meridionale, e tra America centrale e Asia, si può dedurre l’esistenza di due possibili ponti continentali, durante il Pleistocene passanti per lo stretto di Bering e per l’Istmo di Panama.

  

 

Figura  86