Corso di Geologia

Argomento: Stratigrafia


INDICE


15 - ANALISI DELLA SEQUENZA SISMICA

Applichiamo i metodi dell'analisi sismica alle sequenze deposizionali di fig. 77, assunte come sequenze sismiche, usando i caratteri delle terminazioni dei riflettori.

  

Figura 77 – Sezione stratigrafica di tre sequenze deposizionali. I limiti sono definiti dalle superfici A e B, che passano lateralmente da superfici di discontinuità a superfici di concordanza ad esse correlabili. In basso (b) una sezione cronostratigrafica che esprime la durata temporale delle sequenze.

 

Cominciamo con il marcare le superfici di discordanza (linee ispessite nella figura), procedimento che a volte si presenta difficile perchè i riflettori delle discordanze non sempre sono inequivocabili. Lungo una discordanza i materiali rocciosi a contatto cambiano spesso e così cambiano le caratteristiche del riflettore, che sono espressione del diverso grado di litificazione. Una volta indivi­duate le superfici di discontinuità, siamo in grado di distinguere nelle figure in esame tre sequenze deposizionali, ognuna delle quali corrisponde ad un singolo episodio di sedimen­tazione e mostra in sezione una forma ben determinata. Successivamente segniamo l’andamento dei riflettori più o meno continui all'interno della sequenza (le linee sottili nella figura). Ciascuna sequenza, quindi, risulta caratterizzata da una sua forma esterna e da una configurazione interna dei riflettori. La sequenza geome­tricamente più bassa (unità 1 ‑ 10) non è definita al suo limite inferiore per la mancanza di dati; corrisponde in termini di ricostruzione paleo­ambientale ad un'area sollevata. La sequenza intermedia ha una configurazione interna, e in questo caso anche una forma esterna, che indica la sedimentazione di una piattaforma progradante verso il mare aperto durante un periodo di sollevamento relativo del mare. La sequenza superiore mostra al suo limite inferiore (compreso tra le unità 19 e 20‑ 23) terminazioni di onlap costiero; per spiegare questo contatto bisogna pensare a un rapido abbassamento del livello marino dopo la depo­sizione del livello 19, successivamente seguito da un graduale sollevamento del livello marino durante il quale si sono depositate le unità da 20 a 25. Questo esempio mostra che i riflettori sismici possono indicare abbassamenti e solle­vamenti del livello relativo del mare e dare quindi informazioni sugli ambienti deposizio­nali e sui relativi sedimenti.



15.1 - ANALISI DELLA FACIES SISMICA

Una volta definita la sequenza sismica si passa all'analisi della facies sismica; la geometria dei riflettori è il carattere principale su cui si basa tale analisi.

Poichè i riflettori sismici all'interno di una sequenza corrispondono a piani di strato, la sezione sismica mostra anche gli originali carat­teri morfologici dell'ambiente deposizionale; consentendo grosso modo di ipotizzare anche le relative litofacies.

L'esempio di analisi delle facies sismiche applicato ad un'ipotetica sezione sismica a riflessione (fig. 78) ci mostra come sia possibile dedurre i caratteri degli ambienti deposizionali sulla base della forma esterna e della configurazione interna dei riflettori delle sequenze sismiche.

Procedendo dal basso verso l'alto della sezione, in (1) vediamo un grosso corpo privo al suo interno di riflettori sismici. Potrebbe rappresentare una formazione salina, ma i dettagli della superficie superiore fanno piuttosto pensare a rocce del basamento cristallino; per un'ulteriore conferma occorrerebbe naturalmente eseguire indagini gravimetriche e magnetiche.


 

  

Figura 78 – Ipotetica sezione sismica, che mette in evidenza le geometrie interne ed esterne delle facies sismiche. Sono proprio queste caratteristiche, insieme alla morfologia della facies ed ai caratteri dei riflettori, a consentire il riconoscimento sismostratigrafico dei paleoambienti deposizionali ed a potere ricostruire l’evoluzione di un bacino sedimentario. (Modif. da Anstey, 1982).

 

La presenza di un basamento cristallino implica però la possibilità che esso, una volta emerso, abbia potuto originare una gran quantità di materiale detritico grossolano; in (2) si riscontra un corpo senza riflessioni interne (messo in luce proprio dall’interruzione delle riflessioni adiacenti); dal drappeggio dei sedimenti soprastanti risulta che questo corpo non si è ulteriormente costipato e se ne deduce che può rappresentare una scogliera. Conseguentemente interpretiamo i livelli presenti in (3) come costituiti da depositi di avanscogliera ricchi di matrice e quelli in (4) come materiali di retroscogliera.

Al di sopra dei livelli carbonatici si riconosce un limite di sequenza determinato dal cambiamento prodottosi negli strati superiori per la progradazione della sedimentazione clastica presente in (5) e (3). All'interno di questa sequenza progradante possiamo trovare argille di mare profondo (7), argille con siltiti (5, 6), sabbie marine, siltiti ed argilliti (in 8), accumuli di sabbia ed argille in facies di meandro ed argille (in 10, 11) ed accumuli di sabbie e conglomerati di conoidi alluvionali (in 9). L'insieme degli intervalli (10), (11), (9) sembra mostrare l’andamento frammentario (ampiezza variabile e discontinuità) dei riflettori di depositi non marini.

In (12) si ha evidenza di un rapido abbassamento del livello del mare che caratterizza un nuovo limite di sequenza. L'abbassamento è seguito da un sollevamento che produce una configurazione di onlap visibile in (13); questo può anche corrispondere alla presenza di sabbie di spiaggia trasgressive, sabbie rielaborate dai sedimenti precedenti di (8) e (10). Continuando il sollevamento del livello del mare si ha una progradazione; in ( 16) è possibile riconoscere un deposito di foce con i sedimenti che progradano inclinati verso il mare.

In (17) appare una forma sigmoidale, testimonianza di una migrazione della deposizione deltizia verso zone che però non sono più intersecate dalla sezione; in (18) appare una conoide sottomarina che si allontana dal piano della sezione e poi torna indietro (19). In (20) c'è evidenza di un altro abbassamento del livello del mare che ci permette di individuare un nuovo limite di sequenza. Successivamente, con la formazione di sabbie di spiaggia che progradano per onlap in (20), (21), (22), si produce un più forte sollevamento del livello del mare. In (24) 1'orizzonte riflettente è tipico di argille marine ed in (23) i depositi argillosi costieri ricoprono terreni del basamento precedentemente emersi.

A conferma del progressivo sollevamento del livello marino in (25), troviamo un riflettore indicativo di carbonati che si presenta spesso e continuo, tranne che in (a) dove si è formato un canale profondamente inciso; in (b) (base di questo canale) potrebbero trovarsi sabbie fluviali, data la forma caotica tipica di un riempimento di alta energia. In (c) sono visibili riflettori indicativi di sedimenti la cui componente fondamentale di trasporto è orientata verso la parte sinistra della sezione; nella zona più profonda del canale questi sedimenti sono probabilmente argillosi. La loro litologia e resa evidente dal tipo di riflettore e in (d) dal caratteristico drappeggio associato alle argille non ancora compattate.



15.2 - ORDINE DEI CICLI DI VARIAZIONE RELATIVA ED EUSTATICA DEL LIVELLO DEL MARE

I cicli di variazione relativa del livello del mare mostrano differenti durate ed estensioni spaziali (fig. 79).

La durata di ciascun ciclo è quindi determinata dal tipo di evento, che induce lungo i margini continentali la sottrazione o l’aumento dello spazio d’accomodamento per la sedimentazione (Jervey, 1988).

I dati stratigrafici dal Mesozoico al Quaternario, sintetizzati nella Carta globale dei cicli di Haq et al., 1987, permettono di individuare quattro ordini della ciclicità stratigrafica:

Eventi del 1° ordine, la cui durata è maggiore di 50 Ma;

Eventi del 2° ordine, di durata compresa tra 3 e 50 Ma;

Eventi del 3° ordine, di durata compresa tra 0,5 e 3 Ma;

Eventi del 4° ordine, di durata compresa tra 0,01 e 0,5 Ma.

I cicli del 1°ordine  sono indotti dalla disgregazione e dal successivo assemblamento dei Supercontinenti (Pangea e Protopangea).

I cicli del 2° ordine sono legati alla variazione dei tassi della subsidenza termica dei margini continentali o della velocità di espansione delle dorsali oceaniche (Vail et al., 1984).

I cicli del 3° e del 4° ordine esprimono le variazioni del potenziale d’accomodamento dei bacini e sono legati al glacio-eustatismo (Vail et al., 1991).

  

            Figura 79

15.3 - SUBSIDENZA

La creazione o la distribuzione dello spazio di accomodamento è legata al Tettonismo. Senza subsidenza tettonica non ci sono bacini sedimentari.

La subsidenza tettonica è determinata da due meccanismi principali: la distensione e/o la trastensione e la deformazione flessurale della litosfera. La figura 80 illustra le 3 curve di subsidenza nei 3 tipi di bacini (estensionale, flessurale e trascorrente). Le curve indicano, in realtà, quanto sedimento si può accumulare nel bacino, indipendentemente dal calcolo degli effetti del peso dei sedimenti, della compattazione e della variazione eustatica.

  

Figura 80: Curve di subsidenza



15.4 - MARGINI DI BACINO

La stratigrafia sequenziale si basa sulla osservazione (che proviene dai profili sismici) che i sistemi progradanti dei margini di bacino hanno spesso geometrie deposizionali comuni (Figg. 81, 82).

Topset è usato per descrivere la porzione prossimale del profilo del margine caratterizzata da bassi gradienti (< 0.1°). I Topsets appaiono (anche in sismica) come strati piani e dal punto di vista litologico sono costituiti da sistemi deposizionali alluvionali, deltizi e di mare basso.

La linea di costa (shoreline) può essere collocata in qualsiasi punto all’interno dei Topset e può coincidere con l’offlap break. La terminazione prossimale (verso terra) del Topset è chiamato il punto dell’onlap costiero.

 

Clinoformi o Foresets  sono gli strati che immergono, decisamente inclinati, verso il largo, lungo il profilo del margine (> 1°). I clinoformi generalmente contengono sistemi deposizionali di acque più profonde tipiche della scarpata..

 

Figura  81: Profilo tipico di unità sedimentaria progradante comprendente topsets, clinoformi separati da un offlap break e bottomsets

 

 

Bottomsets  sono gli strati che si trovano alla base dei clinoformi, sono caratterizzati da lieve pendenza verso il largo e sono costituiti dal punto di vista litologico da sistemi deposizionali di mare profondo. La più importante rottura di pendenza nel profilo deposizionale si determina tra i topset e i clinoformi ed è chiamato offlap break (Vail et al., 1991). Quest’ultimo chiamato precedentemente shelf edge, non va confuso con il concetto di shelf break (margine della piattaforma continentale attuale).

Il profilo topset-clinoformi si forma come risultato dell’interazione tra: a) apporto sedimentario e b) energia delle onde, tempeste e maree di bacino. Il sedimento si deposita nella parte prossimale, trasportato dai fiumi e distribuito nell’area dei topset grazie ai processi legati ai vari tipi di correnti. Questi processi di trasporto sviluppati nell’area dei topset sono attivi solo negli ambienti poco profondi (poche decine di metri) e quindi per spostare i sedimenti in acque più profonde occorre un pendio lungo il quale i sedimenti saranno trasportati da processi gravitativi. L’angolo di pendio è fortemente influenzato dalle dimensioni dei materiali. I sedimenti grossolani, in cui di determina un più alto angolo di riposo costruiranno pendii più inclinati rispetto ai sedimenti fini.

Pendii più inclinati fatti da sistemi deposizionali clastici o sono fatti di materiali grossolani o sono zone di erosione o di by-pass.

Le relazioni tra sedimentazione e tettonica, ed il ruolo che entrambe esercitano sull’architettura deposizionale dei bacini sedimentari, sono stati tra gli argomenti più dibattuti nella storia del pensiero geologico, iniziando da de Maillet (1748), Lyell (1835), Chamberlin (1898), Suess (1906), Milankovitch (1920), Sloss e Krumbein (1949), fino ad arrivare ai moderni antagonismi tra Vail (1977), Haq (1987) e Miall (1991).

Negli ultimi trent’anni tuttavia, si è andata affermando la tendenza ad inquadrare questi problemi in chiave dinamica, interpretando le superfici di disconformità ed i cicli sedimentari dei bacini come effetti finali di una serie di fattori quali l’eustatismo, la subsidenza, le deformazioni tettoniche, il clima ed i processi sedimentari.

 

 

 

 

            Figura 82