Corso di Geologia

Argomento: Stratigrafia


INDICE


14 - LA STRATIGRAFIA SEQUENZIALE



14.1 - CONCETTI E PRINCIPI DELLA STRATIGRAFIA SEQUENZIALE

Le relazioni geometriche ed i caratteri stratali delle rocce sedimentarie sono il risultato dell’interazione fra tettonica, eustatismo e clima.

 

Tettonica ed eustasia controllano lo spazio dove avviene l’accumulo di sedimenti (spazio di accomodamento) .

Tettonica, eustatismo e clima interagiscono per determinare l’apporto sedimentario e quanta parte dello spazio di accomodamento viene riempito. L’obiettivo di questo paragrafo è quello di far conoscere i principi che determinano la creazione, il riempimento e la distribuzione successiva dello spazio di accomodamento; questi principi, una volta acquisiti, vengono usati per dividere la successione sedimentaria in unità chiamate sequenze deposizionali e sistemi deposizionali (systems tracts). Concetti e principi sono riferibili alle rocce clastiche e silico-clastiche ma non, in toto, alle rocce carbonatiche che hanno la possibilità di formarsi in situ (scogliere) e di rispondere in modo diverso alla formazione e ai cambiamenti dello spazio di accomodamento.



  14.1.1 - La sequenza deposizionale

Nella sua forma più semplice, la Stratigrafia Sequenziale è una disciplina descrittiva che utilizza le discontinuità stratigrafiche e le superfici di continuità ad esse correlabili per suddividere le successioni sedimentarie in sequenze, che possono essere correlate a scala regionale e globale.

Sebbene questa disciplina sia spesso considerata come il  modello teorico di riferimento della Sismostratigrafia (Payton, 1977), in realtà essa trova le sue radici storiche nei concetti sviluppati da Suess (1906) sull’eustatismo, da Sloss (1963) sulle unità cronostratigrafiche delimitate da limiti disconformi e da Weller (1960) sulle relazioni tra apporti sediemntari e posizioni relative del livello del mare.

I modelli della Stratigrafia sequenziale si basano su un assunto chiave: la distribuzione delle successioni sedimentarie nello spazio e nel tempo e la loro organizzazione ciclica sono controllate da tre fattori principali:l’eustatismo, la tettonica ed i processi sediemntari. La tettonica e l’eustatismo creano o distruggono lo spazio disponibile per la deposizione dei sedimenti, interagendo con i processi sedimentari, che regolano la disposizione geometrica delle facies (figg. 64-66).

Nella sua originaria definizione, la Stratigrafia Sequenziale è l’analisi delle successioni sedimentarie, interpretate come il risultato di una ciclicità naturale prodotta dall’interazione di tre variabili indipendenti: eustatismo, attività tettonica (sollevamento e subsidenza) e apporto sedimentario. Questa ciclicità induce variazioni relative del livello del mare, la cui espressione stratigrafica sono corpi sedimentari o sequenze deposizionali, delimitate alla base ed al tetto da superfici di discontinuità stratigrafica e/o da superfici di continuità equivalenti (i limiti di sequenza), ritenute sincrone a scala globale. Queste superfici sono facilmente riconoscibili nelle sezioni sismiche, dove appaiono come discordanze geometriche tra superfici e terminazioni laterali degli orizzonti sismici.



  14.1.2 - Sequenze e Systems Tract

L’unità fondamentale della Stratigrafia Sequenziale è la sequenza deposizionale (fig. 65, 66), un corpo sedimentario costituito da una successione di strati geneticamente legati e limitati al tetto ed alla base da superfici di discordanza e di concordanza a queste correlabili (Vail et al., 1977).

Nella definizione iniziale, il termine discontinuità aveva un significato generale, includendo anche hiatus marini ed intervalli condensati; successivamente (Van Wagoner et al., 1988), il significato del termine è stato limitato a superfici che separano strati più giovani da strati più antichi, in corrispondenza delle quali è avvenuta una significativa erosione subaerea ed eventualmente sottomarina e vi è un importante hiatus sedimentario.

 
 Figura 66  Sezione stratigrafica di tre sequenze deposizionali. I limiti sono definiti dalle superfici A e B, che passano lateralmente a superfici di concordanza ad esse correlabili. In basso (b) una sezione cronostratigrafica che esprime la durata temporale delle sequenze.
Figura 67

 

Le sequenze deposizionali esprimono cicli di variazione relativa del livello marino, che includono una fase di abbassamento relativo e la successiva fase di risalita (Vail, 1987; Vail et al., 1977, 1991).

Durante la fase di abbassamento, che implica una drastica diminuzione del potenziale d’accomodamento sulla piattafoma continentale, si sviluppano estese superfici di discontinuità che sono i limiti di sequenza; durante le fasi di risalita, che comportano il progressivo aumento dello spazio d’aggradazione dei sedimenti, si originano superfici di ingressione marina, associate allo sviluppo di sezioni condensate.

In funzione della posizione raggiunta dal livello relativo del mare, alla fine della fasi di abbassamento si distinguono limiti di sequenza di tipo 1 se il riattacco degli onlap costieri oltrepassa il precedente limite piattaforma-scarpata e limiti di sequenza di tipo 2 se tale limite non viene superato.

Un limite di sequenza di tipo 1 è caratterizzato da esposizione subaerea di tutta l’area della precedente piattaforma continentale, con conseguente erosione e ringiovanimento dei corsi d’acqua,

Figura 68: Systems tracts nella sequenza deposizionale

 

Figura 69: Particolari dell’architettura della sequenza deposizionale

 

spostamento verso il bacino delle facies costiere e riattacco degli onlap costieri più al largo e più in basso degli onalp degli strati più antichi.

Un limite di sequenza di tipo 2 si origina quando il livello marino relativo si abbassa lungo la precedente piattaforma continentale,senza però superare il vecchi ciglio della piattaforma. In corrispondenza di tale limite non si verificano significativi fenomeni erosivi, né spostamento verso il bacino degli onlap costieri, che mutano solo leggermente la lo ro traiettoria.

Le discontinuità che limitano le sequenze possono essere tracciate verso il bacino sino ad un certo punto, oltre il quale la deposizione è stata virtualmente continua durante tutto il tempo di formazione del limite di sequenza e le discontinuità passano lateralmente a superfici di continuità ad esse correlabili.

All’interno di un ciclo di variazione relativa del livello marino, si possono distinguere quattro fasi: una fase di abbassamento o caduta, una fase di stazionamento basso, una fase di risalita ed infine una fase di stazionamento alto. Durante ciascuna fase, se le condizioni al contorno lo permettono, si sviluppano specifiche associazioni di sistemi deposizionali coevi denominate Systems Tract (Brown & Fisher, 1977; Jervey, 1988).

La fase di abbassamento è registrata dalla formazione di gruppi di sistemi deposizionali di caduta (Falling Sea Level Systems Tract, Hunt & Tucker, 1992; Helland-Hansen & Martinsen, 1996); durante la fase successiva, si depositano i gruppi di sistemi deposizionali di stazionamento basso (Lowstand Systems Tract), mentre le fasi della risalita e dello stazionamento alto segnano lo sviluppo del Transgressive e dell’Highstand Systems Tract. Nelle sequenze delimitate da limiti di tipo 2, il Lowstand Systems Tract è sostituito da associazioni di sistemi deposizionali coeve di margine di piattaforma o Shelf Margin Systems Tract.  Ciascun systems tract si compone a sua volta di unità elementari, denominate parasequenze delimitate da superfici di ingressione marina, che registrano cicli di variazione relativa del livello del mare di ordine maggiore (Van Wagoner et al., 1990) o fluttuazioni degli apporti sedimentari, indotte da processi autociclici.



  14.1.3 - Costruzione delle curve di variazione eustatica del livello

Precedentemente abbiamo visto come sia possibile riconoscere i cicli di relativo sollevamento, abbassamento e stasi del livello marino usando l’onlap costiero, il toplap e altri criteri stratigrafici.

Daremo adesso alcune indicazioni su come costruire le curve di questi cicli per una data regione in cui le sequenze stratigrafiche siano caratterizzate da una certa continuita fisica all’origine.

Il procedimento per la costruzione di curve delle variazioni del livello marino (Vail et al., 1977) é illustrato nella fig. 69.

Figura 70

Innanzitutto vanno analizzate le sequenze deposizionali (da A ad E nella fig. 70a), determinando i limiti di sequenza, di età, di distribuzione areale non­ché la presenza di configurazioni di onlap e toplap costiero. Si otterrà una sezione stratigrafica basata sui dati provenienti dalle sezioni sismiche, dai pozzi profondi e/o da sezioni stratigrafiche di superficie molto dettagliate. Le linee ondulate corrispondono a superfici di discontinuità, che segnano anche i limiti delle sequenze deposizionali; le linee sottili sono le isocrone che si ricavano dall'interpretazione cronostratigrafica di profili sismici e dei pozzi correlati. Successivamente viene costruito un diagramma di correlazione cronostratigrafica (fig. 70 b) in cui vengono collocate le informazioni ottenute dalla sezione stratigrafica di fig. 19a. In esso sono riportati gli intervalli cronologici, scelti arbitrariamente, rappresentati da isocrone di 1 milione di anni e le relative distribuzioni areali delle sequenze.

La sezione cronostratigrafica permette di se­parare le singole sequenze deposizionali, rivela i diversi tipi di iato (erosivo e non deposizionale) e non considera gli effetti della subsidenza. Dopo aver determinato e indicato le età delle sequenze deposizionali occorre identificare i cicli di variazione, misurare l'ordine di grandezza dei sollevamenti e degli abbassamenti del livello marino e riportarli, insieme alle stasi marine, in un diagramma cronologico (fig. 70 c). Secondo Vail et al. (1977, 1984), le fluttua­zioni relative del livello del mare possono essere determinate con le misure della aggradazione costiera (componente verticale dell'onlap costie­ro); ciascun incremento della aggradazione costiera è riportato nello schema cronologico di fig. 70 c. Cominciando con le unità più antiche (la sequenza A), l’incremento iniziale dell'aggradazione costiera (visibile nella fig. 70 a) è di 100 m e corrisponde all’intervallo stratigrafico tra 26 e 24 Ma; allo stesso modo si determinano i successivi incrementi di 150, 100 e 50 m, per un’aggradazione costiera totale corrispondente al sollevamento dell’onlap costiero verificatosi durante la deposizione della sequenza A. L'abbassamento relativo del livello del mare alla fine della sequenza A si è verificato in meno di 1 Ma; l’ordine di grandezza dell'abbassamento dalla posizione piu elevata dell’onlap costiero nella sequenza A a quella più bassa nella sequenza B è misurato in 450 m (vedi linee spesse a tratteggio in fig. 70a). Ripetendo la stessa operazione si possono determinare i cicli delle variazioni relative del livello marino per le sequenze B, C, D ed E sulla base dei caratteri dell’onlap mostrati in fig. 70a. In questo esempio ciascun ciclo di variazione relativa del livello del mare è rappresentato da una curva asimmetrica con un lento sollevamento verso la stasi e un successivo rapido abbassamento (fig. 70c). Sezione stratigrafica, schema cronostratigrafico e curva dei cicli delle fluttuazioni del livel­lo del mare (o più correttamente dell'onlap costiero) sintetizzano l'evoluzione geologica dell'area rappresentata. Le curve dei cicli marini, ottenute con questo procedimento in varie regioni, vengono correlate tra di loro e forniscono una curva delle fluttuazioni del livello del mare a scala globale .



14.2 - INTRODUZIONE ALLA STRATIGRAFIA SISMICA

Nel passato 1'analisi stratigrafica si è basata su indagini di campagna, misura delle sezioni, descrizioni litologiche e paleontologiche molto dettagliate, ricerche nel sottosuolo, finalizzate nel loro insieme alla correlazione delle sequen­ze sedimentarie e alla ricostruzione in termini attualistici degli ambienti deposizionali.

Negli anni più recenti due discipline hanno rivoluzionato i metodi dell'analisi stratigrafica: a) la stratigrafia sismica (o sismostratigrafia), in cui tecniche di sismica a riflessione ad alta risoluzione hanno permesso agli stratigrafi di ottenere delle dettagliate “radiografie” di una successione stratigrafica, e b) la paleoceano­grafia che, partendo da ricostruzioni basate sulla tettonica a zolle, ha permesso di com­prendere dove si sono manifestati nel passato i maggiori cambiamenti nella evoluzione dei bacini e quindi nella distribuzione dei climi.

Gran parte degli studi tradizionali sono an­cora oggi validi e vengono continuati; lo sforzo degli stratigrafi odierni è sopratutto quello di modificare 1'approccio ai problemi, adat­tando agli schemi classici i concetti e le meto­dologie più' recenti.

Concetti e metodologie della sismostrati­grafia si sono sviluppati negli ultimi 10 anni soprattutto per merito dei ricercatori delle compagnie petrolifere (che disponevano dello strumento indispensabile rappresentato dai pro­fili sismici a riflessione) e sono stati resi noti da Vail e collaboratori per la prima volta in una Memoria dell'Associazione Americana dei Geologi del Petrolio (AAPG, Memoria n. 26, 1977). Nella stesura di questo capitolo si è fatto spesso riferimento ai contenuti dei lavori di Vail et alii. Per una piu dettagliata informazione rimandiamo il lettore ai lavori origi­nali ed in particolare a quelli contenuti nelle Memorie dell'AAPG n. 26 (1977) e n. 36 (1984).

L'approccio alla sismostratigrafia è basato sul semplice principio che le riflessioni sismiche (orizzonti riflettenti) si possono paragonare ai piani di strato; se le riflessioni sismiche corrispondono ai piani di strato, anche la geome­tria delle riflessioni corrisponderà alla geometria deposizionale; pertanto possiamo applicare alle riflessioni sismiche i concetti geologici della stratigrafia classica. La sismostratigrafia è dunque un approccio geologico-geofisico alla interpretazione stratigrafica.

Le riflessioni sismiche sono determinate da contrasti di impedenza acustica (prodotto della velocità sismica per la densità) lungo superfici che corrispondono a superfici di strato o altre discontinuità che hanno signi­ficato cronostratigrafico.

Le superfici di strato rappresentano le antiche superfici di deposizione e sono quindi geolo­gicamente sincrone nell'area di deposizione. Le discontinuità sono antiche superfici di erosione o di non deposizione corrispondenti a significative lacune stratigrafiche e, pur rappre­sentando eventi variabili nel tempo, vanno considerate come superfici cronostratigrafiche,



  14.2.1 - Interpretazione stratigrafica delle sezioni sismiche a rifle

 

Figura 71 – Schema delle terminazioni riconoscibili in una sequenza sismica. (Modif. da Vail, 1987).

 

I concetti prima esposti permettono di individuare nella sequenza deposi­zionale lo strumento fondamentale dell'analisi stratigrafica; la sequenza, oltre ad essere formalmente definibile, sembra corrispondere ai cicli di variazione eustatica del livello marino (o meglio dell'onlap costiero) a scala regionale e globale. La metodologia più completa per riconoscere e studiare le sequenze deposizionali è rappre­sentata dalla sismica a riflessione. Una sequenza sismica è una sequenza deposizionale riconosciuta su una sezione sismica . Essa è rappresentata da una successione di riflettori sismici, che corrispondono agli strati sedimentari ed è limitata in alto e in basso da superfici di discontinuità o da correlabili concordanze messe in evidenza dalle terminazioni laterali dei riflettori sismici, ovvero onlap, downlap e toplap (figg. 69-73).

 

 

 

 

 

 

Figura 72a – d : Terminazioni e superfici sismiche


Figura 73Le superfici erosive alla macroscala sono superfici di discontinuità stratigrafica. Per riconoscerle come tali, occorre osservare attentamente la geometria dei riflettori sotto e soprastanti (troncatura erosiva dei primi, appoggio in onlap o in downlap dei secondi). In generale, le stratificazioni dei depositi sottostanti e di quelli sovrastanti una superficie di discontinuità non la attraversano mai; i primi sono tutti più antichi della superficie, mentre i secondi sono tutti più recenti.

 

 

Figura 74 – Esempio di riflettori sismici in onlap su di una superficie di discordanza.

 

 

Figura 75Esempio di riflettori sismici in downlap.

 

Figura 76Esempio di toplap.