Corso di Geologia

Argomento: Appunti integrativi di Sismica a Riflessione


INDICE


5 - Sismica a riflessione

La sismica a riflessione è una metodologia largamente utilizzata nell’esplorazione del sottosuolo per riconoscere l’assetto stratigrafico e strutturale dei corpi geologici: geometrie deposizionali, stratificazione, superfici di discordanza, faglie, sovrascorrimenti, etc.. È “il più geologico” dei metodi geofisici cui si è precedentemente accennato, poiché permette di effettuare una ricostruzione, talora molto fedele, delle porzioni sepolte della superficie terrestre e può essere applicato in qualsiasi ambiente: terrestre, marino e di transizione (fluviale, lacustre, deltizio, ecc.).

La sismica a riflessione si è sviluppata a grandi passi a partire dagli anni ’50 con il sostegno delle grandi compagnie petrolifere, direttamente interessate all’individuazione dei giacimenti di idrocarburi e spesso uniche detentrici della costosa strumentazione necessaria. Negli ultimi decenni la dilagante diffusione della tecnologia digitale ed il conseguente abbattimento dei costi strumentali ha consentito sempre maggiori e più valide applicazioni in svariati campi (dall’ingegneria civile, agli studi ambientali, alla ricerca di base), soprattutto grazie alla disponibilità di sorgenti sismiche a basso costo e ad alta frequenza, che hanno permesso una maggiore diffusione delle indagini "superficiali", (es. studio di fondazioni, ricerca di falde acquifere; individuazione di piani di scollamento in zone caratterizzate da movimenti franosi; posa di cavi elettrici, etc..) volte ad indagare fra un metro e 1000 metri di profondità con utilizzo di frequenze sismiche fra 50 e 1000 Hz.

Il metodo d’indagine consiste nel produrre uno scoppio e nel registrare le riflessioni da esso generate; le caratteristiche delle onde sismiche che attraverseranno i diversi mezzi, nonché i percorsi delle onde riflesse, saranno regolate dai principi generali esposti nei precedenti paragrafi (leggi di Snell, teoria dell’elasticità, velocità e geometria dei raggi sismici, etc..)



5.1 - Esecuzione dell’indagine

La strumentazione base è costituita da una sorgente, da un cavo sismico e dai geofoni (o idrofoni se l’indagine avviene a mare) Figg. 7-8. 

 

 
La tecnica si basa sulla registrazione dei tempi che intercorrono tra l'istante in cui l’impulso acustico viene generato dalla sorgente e l'istante in cui viene registrato in superficie, dopo aver subito una o più riflessioni su altrettante superfici riflettenti. Come spiegato nel paragrafo introduttivo, le riflessioni si formano perché le onde sismiche indotte dalla sorgente nel sottosuolo daranno origine ad una riflessione ogni qualvolta incontreranno un’interfaccia tra due mezzi caratterizzati da parametri fisico-elastici differenti e, quindi, da diversi valori di impedenza acustica. 
Lo schema generale per l’acquisizione di un profilo sismico a riflessione è mostrato in Fig. 9: 

 

Figura 9 – Schema base per la costruzione di una sezione sismica. 

  • si produce uno scoppio in un punto SP1 (shot point);
  • si registrano le riflessioni per mezzo di un geofono posto in superficie vicino alla sorgente;
  • si ripete l’osservazione lungo un allineamento di punti di scoppio equidistanti;
  • si traccia, su un foglio di carta, una linea orizzontale rappresentante la linea del profilo, si segnano i punti di scoppio su di essa e si disegna un asse verticale in cui verranno segnati i tempi di riflessione di andata e ritorno;
  • si traccia la riflessione sismica ricevuta sotto il punto di scoppio 1 (SP1) in corrispondenza del suo punto di andata e ritorno;
  • si ripete tutto ciò per gli altri punti di scoppio.


A differenza dalla sismica a rifrazione, nella sismica a riflessione non viene misurato solo il tempo di primo arrivo dell'onda elastica ai singoli geofoni, ma viene effettuata una accurata analisi dei treni d'onda ricevuti, attraverso la quale si giunge a riconoscere i segnali provenienti dalle superfici di separazione di terreni caratterizzati da differenti velocità sismiche. In questo modo sarà possibile risalire non solo alla profondità delle diverse superfici incontrate, ma anche di stabilirne con esattezza la geometria, l’estensione e le reciproche relazioni tra i corpi che esse suddividono. 
Per raggiungere questo scopo è ovviamente necessario uno stendimento con geometrie ben più complesse di quelle appena mostrate, dotato di numerose energizzazioni, numerosi geofoni, e l'utilizzo di apparecchiature di registrazione in grado di registrare con un elevato grado accuratezza i diversi segnali in arrivo. I segnali registrati, inoltre, richiedono una fase di processing, attraverso la quale i singoli arrivi vengono elaborati, amplificati, sommati, filtrati, migrati (procedure condotte in maniera computerizzata) in modo da eliminare ogni eventuale disturbo sia esso organizzato (come gli arrivi delle onde dirette in superficie) che aleatorio quale, ad esempio, i disturbi ambientali: passaggi di navi o di mezzi pesanti, rumori di motori, vicinanza a centri abitati, etc... Il risultato finale sarà un elaborato grafico denominato "sezione sismica", nella quale viene evidenziato l'andamento delle superfici di riflessione provenienti dal sottosuolo (che costituiranno un insieme di riflettori sismici) che segnaleranno la presenza delle varie discontinuità incontrate (strati, contatti litologici, contatti tettonici). 
  
 
Figura 10 – Un profilo sismico costituisce una riproduzione, in unità di tempo, di una parte dell’interno della Terra lungo la traccia esaminata. 

Come si osserva in Fig. 10, la scala verticale è data dai tempi di percorso delle onde (dalla superficie al riflettore e dal riflettore al geofono) e non dalla profondità in metri. Di conseguenza, per risalire alla profondità o agli spessori dei diversi corpi litologici individuati, occorre conoscere le relative velocità di propagazione delle onde sismiche. Sebbene esistano dei range di valori indicativi per ogni litologia (vedi paragrafo “velocità delle onde sismiche”) ogni interpretazione geologica basata sui profili sismici deve essere convalidata dai dati di pozzi opportunamente posizionati, che forniscano gli esatti valori di velocità delle onde sismiche attraverso quelle particolari formazioni. 
Pertanto, in fase di interpretazione, per calcolare la profondità alla quale si incontrano i diversi orizzonti (o per conoscere gli spessori dei diversi corpi litologici) basta riferirsi alla scala verticale e misurare in secondi (o millisecondi) l’intervallo incognito, quindi risalire, nota la velocità delle onde nell’intervallo, al corrispettivo valore in metri applicando la legge cinematica spazio=velocitàxtempo. Ricordare che in sismica si considerano sempre tempi doppi (andata e ritorno delle onde sismiche), pertanto la generica formula s=v*t diventa s=v*t/2. 
[Un esempio pratico può essere dato da un profilo sismico acquisito a mare: ricordando che V(acqua)= 1500 m/s, volendo conoscere la profondità del fondo del mare localizzato, ad esempio, ad una profondità di 1 s (misurata dalla superficie del mare) si avrà che s=1500x1/2, ottenendo una reale profondità di 750 m]. 


5.2 - Sorgenti di energia
La detonazione di una carica esplosiva è stata la sorgente di energia di uso più comune sin dai primi, rudimentali, rilievi effettuati a partire dal dopoguerra. Negli ultimi decenni, tale metodo è stato affiancato, se non sostituito, da metodi più innovativi, computerizzati, che permettono di commensurare l’energia prodotta (in termini di quantità, ampiezza, frequenze) con il tipo di indagine e, da non sottovalutare, che non producono danni né al territorio né all’ecosistema. La generazione dell’energia sismica sarà pertanto diversa a seconda degli obiettivi da raggiungere e dell’ambiente di acquisizione del profilo (terrestre o marino). 
Per i rilievi terrestri generalmente si utilizza una massa battente se la massima profondità da esplorare non è superiore ai 30-40 metri, un fucile sismico se la massima profondità da esplorare esplorata non è superiore a 100 m oppure dell`esplosivo che consente di regolare l’energia immessa nel terreno e raggiungere profondità anche elevate (Fig. 11). Il collegamento di time-break fra il punto di sparo e la stazione di acquisizione si realizza con un doppio filo elettrico o con un sistema radio. 

 
Figura 11 – Esempio di profilo sismico a riflessione acquisito a terra (sorgente sismica: esplosivo). 

Per il rilievi marini esiste un’ampia gamma di energizzatori sismici di cui sono dotate le più moderne navi ocenografiche: dai metodi acustici ad altissima frequenza, che consentono di ottenere immagini dettagliate del fondo marino (prevalentemente side scan sonar e multibeam), agli strumenti che permettono una visualizzazione dei primi livelli del sottosuolo (sub bottom, chirp), fino alla sismica profonda con sorgenti di tipo monocanale ad alta risoluzione (sparker) o di tipo multicanale, ad alta penetrazione (air gun) (Figg. 12-16). 

 
Figura 12 – Esempio di immagine del fondo marino acquisita mediante Side Scan Sonar. Come si osserva dall’immagine, il cui dettaglio mostra la presenza del relitto di una nave affondata, il SSS consente di ottenere una sorta di “immagine fotografica” in negativo. 

 
Figura 13 – Esempio di immagine acquisita mediante Multibeam, che permette di ottenere una visione tridimensionale del fondo marino. Al centro dell’immagine, la diversa scala di colori mostra la presenza un rilievo. 

 
Figura 14 – Profilo sismico acquisito con sorgente di tipo sub bottom. La scala verticale (già convertita in profondità) mette in evidenza l’alto potere di risoluzione dello strumento accompagnato, comunque, da una bassa penetrazione. 

 
Figura 15 – Profilo sismico acquisito con sorgente monocanale di tipo Sparker. Nonostante l’elevato potere di risoluzione dello strumento, la scala verticale (visualizzata sia in tempi che in profondità) evidenzia una maggiore capacità di penetrazione delle onde sismiche prodotte. 

 
Figura 16 – Profilo sismico acquisito con sorgente multicanale di tipo Air-gun. Si osservi il potere di risoluzione inferiore rispetto ai profili precedentemente mostrati, ma la maggiore capacità di penetrazione delle onde sismiche prodotte. 


In generale, ciascuna sorgente sismica possiede una “firma” caratteristica dei segnali prodotti, che presenteranno un contenuto in frequenze (detto spettro di ampiezza) commensurato con la profondità di indagine che si intende raggiungere, ovvero con il dettaglio superficiale che si cerca di ottenere. Le alte frequenze, infatti, vengono di norma filtrate a mano a mano che l’onda penetra in profondità, di contro le basse frequenze riescono a penetrare in profondità ma non riescono a discriminare superfici riflettenti vicine tra loro, poiché la distanza tra le discontinuità risulta inferiore alla lunghezza dell’onda prodotta. 
Si definisce potere di risoluzione la distanza minima tra due riflettori che riescono ad essere distinti in una registrazione sismica, mentre il potere di penetrazione è la capacità di un’onda sismica di indagare riflettori profondi. 
Lunghezze d’onda più corte (e alte frequenze) hanno un più alto potere di risoluzione, che comunque decresce all’aumentare della profondità; per ottenere lunghezze d’onda più piccole viene aumentata la frequenza del segnale prodotto: sorgenti sismiche con alto potere di risoluzione ma bassa penetrazione avranno, pertanto, uno spettro di ampiezza “spostato” verso le alte frequenze, mentre sorgenti sismiche con alta penetrazione ma basso potere di risoluzione avranno uno spettro di ampiezza “spostato” verso le basse frequenze [ad es., per avere una risoluzione di 1 m, cioè per discriminare corpi litologici aventi un 1 m di spessore ed una velocità di 2000 m/s, il segnale dovrà avere un periodo di 1 ms (t=sx2/v=1x2/2000)]. La risoluzione ideale si avrebbe con un segnale infinitamente breve, ma la penetrazione sarebbe bassa: questa infatti, aumenta con la lunghezza d’onda, ma decresce all’aumentare della frequenza, perché gran parte dell’energia viene riflessa dai riflettori più superficiali. 
Risoluzione e penetrazione sono due grandezze inversamente proporzionali: un profilo sismico con un elevato potere di risoluzione non raggiungerà profondità elevate, di contro un profilo con un’alta penetrazione avrà un minor dettaglio nei livelli più superficiali, ma riuscirà ad intercettare orizzonti profondi fino al livello crostale (come, ad esempio, i profili CROP, Fig. 17). 

 
Figura 17: Profilo sismico crostale. Si osservi l'elevata profondità raggiunta dalle onde sismiche, in grado di intercettare le discontinuità crostali e il limite crosta-mantello. 


5.3 - Sistemi di ricezione
La registrazione dei segnali riflessi verrà effettuata da un geofono (sismica monocanale) o, nel caso della sismica multicanale, da uno stendimento di diversi geofoni (da 12 a 48 e oltre) che viene spostato lungo la traccia dopo ogni liberazione di energia; questa tecnica fornisce una copertura multipla dell’area indagata (Fig. 18), oltre che una profondità di indagine solitamente superiore a quella ottenibile con la sismica monocanale. 
Il vantaggio offerto dalle coperture multiple è quello di amplificare notevolmente il rapporto segnale/rumore poiché la registrazione dei segnali provenienti dallo stesso riflettore viene effettuata su diversi geofoni. 
Le onde provenienti dallo stesso punto in profondità (Common Depth Point - CDP) ma registrate da più geofoni disposti simmetricamente rispetto alla sorgente e al punto, hanno, infatti, lo stesso corredo di informazioni pur avendo seguito percorsi caratterizzati da  diversi angoli di incidenza (Fig. 19). In questo modo i segnali sismici che tornano in superficie, verranno sommati tra loro (stacking) mentre i segnali provenienti da elementi di disturbo, fuori fase e immediatamente riconoscibili, verranno eliminati. I segnali sismici reali, opportunamente corretti ed elaborati in fase di processing, saranno così in grado di riprodurre con un elevato grado di dettaglio le geometrie dell’orizzonte che ha generato la riflessione 

 
Figura 18 – Esempio di sistema di registrazione a copertura multipla. L’onda sismica riflessa dallo stesso punto P viene registrata da diversi geofoni per ogni spostamento dello stendimento. 

 
Figura 19 – Schema di registrazione provenente da un Common Depth Point. Ad un tempo t=0, lo scoppio prodotto da S1 verrà registrato da R1,R2,R3…Rn, quello prodotto da S2 verrà registrato da R2,R3,R4…Rn, quello prodotto da S3 verrà registrato da R3,R4,R5…Rn , e così via. Si supponga di spostare, per ogni energizzazione successiva (t=1, t=2…t=n), la sorgente S (ed i relativi geofoni) mantenendo costante la distanza sorgente- proiezione in superficie del punto di riflessione comune, con la distanza ricevitore- proiezione in superficie del punto di riflessione comune (cioè mantenendo una simmetria tra sorgente, proiezione in superficie del punto di riflessione e ricevitore). Si avrà che, giunti al punto di riflessione comune, per ogni scoppio successivo (S1,S2,S3…Sn), lo stesso punto verrà registrato diverse volte (nell’esempio, tre volte) da diversi geofoni (R1,R2,R3); l’informazione proveniente dall’orizzonte che ha generato la riflessione sarà così composta da segnali sismici reali, che si sommano dando un segnale molto forte, e segnali sismici falsi (rumore) facilmente riconoscibili, ed eliminabili, perché fuori fase tra loro. 


5.4 - Elaborazione dei dati registrati

Rientrano in questa fase tutte le procedure atte a migliorare il rapporto segnale/rumore e a perfezionare l’immagine sismica proveniente dalla porzione di sottosuolo indagato. Pur non volendo entrare nel merito di tutte le operazioni che, complessivamente, vanno sotto il nome di processing (edit, stacking, filtraggi, migrazioni, deconvoluzioni, correzioni statiche e dinamiche, etc..), occorre sottolineare che non sempre il profilo sismico finale risulta completamente “ripulito” dalla presenza di segnali anomali, provenienti da corpi o superfici riflettenti che non rispecchiano le strutture realmente presenti, oppure creati da fenomeni di interferenza con onde provenienti da diverse direzioni (onde dirette, riflessioni sulla superficie del mare, etc…), oltre che da un generale rumore di fondo, la cui presenza talvolta dà luogo ad immagini non perfettamente nitide. Esistono, inoltre, dei veri e propri generatori di segnali “falsi”, frequentemente presenti in numerosi profili sismici anche di buona qualità e, fortunatamente, facilmente identificabili, la cui presenza se riconosciuta, non inficia la validità dell’interpretazione. Tra questi segnali, i principali sono le riflessioni multiple e le iperboli di diffrazione, di cui si parlerà nel capitolo seguente.