APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

11.3 - ANTICHI MARGINI CONTINENTALI DELLA TETIDE

Fig. A



  11.3.1 - Introduzione

Dall’espandimento dei fondi oceanici e dalla deriva dei continenti, segue che le catene montuose di tipo Alpino sono il risultato della deformazione e della scomparsa dei precedenti bacini e margini continentali (fig. A). Tale opinione era implicita nei concetti mobilisti della geologia alpina sin da quando la teoria classica della tettonica a falde si era sviluppata (Argand, 1924). La storia di una apertura degli oceani mesozoici e cenozoici ed una relativa sovrapposizione di corpi geologici a facies sedimentarie diverse nel contesto di un’evoluzione di un margine continentale fornirono alcuni dei prerequisiti per una ricostruzione della evoluzione paleotettonica e sedimentaria dell’Oceano Mesozoico della Tetide e del suo margine (Bernoulli & Lemoine 1980). In questo articolo vengono discussi alcuni dei problemi connessi a tali ricostruzioni paleotettoniche, e abbozzata l’evoluzione generale delle facies degli antichi margini continentali dell’oceano mesozoico della Tetide. Questo schema si basa sulle precedenti pubblicazioni di D. Bernoulli e su quelli di Jenyns, Kalin, Laubscher e Lemoine.



  11.3.2 - Premesse e Limiti

1)      Questa analisi ammette la  mobilità di placche litosferiche e accetta le ricostruzioni della cinematica delle placche, derivata dall’iniziale insieme di blocchi continentali (Smith e Briden 1977) e l’evoluzione di modelli di anomalie magnetiche lungo i margini di placca in accrescimento (Pitman e Talwani, 1972). Quindi noi cominciamo con un iniziale accoppiamento tra Eurasia, le Americhe e l’Africa (fig. B).

Fig B

2) E con i differenti stadi cinematici della successiva dispersione dei frammenti continentali della Pangea (fig. F). Le difficoltà metodologiche delle procedure di ricostruzione sono state già discusse da Biju-Duval et al., 1977.

 

Fig. F

Tuttavia si nota che dentro la zona Alpina gli errori nella ricostruzione palinspastica sono maggiori di quelli presenti nella ricostruzione palinspastica delle grandi aree continentali. Le differenti ricostruzioni cinematiche per la parte mediterranea della Tetide, (Dewy et al., 1973; Biju-Duval et al., 1977; Laubscher e Bernoulli 1977) riflettono molto lacune nell’informazione e nelle interpretazioni incerte all’interno della megasutura Alpina. Tali interpretazioni sono complicate dall’alloctonia a grande scala delle falde di copertura e del basamento, che cambiano le direzioni dei movimenti tettonici, dal metamorfismo Alpino, dal sollevamento e l’erosione o dal crollo post-orogenico di ampie parti dell’edificio a falde polifase nei bacini di tipo West-Mediterraneo e Pannonico. Sebbene tutti i diversi autori rispettino gli stessi limiti (confini) come definiti dai movimenti superficiali delle grandi masse continentali del Nord-America, Africa ed Eurasia i loro risultati sono altamente divergenti. In contrasto con Dewey et al., (1973), noi crediamo che ci fossero soltanto un limitato numero di frammenti continentali e vie oceaniche (biju Duval et al., 1977; Laubscher e Bernoulli, 1977). La distribuzione attuale delle zone ofiolitiche e delle falde di un basamento continentale alloctono, è secondo noi, dovuta ad una deformazione complessa in oroclini che sono in legati ad una combinazione di una compressione orientale nord-sud e di un movimento laterale destro tra Africa ed Eurasia, durante il Cretaceo sup. ed il Terziario.

3) Poiché l’interpretazione generale delle ofioliti quale resti di una crosta oceanica e di una litosfera tettonicamente posta su margini continentali precedenti, non è generalmente accettata, l’età di formazione di questa crosta oceanica, la vastità e lo schema palinspastico di aree oceaniche precedenti, la loro origine (catena di espansione verso un bacino di retro-arco) e il tempo e il modo della messa in posto tettonica sono in molti casi ancora ambigui. In molti casi, comunque, l’associazione di ofioliti con zone a facies estensive caratterizzate da sequenze di margine continentale di tipo Atlantico, possono costituire un principio guida per la definizione di catene oceaniche e di margini continentali precedenti.

4) I dati sismici e di perforazioni profonde del mare, da margini continentali non deformati costituiscono una base per un’analisi comparativa di margini deformati e non (Bernoulli, 1972; B. et al., 1979; Graciansky et al., 1979). Particolarmente la fascia dei carbonati mesozoici, che possono essere seguiti dal Marocco attraverso la Sicilia, gli Appennini, le unità Sud e Austro-Alpine, i Carpazi interni, le Dinaridi esterne e le Ellenidi fino alla Turchia e più oltre, mostra notevoli analogie con i margini continentali di tipo Atlantico ed è interpretata come il margine meridionale dell’oceano Tetide giurassico-cretacico. L’attuale estensione dei margini continentali (meridionale e settentrionale) della Tetide  e dei maggiori affioramenti ofiolitici e sedimenti oceanici associati è presentata in fig. C.

Fig. C

 



  11.3.3 - Paleogeografia ed ambienti Triassici

Dopo l’orogenesi Varisica, l’Atlantico centrale e le aree del Mediterraneo occidentale divennero parte di un’unica massa continentale; di quest’area non sono conosciuti resti di alcuna crosta oceanica pre-Jurassica ed i depositi permo-triassici sono principalmente continentali con episodiche incursioni di mare basso. Comunque, verso est, la configurazione precedente la deriva, mostra una vasta baia a forma di cuneo di Panthalassa nello spazio tra l’Asia e l’Arabia, con vasti mari marginali che raggiungevano l’area mediterranea. Quest’area oceanica è stata chiamata Paleotetide (Laubscher e Bernoulli, 1977) per distinguerla dall’oceano formatisi nel Giura-Cretaceo-inf.; la sua successiva scomparsa i una zona di sutura che si estende dalle Pontine attraverso l’Iran fino all’Asia centrale, è strettamente collegata all’apertura avvenuta nel (Trias sup.-Giura sup.) della Tetide giurassica-cretacica e alla deriva verso nord dei frammenti del continente Gondwana. Similarmente la scomparsa della Tetide Mesozoica è legata all’apertura dell’Oceano Indiano e alla deriva verso nord dell’India (fig. A).

Le figg. D e E mostrano le ricostruzioni palinspastiche dell’area Atlantico Mediterranea nel Trias sup.

Durante il Permiano ed il Trias, i mari marginali della Paleotetide raggiunsero sia ad ovest sia a nord, l’Africa e la Sicilia. Durante il Trias inf., la rapida trasgressione proveniente da Est di un mare epineritico, riportò condizioni marine sopra molta parte dell’area mediterranea fino alle zone interne del Riff e della Cordigliera Betica.

Fig. D

 

 

Fig. E

 

 I sedimenti del Trias inf. comprendono una preponderanza di sabbie di mare basso, alcune argille e livelli rossi continentali e pochi carbonati di acque basse; calcari pelagici di questa età sono limitati al Mediterraneo orientale. Nel Trias medio-sup. i depositi carbonatici neritici ed evaporitici registrano un’influenza marina crescente, che di volta in volta si estesero nelle facies clastiche germaniche diverse (Muschelkalk Medio Triassico e calcari) e che alimentò gli importanti depositi evaporitici del Trias sup. dei bacini Canadesi e Marocchini (Jansa e Wada, 1974). Nel Mediterraneo centrale e orientale le velocità di subsidenza furono dell’ordine di 100mm/103 anni (D’Argenio, 1974) e si formarono le spesse costruzioni carbonatiche. Queste aree ad acqua superficiale furono disseminate di bacini più profondi nei quali si depositarono calcari pelagici, selci radiolaritiche, frane gravitative terrigene, vulcaniche, carbonatiche e depositi torbiditici, localmente associati con vulcani sottomarini. Alcuni dei bacini erano piccoli, a vita breve, e furono eliminati dal ricostituirsi di una piattaforma di mare basso del Trias sup. (fig. E), ma altri erano più ampi e duraturi alcuni persistettero durante il Mesozoico (Bacino di Sclafani in Sicilia e Bacino del Lagonegro negli Appennini meridionali; Budva-Pindos in Grecia). Poiché la loro morfologia sottomarina appare essere legata a faglie di distensione, essi furono generalmente interpretati come il risultato di un rifting precedente. Per la fascia meridionale di depressioni persistenti (Italia meridionale, Pindos, Antalya, Cyprus), questa interpretazione è avvalorata dal carattere alcalino dei vulcani associati (Juteau et al., 1973). Comunque, per gli avvenimenti più settentrionali (Alpi Meridionali, Dinaridi interne ed Ellenidi) una composizione calc-alcalina dei vulcani medio-triassici è stata riscontrata (Bèbien et al., 1978) e, quindi, è stata postulata una continuità della zona di subduzione della Paleotetide sia verso ovest sia verso le Alpi Meridionali (Blanchet, 1977; Castellarin e Rossi, 1981).



  11.3.4 - CINEMATICA DEL SISTEMA ATLANTICO-TETIDE DURANTE IL GIURA ED

Cinematica del sistema Atlantico-Tetide durante il Giura ed il Creta inf.

Durante il Giura ed il Cretacico inf., il sistema Atlantico-Tetide si sviluppò dallo stadio rappresentato nelle figg. 3-5 a quello mostrato nelle figg. 6-7. L’età di una prima apparizione di crosta oceanica nell’Atlantico centrale non è ben nota, ma anomalie magnetiche combinate con risultati di perforazioni marine profonde, suggeriscono un’età Lias sup.,Giura medio, che è circa contemporanea alla formazione di una crosta oceanica nella zona ofiolitica Liguria-Piemonte, come indicato da dati radiometrici di alcune ofioliti dall’età approssimata dei sedimenti oceanici più vecchi. Infatti, dal Giura inf.-medio al Cretaceo medio l’Atlantico centrale e il piccolo oceano Liguri-piemontesi seguirono una simile evoluzione di espandimento e subsidenza nei margini continentali.

L’apertura dell’Atlantico centrale implica anche movimenti relativi tra l’Africa e l’Eurasia ed un limite di placca sinistro-tracorrente dalla Spagna alle Alpi Meridionali, che si collega alle due aree oceaniche con andamento Nord-Sud. Questo limite trasforme sembra essere stato localizzato nella Depressione di flysch della Mauritania-Massyliana delle catene Magrebidi ed era associata ad una minore apertura, documentata da sparsi affioramenti di ofioliti lungo la base delle sequenze oceaniche, dove condizioni pelagiche si erano stabilite nelle aree marginali della depressione già durante il Lias inf. Un altro margine trasforme deve avere separato l’oceano Liguri-piemontese dal continente europeo. Verso Est, l’oceano Liguro-Piemonte era limitato dal margine Apulo, che costituisce ora gli elementi tettonici degli Appennini esterni, delle Dinaridi, delle Ellenidi e Taurini, e le falde Austro-Alpine delle Alpi orientali e dei Carpazi interni (fig. B). E’ incerto se il blocco dell’Apulia fosse parte dell’Africa o una microplacca indipendente, separata dal continente Africano da un Mediterraneo orientale oceanico (Biju-Duval et al., 1977). Qualunque sia il caso, ad est del margine apulo, l’evoluzione cinematica non fu più lungamente determinata da movimenti relativi dell’Africa e dell’Eurasia. Nel Cretacico medio cambiarono drasticamente i movimenti di placca nel sistema Atlantico-Tetide. Con l’apertura di parte del Nord-Atlantico e della Baia di Biscaglia, movimenti sinistri e d’apertura nella Tetide occidentale furono sostituiti da movimenti destrorsi e compressivi, che portarono alla completa eliminazione della Tetide oceanica occidentale tra il Cretacico sup. e l’Eocene sup.



  11.3.5 - LIAS INF.-MEDIO:APERTURA E SUBSIDENZA INIZIALE DEI MARGINI C

Lias inf.-medio:apertura e subsidenza iniziale dei margini continentali

Durante il Trias sup. ed il Lias inf.-medio, le aree che dovevano diventare i margini continentali dell’oceano Tetide furono interessati da faglie dirette. Questi movimenti di apertura erano discordanti con gli elementi strutturali precedenti, triassici. Nell’area dell’Atlantico centrale e del Mediterraneo occidentale la primissima apertura avvenne in un ambiente continentale e la formazione di graben fu associata ad una deposizione di strati rossi continentali, sedimenti fluviali e lacustri, e più tardi con un’attività vulcanica. Ad est, nell’area del Mediterraneo orientale e centrale, le zone di rifting, che eventualmente portarono all’apertura della Tetide, non seguirono il complesso modello di vie marine triassiche, ma si formarono attraverso le fascie marine carbonatiche del margine della Paleotetide (fig. D).

Di conseguenza, ci sono alcuni sedimenti fortemente siliciclastici associati alla fase di rifting del Giura inf., e depositi evaporatici di età giurassica notevolmente assenti lungo la zona di rift. Tracce di attività vulcanica sono anche estremamente scarse lungo il margini passivi del Giurassico della Tetide: lungo una depressione, lo spostamento verticale lungo una faglia di mare profondo del Giura inf., ammonta in alcuni casi a 3 km e più (fig. H), c’è qualche forte contemporaneo vulcanismo associato a questa fase di rottura del futuro margine. Questa evoluzione generale devia in molti aspetti dall’evoluzione classica di rift intracontinentali come quelli che precedono l’apertura del Mar Rosso o dell’Oceano Atlantico, ma essa è strettamente parallela a quella di alti margini passivi di tipo Atlantico, in particolare quelle della Baia di Biscay (Charpal et al.,  1978; Graciansky et al., 1979). Come risultato della fagliazione a blocchi del Giura inf., una sedimentazione carbonatica da acque superficiali che aveva raggiunto la sua più vasta estensione durante il Trias sup., fu interrotta su vaste aree e persistettero soltanto un numero di piattaforme carbonatiche circondate da fosse più profonde.

Oltre le piattaforme carbonatiche il tipo più comune di sedimenti syn-rift  sono intercalati da calcari spiculitici con letti selciosi e marne. Questa facies, che ha una varietà di nomi locali (Flecken kalk, Medolo, Corniola, Siniais, Limestone) è molto diffusa e si trova dalla Spagna meridionale attraverso gli Appennini e le Alpi nei Carpazi e nelle Ellenici. Localmente lo spessore formazionale raggiunge i 1000 m e più (più di 3500 m nella sezione Generoso del Giura inf. nelle Alpi meridionali, fig. H) e i depositi di frane gravitative associati alle torbiditi suggeriscono insieme all’espansione di questi sedimenti, che questa facies è stata depositata in bacini, circondati da faglie attive. L’alta velocità di sedimentazione (> 100 mm/103 y) in questi depositi di bacino del Giura inf. suggerisce anche che, sebbene il nannoplancton calcareo sia abbondante, molto del Lutum calcareo è un fango di peri-piattaforma derivato da piatta forme carbonatiche ancora attive (Kalin et al., 1979). Le Alpi Meridionali del Nord Italia probabilmente conservano la più completa e meno disturbata registrazione di una margine continentale passivo del Mesozoico inf. della Tetide (Winterer e Bosellini, 1981).

Qui l’esistenza di faglie normali sinsedimentarie è stabilita da rapidi cambiamenti di facies  e dello spessore formazionale dei sedimenti di synrift attraverso le zone di faglia e dell’esistenza di scarpate di faglia pronunciate che erano le aree sorgenti per depositi di colate gravitative e turbiditi carbonatiche nei bacini adiacenti (Fig. H). L’incorporazione di turbiditi dentro i depositi di slump successivi mostrano anche il ripetuto ringiovamento della topografia del fondo del mare. Le velocità di subsidenza erano più alte durante questa prima fase di disintegrazione del margine e variano largamente tra i differenti blocchi di faglia. Alcuni dei blocchi che erano sommersi soltanto nel corso del Lias inferiore – Giura medio divennero plateau e valli sottomarine sui quali si accumularono soltanto limitate quantità di sedimenti pelagici (Trento plateau, fig. H). Con l’inizio dell’espandimento e la formazione di crosta oceanica nell’oceano Liguria-Piemonte nel Giura inferiore – medio, le velocità di subsidenza decrebbero e furono più equamente distribuite sul margine.

La geometria deposizionale dei sedimenti di synrift nel Bacino Lombardo delle Alpi meridionali ed altrove suggerisce una fagliazione listrica quale possibile evidenza di assottigliamento crostale. Il piegamento dei blocchi fagliati è suggerito dall’asimmetria di alcuni bacini, riflessa dal modello di inspessimento formazionale dei sedimenti bacinali di synrift. La deposizione uguaglia approssimatamente le velocità di subsidenza differenziale e risulta in una stratificazione approssimativamente orizzontale alla fine della fase di rifting. Non c’è concordanza alla base delle sequenze di un synrift di tipo di bacino, ma una lensing out di pacchi di strati e unconformities locali sono ubicati dentro le sequenze, e localmente sono osservati cumuli di strati, che sono stati ruotati lungo faglie listriche sinsedimentarie. La formazione di blocchi di faglie rovesciati, contemporanei alla sedimentazione, è anche suggerita da fosse e graben lungo un lato da scarpate fagliate a gradini, documentate da risedimenti prossimali e da una topografia molto più dolce lungo l’altro lato (Fig. H cf. Kalin e Trumpy, 1977).

Lungo i margini sollevati dei blocchi ribaltati si osservano localmente delle discordanze angolari. Questi alti intrabacinali furono ristretti nella dimensione e caratterizzati da un’erosione prima subaerea, quindi sottomarina. Cumuli di acque superficiali con crinoidi, brachiopodi, spugne calcaree e coralli ahermatipici occasionali sono ricoperti da calcari pelagici, che indicano l’eventuale abbassamento dell’intero margine dopo una rottura e l’inizio dell’espandimento (apertura). L’attività tettonica e qui documentata da brecce polifasi e dicchi neptuniani nel substrato di acqua superficiale del Trias. La geometria deposizionale dei sedimenti del synrift delle Alpi meridionali è ben paragonabile a quella delle corrispondenti formazioni del margine spagnolo e Armoricano. Nelle Alpi meridionali, i bacini del Giura inf. misurano da 25 a 40 km; ciò è in accordo con le osservazioni lungo i margini Iberici ed Armonicani, dove si osservano i blocchi fagliati da pochi chilometri fini a 30 di larghezza. Similmente, il rigetto di zone con singole faglie è nello stesso ordine con un massimo di 3-4 km; ciò corrisponde al rigetto ricostruito per la faglia di Lugano del Giura inf. (Fig. H). Dimensione ed estensione areale dei blocchi di faglia più grandi suggerisce che le zone con faglie più grandi nel basamento preTriassico. Nei margini Iberici e Armoricani si osserva una polarità delle faglie listriche verso l’asse della zona di rift. Nelle Alpi meridionali sembra che il rifting iniziò nella zona centrale del bacino Lombardo con lo sprofondamento a gradinate di nuovi blocchi fagliati ad est ed ovest durante il Lias inferiore medio /Fig. G). Nel Lias inf. fino al Giura medio finalmente l’asse di apertura fu un poco spostato, e l’apertura2 e la rottura1 avvennero per qualche centinaia di km verso nord e verso ovest.



  11.3.6 - LIAS SUPERIORE FINO AL CRETACEO INFERIORE: SUBSIDENZA PROLUN

Lias superiore fino al Cretaceo inferiore: Subsidenza prolungata dei margini continentali.

Durante il Lias inf.-medio, l’iniziale fagliazione di blocchi e subsidenza nei margini continentali embrionali della Tetide occidentale portò alla sommersione di molte precedenti aree di piattaforma carbonatica, ed alla differenziazione dei margini nelle piattaforme di tipo Bahamas, dove una produzione carbonatica tiene il passo alla subsidenza ed ai canali più profondi con sedimentazione carbonatica turbiditica e pelagica. Questa configurazione generale persistette attraverso il Giura ed il Cretaceo, ma fu modificata localmente dall’approfondimento (di tipo a gradini) di alcune aree ad acque superficiali che divennero seamounts e plateaus sottomarini (Fig. H). Con l’inizio dell’apertura nelle aree oceaniche della Tetide, le velocità di subsidenza decrebbero e furono più egualmente distribuite sui margini; durante la deriva, la curva di subsidenza dei margini apparentemente seguì una curva di decadimento esponenziale (Fig. G, Winterer e Bosellini, 1981) come osservato nei margini continentali non deformati (Montadert et al., 1979).

 

Fig. G

 

Fig. H

 



  11.3.7 - LE PIATTAFORME CARBONATICHE E I LORO MARGINI.

Durante lo stadio di rifting del Giura inferiore la fascia pressoché continua di carbonati di acque superficiali del Trias sup. fu smembrata in piattaforme carbonatiche isolate, separate da aree di acque profonde. Di tutte le piattaforme carbonatiche della Tetide, quelle lungo il margine della Puglia dimostrarono la longevità più notevole, persistendo fino al Cretacico sup. e Terziario inf., e formando corpi sedimentari spessi diversi chilometri. Le analogie tra queste piattaforme carbonatiche ed il margine delle Bahamas con le sue fasce irregolari di mare superficiale e profondo comprendono non solo la distribuzione delle facies di piattaforme carbonatiche, ma anche forma e dimensione delle piattaforme, velocità di subsidenza e modalità (Bernoulli, 1972; D’Argenio, 1974). Le piattaforme più grandi sono più di 200 km di larghezza e lunghe più di 1000 km. Le parti interne delle piattaforme sono caratterizzate da depositi ben stratificati, di piana subtidale ad inter e supratidali, spesso disposti ciclicamente, da sedimenti di palude, che contenevano occasionalmente carbone e da calcari subtidali micritici e pelitici con una fauna e flora poco diversificata. Biomicriti e foraminiferi con gusci porcellano e agglutinante, alghe verdi, gasteropodi e bivalvi si depositarono in ambiente con circolazione meno ristretta. Lungo i margini della piattaforma zone ad alta energia marina sono documentate da barre oolitiche, sabbie bioclastiche e scogliere massicce (cf. Bosellini e Broglio Loriga, 1971; D’Argenio, 1974).

Al di la delle piattaforme carbonatiche spessi prismi di materiale di piattaforma carbonatica furono depositati (Cantelli et al.,1978; Bosellini et al., 1981). Durante lo stadio di apertura del Lias inf. medio, i margini della piattaforma furono controllati da faglie, e lungo le scarpate con faglie attive si trovano enormi nicchie di frame, riempiti da olistoliti e megabrecce messi in posto dalla gravità (Fig. II) (Cantelli et al., 1978).

Verso il bacino questi depositi degradano in colate di detrito e torbiditi prossimali intercalati con calcari a grana fine con lenti di selce. Di nuovo l’elevata velocità di sedimentazione di questi calcari di bacino, durante la fasi di approfondimento a gradinata delle piattaforme carbonatiche suggerisce che molto del materiale carbonatico fine è un fango di piattaforma derivato dalla piattaforma. Successivamente dopo il processo di fagliazione diminuì e durante il Giura ed il Cretaceo, depositi di colate di detrito canalizzati e torbiditi prossimali con particelle di mare basso disposte penecontemporaneamente e frammenti di scheletro di organismi neritici furono deposti lungo la scarpata e alla base delle piattaforme carbonatiche. Strette analogie tra questi depositi e quelli depostisi nei profondi canali delle Bahamas sono state anche stabilite (Bernoulli, 1972; Bosellini et al., 1981). Durante il Giura ed il Cretacico, le velocità di subsidenza delle piattaforme carbonatiche decrebbero da circa 100 mm/103 anni nel Trias sup. a circa 10 mm/103 anni nel Cretaceo sup. (D’Argenio, 1974). Interferenze tra subsidenza e cambiamenti eustatici del livello marino portarono ripetutamente ad emersioni episodiche con formazione di bauxite (Cenomaniano inf.) o trasgressioni seguite da progradazione dei margini della piattaforma ed i risedimenti derivati dalla piattaforma (trasgressione Oxfordiana, Bosellini et al., 1981). Variazioni climatiche che possono essere riflesse da margini di piattaforma dominati da una deposizione oolitica durante il Giura inf. medio e da una vasta crescita di scogliere a coralli/idrozoi e rudiste durante il Giura inferiore e Cretaceo.

Fig. I

 

 

Fig. L