APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

11.1 - TENTATIVO DI RICOSTRUZIONE PALINSPASTICA DEL PROMONTORIO AFR

TENTATIVO DI RICOSTRUZIONE PALINSPASTICA DEL PROMONTORIO AFRICANO (ADRIA O APULIA).

Un insieme di catene montuose circonda l’Adriatico attuale dalla Sicilia all’Appennino fino alle Alpi meridionali, le Dinaridi e le Ellenidi. L’evoluzione geologica di questa regione è molto complessa e le fasce orogeniche mostrano diversi cambiamenti nella vergenza e nel raccorciamento; in ogni caso qualsiasi soluzione scegliamo per risolvere il problema dell’originaria geografia (Paleogeografia) di questa regione deformata non può essere spiegata soltanto con la retrodeformazione delle strutture impilate nella supposta originaria posizione, a causa del fatto che spesso segmenti di catena adiacenti si andrebbero a sovrapporre (lateralmente). L’analisi di facies a scala regionale suggerisce un’evoluzione polifasica del margine continentale mesozoico, la cui forma dovrebbe essere molto più semplice di quella disegnata dall’andamento delle attuali catene montuose. La carta palinspastica di figura 11.1 che è stata disegnata sulla base di un numero di sezioni geologiche e palinspastiche costruite in vari settori della catena periadriatica riporta l’ipotetica forma originaria di Adria (o Promontorio Africano), alla fine del Triassico. La storia cretacica e terziaria del margine continentale periadriatico (Adria, Channell et al., 1979, D’Argenio et al., 1980) non può essere compresa senza mostrare le importanti correlazioni con la storia più antica della regione, e quindi occorre tornare a schematizzare questi stadi evolutivi della regione di Adria.

 
 

 a)

fig. 11.1a

 

 b)

fig. 11.1b

 
 

fig. 11.1c
 
 

 d)

fig. 11.1d

 

fig. 11.1a-d –a) Paleogeografia del Triassico sup. basata su ricostruzioni palinspastiche attraverso la catena Periadriatica. 1 = Aree emerse, 2 = Evaporiti con associati Carbonati, 3 = Piattaforme Carbonatiche, 4 = Depositi di Bacino, 5 = Localizzazione approssimata dell’asse di rifting oceanico del Giurassico; b) Sezioni (indicate in fig. 8.1a) del Trias med. (Ladinico); c) Sezioni (indicate in fig. 8.1a) del Trias sup. (Norico); d) Sezioni (indicate in fig. 8.1a) del Giurassico sup..



  11.1.1 - Fasi precedenti di rifting.

La storia di Adria inizia nel Giura quando un vero rifting oceanico ruppe il continente; è questa una caratteristica paleogeografia che si continua nel Cretaceo e poi nel Terziario; prima dello sviluppo di questo rifting oceanico, altri episodi di rifting continentale permisero la rottura crostale e l’assottigliamento, la formazione di magmatismo e la sedimentazione continentale e marina differenziata. Questo intervallo va dal tardo Permiano al Giura inferiore (fig. 11.2 ).

   

fig. 11.2 - Sezioni ipotetiche di aree della Tetide continentali ed oceaniche nel caso delle Alpi occidentali (sezione superiore) e degli Appennini (sezione in basso) (Gilse et al. 1970). Le crocette indicano la crosta continentale, i punti il mantello superiore e la crosta oceanica. Questo modello mostra come la tettonica distensiva nel Mesozoico abbia dato origine ad aree con crosta oceanica (zona del Piemonte e delle Alpi centrali ed occidentali) ed aree con crosta continentale assottigliata o non assottigliata. Nelle aree oceaniche sono mostrati i microcontinenti.

 

Il rifting tra Africa ed Europa cominciò nel Trias nella parte più orientale di Adria e si propagò verso Ovest, per raggiungere la Sicilia nel Trias medio; durante questo periodo un sistema  bacini intracontinentali attraversò il Pangea. Il sistema di separazione raggiunse la parte atlantica della Tetide durante il Lias, ma solo alla fine del Lias fu stabilita una connessione tra i Caraibi ed il Mediterraneo. Le sezioni-tipo ricostruite lungo il rifting triassico (Fig. 11.1a), mostrano un bacino allungato caratterizzato da depositi terrigeni tra il Trias inferiore ed il medio, che evolvono tra il Trias medio e superiore, verso carbonati pelagici con selce; le aree bacinali erano distribuite più o meno simmetricamente rispetto ai margini delle piattaforme carbonatiche caratterizzate da depositi di mare basso, da depositi di scogliera e dai sedimenti evaporitici;  La deposizione in aree epicontinentale delle facies di mare basso è caratterizzata da una dolomitizzazione precoce e dallo sviluppo di evaporiti, anche se i depositi marini del Trias inferiore sono piuttosto diffusi verso est solo nelle Alpi meridionali e nelle Dinaridi. Lo stadio di rifting continentale è testimoniato dalla presenza di basalti alcalini furono riprodotti lungo il sistema di bacino nell’Appennino. Relitti di questi bacino sono conosciuti nella costa tirrenica da Punta Bianca (nei pressi di La Spezia) dove la facies bacinale triassica può essere stata legata a facies simili nell’Appennino meridionale, direttamente o per mezzo di depositi medio-Triassici descritti nella Sardegna centrale. Sedimenti di bacino del Trias medio sono conosciuti lungo l’attuale fascia dinarico-ellenica.

La tettonica ladinica può aver cambiato questa paleogeografia inducendo compressione, sollevamento ed erosione e perciò interrompendo (?) in molti posti i possibili legami con le aree bacinali precedentemente esistenti. Evidenza di questo regime compressionale  è stato trovato nel vulcanismo calcalcalino delle Alpi meridionali dinariche, nei depositi terrigeni (Flysch Carnici), come anche nelle faglie inverse precarniche delle Alpi meridionali. Durante il tardo Triassico evaporiti e carbonati si diffusero sui lati del bacino, sia in Sicilia sia nell’Appennino; questa distribuzione delle facies rassomiglia a quello presente nei domini Alpino-Carpatico Dinarico-Ellenico di età Trias medio. Nello stesso tempo, calcari selciferi pelagici ad Halobia si depositarono nei bacini, indicando la loro interconnessione mentre l’attività vulcanica era meno accentuata sebbene non completamente assente.

 

  

fig. 11.3 -  Esempio di paleogeografia di Apulia, secondo Dercourt et al. (1986).


 

fig. 11.4 – Esempio di paleogeografia della Tetide secondo Ricou (1996).



  11.1.2 - Sviluppo del margine periadriatico durante il Giurassico.

Il rifting oceanico giurassico (che fu generalmente parallelo e a volte coincidente con l’asse del rifting del Trias inferiore) cominciò nella parte orientale della regione e migrò verso Ovest, allo stesso modo del più antico rifting continentale e fu legato con la parte centrale dell’Atlantico alla fine del Lias (Fig. 11.1). Uno dei più importanti eventi sedimentologici nella regione periadriatica fu la transizione da un andamento più  o meno simmetrico dei carbonati di mare basso sui due lati del solco triassico rispetto ad un andamento asimmetrico della distribuzione della facies durante il Lias, come risultato di un salto verso Nord dell’asse del rifting e l’inizio di un espandimento oceanico.

La posizione di questo asse di deriva fu tale che tutti i domini sedimentari marini del Trias furono quasi interamente inglobati nel margine meridionale della Tetide. Dal Lias, nel margine continentale di Adria o Promontorio  Africano, continuarono a svilupparsi piattaforme carbonatiche e bacini, spostati progressivamente verso l’interno del continente, con la crescita di nuovi bacini fino al Cretacico medio (ad es. in Appennino); uno sviluppo sincrono del margine continentale mesozoico avvenne attraverso una fascia che oggi corrisponde a diversi  segmenti che si sviluppano in Sicilia, Appennino meridionale, Appennino settentrionale, Alpi meridionali, e Dinaridi (fig. 11.5).

  

fig. 11.5 – Evoluzione paleotettonica del margine meridionale della Tetide nell’area dell’Appennino centro-settentrionale.

 

L’evoluzione tettono-sedimentaria individuata durante il Giura e il Cretaceo per l’Appennino meridionale e quello settentrionale vede lo sviluppo di nuovi bacini dalle precedenti piattaforme carbonatiche a spese dei preesistenti margini di piattaforma. I margini così neoformati ebbero abbondanti depositi di scarpata; ciò fu dovuto al progressivo collasso tettonico dei margini di piattaforma, lungo i quali non sono preservate le scogliere. Sulle piattaforme carbonatiche persistette una sedimentazione di laguna di retroscogliera, mentre i bacini ricevevano depositi calcareo-pelagici, con spesse intercalazioni bioclastiche provenienti dalle adiacenti piattaforme. I depositi bacinali del Giura sono spesso silicizzati, e vere e proprie radiolariti sono presenti nelle sequenze. Durante il Cretacico medio, dall’Albiano al Cenomaniano medio, nell’Appennino meridionale l’estesa emersione di piattaforme carbonatiche produsse  livelli bauxitici; allo stesso tempo altrove ci fu  una drammatica  riduzione dei domini di piattaforma dovuti alle faglie sinsedimentarie e i bacini diventarono più larghi, occupando le regioni che fino a poco tempo prima erano stati margini di piattaforma. Così si accumularono durante il Giura e il Creta spessi depositi di calcari di retroscogliera, mentre diminuirono vistosamente, durante il Giura, la dolomitizzazione legata ai fenomeni di diagenesi precoce, e l’estensione delle aree supratidali. Questi cambiamenti corrispondono a) ad una diminuzione dell’attività biologica, come risultato di una più intensa circolazione oceanica, poiché durante il Mesozoico, la Tetide si espandeva, e b) alla formazione di nuovi bacini, che tagliavano le aree di piattaforma (fig. 11.6).

 

  

fig. 11.6 – Paleogeografia della Piattaforma Periadriatica nel Cretaceo sup.; A = Adria, B = Bahamas; CA = Atlantico Centrale; D = Dinaridi; EM = Mediterraneo Orientale; M = Maiella; PL = Oceano Liguro-Piemontese; Y = Yucatan.

 

Aree bacinali si svilupparono a partire dal Giura nell’Appennino settentrionale con l’abbassamento di larghi settori della piattaforma carbonatica triassico-liassica. Questi bacini furono separati durante il Giura, da seamounts, allungati secondo una certa direzione,  e caratterizzati  da sedimentazione condensata. Frequenti intercalazioni bioclastiche sono presenti nelle successioni di bacino fino al Terziario inf.

Dal Cretaceo inferiore, l’estensione topografica dei seamounts  diminuisce accentuando il contrasto con la situazione dell’Appennino meridionale. Nell’Appennino meridionale si creò uno sviluppo iniziale di piattaforma carbonatiche, che persistettero dal Trias fino alla fine del Mesozoico; una simile evoluzione avvenne nelle Dinaridi esterne dove analoghe sequenze di piattaforme carbonatiche si svilupparono nella regione della Dalmazia. La ricostruzione palinspatica per questi sedimenti periadriatici mostra un’immagine simmetrica di quella trovata nell’Appennino meridionale con caratteristiche analoghe sia sedimentologiche che paleogeografiche. Un tipo differente di evoluzione caratterizza l’Appennino settentrionale con uno sviluppo iniziale di piattaforme carbonatiche molto estese e depositi evaporitici; queste aree di mare basso generalmente non sopravvivono al Giurassico; larghi settori furono fagliati, abbassati e ricoperti da sedimenti di bacino mentre altri settori rimasero come piccole piattaforme carbonatiche che più tardi rapidamente andarono in subsidenza al di sotto della zona fotica, sviluppando facies sedimentarie di alto pelagico. La porzione siciliana del margine continentale è molto simile a quella dell’Appennino meridionale. Una sezione di ricostruzione palinspastica attraverso la Sicilia occidentale può essere comparata con quella ricostruita nell’Appennino settentrionale. Eccetto che per il Triassico quando la Sicilia e l’Appennino settentrionale erano caratterizzate da una paleogeografia più complessa.



  11.1.3 - La deformazione del margine continentale periadriatico.

Nella Catena periadriatica la deformazione coinvolse differenti settori in tempi successivi. Secondo alcuni A.A., esiste una relazione tra la deformazione della regione Periadriatica (che si sarebbe mossa coerentemente con l’Africa) ed i movimenti relativi tra Africa ed Europa. Le rocce ofiolitiche delle catene periadriatiche mostrarono un’età Giurassica e sono  interpretate come residui dell’Oceano della Tetide. Quest’ultimo formatosi in seguito all’apertura prodottasi per i movimenti verso Sud-Est dell’Africa relativamente all’Europa in corrispondenza della fase iniziale di apertura dell’Atlantico centrale. Verso la fine del Giura (148 Ma) ebbe inizio un movimento transpressivo destro dell’Africa relativo all’Europa; questa variazione della direzione del movimento coincide con la fase originaria della deformazione che avvenne nelle Dinaridi, nelle Ellenidi e nei Carpazi. L’evento coincide con l’inizio della fase di deriva del Nord Atlantico che si pensa essere avvenuto tra i 90 ed i 95 Ma. Un’altra importante fase della deformazione tettonica avvenne nella regione Periadriatica nel Cretacico medio. L’attuale forma del margine continentale di Adria è il risultato di due differenti tipi di deformazione: una subduzione oceanica e una susseguente collisione continentale. Queste deformazioni avrebbero dato forma agli orogeni con aree caratterizzate da tettonica  distensiva sul lato concavo ( per riassumere le attuali conoscenze sulla paleogeografia della regione periadriatica vengono proposte in fig. 11.9 una serie di carte paleogeografiche che chiariscono questa complessa evoluzione)

 fig. 11.7 – Evoluzione dal Giurassico-Cretacico al Pliocene med. attraverso ricostruzioni palinspastiche lungo il profilo Mar Ionio – Provenza.
 

a)

Fig. 11.8 a) - Paleogeografia globale nel Trias sup.;

 

b)

 2
Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Trias sup.;

 

c

 
c) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Giurassico inf.

 

d)

d) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Giurassico med.

 

e)

e) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Cretacico inf.

f)

f) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Cretacico med.

g)

g) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Cretaceo sup. – Terziario inf..

h)

h) Paleogeografia della Regione Mediterranea nell’Eocene.

i)

i) Paleogeografia della Regione Mediterranea nell’Oligocene sup. – Miocene inf..

l)

l) Paleogeografia della Regione Mediterranea nel Miocene sup..

l) – Evoluzione paleogeografica della Tetide dal Trias sup. al Miocene inf..

Fig 11.9

 

Fig 11.10

  

 Fig 11.11

  

Fig 11.12

 

 

Fig 11.13

 fig 11.14

  

 fig 11.15


fig 11.16


 fig 11.17

 

 fig 11.18

  fig 11.19

 

 


 

 fig 11.20