APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


menu pubblicazione didattica

INDICE
Nota

06.7 - EVOLUZIONE PALEOTETTONICA DELL’APPENNINO

Gli Appennini propriamente detti occupano la maggior parte della penisola Italiana (vedi figg. 6.1 - 6.3), dalla Calabria settentrionale fino a Genova e Torino. La catena che ha una vergenza tettonica verso nord-est, limita il mar Tirreno ed è orlata verso nord-est dall’avanfossa molassica. Quest’ultima può essere seguita dalla Pianura Padana al Golfo di Taranto (a sud-est) passando lungo la costa dell’Adriatico vicino Rimini, Ancona e Pescara, attraversando le regioni del Molise e del Bradano. All’esterno di questa avanfossa l’avanpaese non piegato occupa la regione della Puglia e del Gargano, a nord del Golfo di Taranto, dove affiorano i carbonati di piattaforma prevalentemente giurassico-cretacei.

E’ difficile descrivere la struttura degli Appennini senza assumere una posizione (interpretativa) definitiva; molte differenti interpretazioni sono state fatte da diversi autori , in vari periodi. Esse vanno da ipotesi di totale alloctonia di tutti i corpi rocciosi (che rende molto difficile, se non impossibile, fare delle coerenti ricostruzioni paleogeografiche) ad altre interpretazioni legate ad ipotesi di sovrascorrimenti in varia misura. Queste diverse valutazioni sono anche legate alla cattiva qualità degli affioramenti (spesso coperti da vegetazione, specialmente nelle regioni dei flysch degli Appennini settentrionali), o all’esistenza di tettonica recente (Plio-Quaternaria) distensiva  che si sovrappone alle deformazioni di fase alpina vere e proprie.  Un’ulteriore complicazione è prodotta dallo sviluppo dei fenomeni di risedimentazione di olistostromi e olistoliti (descritti e nominati per la prima volta negli Appennini). Si dovrebbe notare anche, che come nel caso della Calabria e Sicilia, ogni autore usa le proprie nomenclature paleogeografiche-strutturali, spesso omettendo di tracciare correlazioni tra le loro nomenclature e quelle degli altri.

fig. 6.54


fig. 6.55


Fig. 6.56


Fig. 6.57

E’ opportuno distinguere da un lato gli Appennini settentrionali, tra Genova a nord-ovest, Parma a nord ed Ancona, e dall’altro lato gli Appennini meridionali (Appennini calcarei) tra Roma e il massiccio cristallino della Sila nella Calabria centrale. Questi due domini sono separati da una linea tettonica, detta linea Anzio-Ancona, che è stata variamente interpretata dai diversi autori sia come una faglia strike-slip, sia come il fronte di una grande falda, sia come il sovrascorrimento di ampiezza limitata (o una serie di sovrascorrimenti successivi) sovrapposti su un corpo litologico che mostra un rapido cambiamento di facies nel Mesozoico (passaggio dalla zona Marche-Umbria alla Zona Abruzzi- Lazio).

Nell’Arco Calabro-Siciliano, il basamento cristallino pre-alpino è noto soltanto in una singola unità strutturale (Peloritani + Calabria cristallina e non affiora in nessun altro posto in Sicilia, né nell’Italia peninsulare, né nella catena Appenninica dove i depositi più vecchi sono triassici, permiani, ed, eccezionalmente (Alpi Apuane) filliti metamorfiche probabilmente paleozoiche.

Molte delle serie mesozoiche degli Appennini e della Sicilia, soprattutto quelle che iniziano con carbonati di piattaforma triassica e liassica, giacciono o giacevano originariamente su un basamento a crosta continentale (serie comparabili sono anche note nelle Alpi meridionali dove esse giacciono su un basamento cristallino). Da questo punto di vista sembra possibile distinguere due tipi di successioni stratigrafiche negli Appennini.

Da una parte le successioni su crosta oceanica (di tipo “eugeosinclinale”) con ofioliti, attualmente interamente alloctone. Corrispondono probabilmente ai depositi dell’antico dominio con crosta oceanica (bacino Piemonte-Liguria, comune per Alpi, Corsica ed Appennini, fig. 6.28): queste sono le Liguridi degli Appennini settentrionali con termini equivalenti negli Appennini meridionali, in Lucania e Calabria settentrionale.

fig. 6.58a -  Ricostruzione paleogeografica nel Giurassico per i settori dell’Appennino umbro-marchigiano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


fig. 6.58b

 

Evidentemente le ricostruzioni paleogeografiche che possono essere fatte di queste serie differenti dipendono dalle ipotesi adottate riguardo le loro attuali relazioni tettoniche (autoctonia o significativa trascorrenza).

L’età della tettogenesi è più recente nelle zone tettoniche o unità che sono più esterne, e accettando l’ipotesi di grandi sovrascorrimenti (charriages) che è oggi ampiamente ammessa, nonostante le variazioni relative le diverse idee di autori differenti, ciò corrisponde ad una progressione di falde dall’interno verso l’esterno (fig. 6.7).

 

Certi autori individuano l’esistenza di una certa compressione iniziale, nelle zone più interne, all’inizio del Cretaceo superiore. Il trasporto delle unità liguridi sugli Appennini più esterni cominciò nel corso dell’Oligocene, e il movimento delle falde interne (Liguridi) ed esterne (Toscana, Appennino calcareo ecc.) verso l’esterno della catena continuò attraverso il Miocene fino al Pliocene inferiore. Nel Pliocene sup. – Quaternario una tettonica tardiva distensiva intervenne (horst e graben) mentre gli ultimi olistostromi , le ultime masse alloctone completarono il loro scivolamento gravitativo verso le avanfosse, dove furono intercalate nei normali sedimenti Plio-Pleistocenici.


UN DIVERSO PUNTO DI VISTA SULLA DORSALE APPENNINICA

 

                                                                                                     


 



  06.7.1 - Storia paleogeografica

La storia evolutiva degli Appennini ricalca l'evoluzione Alpina fino all'Eocene superiore. Gli Appennini mostrano una simile paleogeografia mesozoica ed un processo di inversione tettonico successivo (Fig. 6.58a, b).

Durante l'Oligocene, ha avuto inizio una fase di subduzione con crosta oceanica immergente verso W, iniziata ad Est della catena alpina, ad est del Blocco Sardo-Corso, prima e durante la sua rotazione antioraria. Durante il Neogene, i thrust appenninici si sono formati coinvolgendo i depositi mesozoici del margine continentale passivo della Placca Adriatica ed il bacino oceanico della Placca ionica, durante l'arretramento verso Est della zona di cerniera del piano di subduzione.

 

Fig. 6.59

 

 

Fig. 6.60

La Catena Appenninica è andata migrando verso NE negli Appennini settentrionali, verso Est negli Appennini centrali e verso SE in Calabria ed in Sicilia. L'originaria paleogeografia mesozoica e le suddivisioni strutturali degli Appennini sono: nel settore settentrionale, da W verso Est, il Bacino Ligure (in larga parte un bacino oceanico, come per es. la Falda del Bracco), la zona toscana con facies di piattaforma fino al Liassico e successivamente caratterizzata da sedimentazione di tipo pelagico come nell'adiacente Bacino Umbro-Marchigiano; verso SE, si ritrova la Piattaforma Laziale-Abbruzzese; negli Appennini meridionali, procedendo in direzione WE, i principali domini paleogeografici erano la Piattaforma Campano­-Lucana, i Bacini del Lagonegro-Molise (Bacini oceanici continuazione della Placca Ionica ?) e la Piattaforma Apula; ad Est della Piattaforma Apula, un altro bacino si sviluppò durante il Mesozoico (vedi i sedimenti bacinali del Gargano orientale), contemporaneamente all'apertura del Bacino Adriatico meridionale. La propagazione della deformazione ha determinato l'accavallamento in una pila di thrust derivanti dalla deformazione degli originari domini paleogeografici. In questa pila si trovano al tetto unità strutturali provenienti dalla deformazione di paleodomini originariamente disposti più ad ovest delle unità al letto, come ad esempio le Unità Liguridi sovrascorse sulla Falda Toscana, che a sua volta è sovrascorsa sull'Unità di Cervarola, (costituita da sedimenti di avanfossa) che a sua volta sovrasta tettonicamente le Unità del Bacino Umbro-Marchigiano.

Verso Sud, la Piattaforma Campano-Lucana sovrascorre sulle unità di mare profondo del bacino di Lagonegro, che a loro volta sovrascorrevano la Piattaforma Apula. Tutto questo si è verificato a causa dell'orientamento dei piani di sovrascorrimento, parallelo all'originaria distribuzione paleogeografica. In Sicilia una simile disposizione paleogeografica mesozoica è indicata dalla distribuzione della Piattaforma Panormide, dal Bacino Imerese, dalla Piattaforma Trapanese, dal Bacino Sicano, e dalle Piattaforme Saccense ed Iblea. Le piattaforme carbonatiche Trapanese, Saccense ed Iblea furono, durante il Giurassico medio, soggette ad annegamento, passando ad una sedimentazione di tipo pelagico.

fig. 6.61


fig. 6.62

 

fig. 6.63

fig. 6.64

 

 

fig. 6.65 – Evoluzione dell’Appennino meridionale secondo un modello a geosinclinale.

 

Come nelle Alpi, l'inversione dovuta ai regimi di subduzione generato una nuova disposizione paleogeografica, per esempio, l'avanfossa plio-pleistocenica appenninica, che decorre dal Monferrato alla Pianura Padana (vedi fig. 6.3), il Mar Adriatico, la Fossa Bradanica, il Mar Ionio ed il bacino di Caltanissetta nella Sicilia meridionale. Le strutture tettoniche più importanti negli Appennini sono le Falde Toscane ed il fronte tettonico di Cervarola, il thrust dei Monti Sibillini, la Linea Olevano-Antrodoco ( o Linea Ancona-Anzio), i thrust del Gran Sasso e del Morrone, la Falda di Gela in Sicilia. Molti graben pleistocenici dissecano gli Appennini come per esempio quelli del Mugello, della Valle Tiberina, della Valdarno, di Chiana, di Radicofani, della Val dell'Elsa, di Siena, di Radicondoli, della Bassa Val Cecina, di Volterra, del Paglia-Tever, del Fucino, del Volturno, di Sant'Arcangelo, di Sibari, del Crati, di Catanzaro, di Mesima e di Messina. Le Unità Alpine in Calabria e nella Sicilia nord-orientale sono delimitate dalla Linea di Sangineto nella Calabria settentrionale e dalla Linea Longi-Taormina nella Sicilia nord-orientale (Peloritani). Tranne gli affioramenti calabresi e siciliani, il basamento appenninico è visibile solo nella finestra tettonica delle Alpi Apuane, ad Est di Pisa, nelle Montagnole Senesi, nell'Isola d'Elba, nell'Argentario e in altri piccoli affioramenti lungo la costa toscana.

Le principali fasi dell'evoluzione appenninica sono la fase eo-alpina (Cretacico ?), la fase liguride (Paleocene-Eocene), con vergenza Alpina e simile stile strutturale la fase sub-liguride (Oligocene), la fase Toscana (Tortoniano).

Durante questa fase avviene la messa in posto delle falde principali (Liguridi, Falda Toscana, Falda di Cervarola) e l'area delle Alpi Apuane è stata soggetta a processi di metamorfismo. Tuttavia, gli Appennini hanno continuato a deformarsi durante tutto il Pliocene ed il Pleistocene, con un cuneo di accrezione frontale attivo ed una catena spessa e sollevata soggetta ad un regime estensionale (vedi figg. precedenti). Numerosi problemi riguardanti la paleogeografia appenninica sono tuttora aperti, come ad esempio a) l'estensione e la natura (continentale o oceanica) del Bacino lonico-Lagonegrese, b) la forma e la distribuzione delle piattaforme carbonatiche mesozoiche ed il loro significato nel quadro della cinematica della deformazione, dove i domini paleogeografici si sono in parte trasformati in unità strutturali. Un altro argomento di dibattito riguarda il grado di coinvolgimento del basamento nel cuneo di accrezione appenninico, il basamento della Placca Adriatica è stato o meno interamente subdotto, se c'è crosta continentale al di sotto degli Appennini o se sia stata completamente consumata nel corso della subduzione, o se gli affioramenti del basamento appenninico siano solo dei residui di una precedente fase tettonica alpina.

Il bacino di retro-arco neogenico (il Mar Tirreno) include numerosi bacini minori, che si sviluppano nei settori di piattaforma, scarpata continentale e nella piana batiale, che raggiunge i 3.000 - 3.600 metri di profondità (vedi fig. 6.3). I bacini peritirrenici neogenici ospitano successioni sedimentarie spesse fino a 2-4 km e si trovano al largo delle coste della Sardegna (Bacino della Sardegna), della Calabria (Bacino di Paola e Bacino di Gioia), e della Sicilia (Bacino di Cefalù) (sedimenti clastici miocenici, evaporiti messiniane e sedimenti clastici plio-quaternari).

Sul fondo del Bacino Tirrenico, sono state rinvenute rocce appartenenti al basamento ercinico, basalti thooleiitici abissali datati 6 Ma. Laddove la crosta del Bacino Tirrenico è di tipo oceanico, il suo spessore è poco meno di 8 km. Strutture diapiriche sono presenti nelle zone centrali dei bacini tirrenici, grazie alla presenza di uno spesso strato di salgemma.

Il Canale di Sicilia è legato ai processi di estensione tra la Sicilia e la Tunisia (Africa settentrionale), che perdurano sin dal Neogene. Questo processo è responsabile della formazione dei bacini di Pantelleria, Malta e Linosa, dei graben orientati NW-SE, paralleli a strutture simili, che affiorano in Tunisia e nei settori offshore della Piattaforma Pelagiana (vedi fig. 6.3).