APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

06.5 - APPENNINO MERIDIONALE

 

 



fig. 6.35



  06.5.1 - Unità Interne

a) Frido

Poche centinaia di metri di argille leggermente metamorfosate, calcareniti e calcilutiti del Cretaceo, con olistostromi ofiolitici.

Essa giace sotto la U. S. S. del Cilento che chiaramente sovrascorre la U. S. S. di Alburno – Cervati.

b) Sicilidi

Queste unità affiorano in modo sparso negli Appennini Meridionali, anche perché hanno subito diverse fasi tettoniche (Burdigaliano, Serravaliano, Tortoniano, Messiniano e Pliocene inf.) che le hanno spostate verso Est, disarticolando le loro sequenze molto spesso mostrano una struttura caotica e appaiono messe in posto come corpi olistostromici in U. S. S. più giovani. Una sequenza completa ovviamente non affiora, ma è possibile ricostruire da diverse sezioni una successione di 300 m di spessore (Aptiano – Oligocene) di sabbie conglomerati e argille varicolori.

c) Cilento

Questa unità è caratterizzata da più di 4600 m di spessore, di una sequenza clastica che in età si estende dal Cretaceo inf. (Aptiano?) all’Oligocene. Argille nere, silt e marne, con intercalazioni conglomeratiche sono i tipi di rocce principali. Durante la fase Burdigaliana le unità di Cilento - Frido sovrascorsero sulle U. S. S. di Alburno – Cervati.

fig. 6.36



  06.5.2 - Unità Esterne più deformate

 

a)      U. S. S. di Lagonegro.

Due unità sono state riconosciute: un’unità superiore ed una inferiore. La prima corrisponde alla parte assiale di un bacino (Bacino di Lagonegro) l’ultima al suo margine occidentale (Fig. 6.39). La sequenza dell’unità inferiore di Lagonegro è formata da (a) calcari selciferi triassici (b) radiolariti giurassiche, (c) argilliti e calcari silicei del Cretaceo e (d) marne e argille e calcareniti del Terziario inferiore. Lo spessore è più di 1000 m.; la deformazione iniziò durante il Tortoniano.

La successione dell’Unità S.S. superiore di Lagonegro è formata da arenarie siltiti e conglomerati con intercalazioni di calcare orgnogeno, del Permiano inf.- Trias; dal Trias sup. mostra buone analogie con l’unità inferiore, eccetto per la più spessa intercalazione di calcareniti e calciruditi risedimentate. Lo spessore supera i 1000 m., la deformazione inizia dal Burdigaliano (fig. 6.37-6.38).

fig. 6.37a – Successione del Bacino di Lagonegro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



fig. 6.37b – Successione stratigrafica della Piattaforma campano-lucana.

 

fig. 6.38

 

fig. 6.39

 

Fig. 6.40



 

Fig. 6.41



                       

Fig. 6.42

 

fig. 6.43 - Schema evolutivo dell’Appennino meridionale attraverso la Piattaforma Campano-Lucana, il Bacino Lagonegrese e la Piattaforma Apula

 

 

 



CROP 03 location
 

 


Apennine crustal section

 

 


 

  

fig. 6.44


Fig. 6.45

 

b)      U. S. S. Campano – Lucana.

Le tre principali unità individuate finora:

U. S. S. di Foraporta – Maddalena, Alburno – Cervati e Bulgheria – Verbicaro. Derivano dalla deformazione di una Piattaforma Carbonatica (Piattaforma Carbonatica Campano-Lucana equiv.).

U. S. S.  Bulgheria – Verbicaro. Questa unità è formata dalla parte interna della piattaforma carbonatica e si individua soltanto durante la fase tettonica del Tortoniano. La sequenza è interamente carbonatica eccetto la parte superiore che consiste di depositi terrigeni.

U. S. S. Alburno – Cervati. Deriva dal corpo principale della Piattaforma Panormide Carbonatica (Fig. 6.18). Il suo spessore raggiunge quasi 6000 m. La sequenza è fatta da alcune centinaia di metri di siltiti, erenarie e conglomerati con intercalazioni carbonatiche organogene di età Trias – medio (Calabria settentrionale) da circa 1600 m. di dolomie del trias sup. e da circa 3000 m. di calcari e dolomie Giura – Cretacee. Calcareniti del Miocene inferiore seguono in discordanza verso l’alto e rapidamente passano a siltiti ed arenarie turbiditiche dell’Aquitaniano-Burdigaliano. La deformazione prende posto durante la fase tettonica Burdigaliana.

 

U. S. S. Monte Faraporta – Monti della Maddalena. Questa unità deriva dalla deformazione del lato “esterno” della Piattaforma Carbonatica Campano – Lucana. Le sequenze sono variabili sia negli spessori (da poche decine a circa 2000 m.) e nella litologia, sebbene le rocce siano prevalentemente carbonatiche. Sono state riconosciute diverse lacune stratigrafiche dal Giura al Miocene (sub - unità dei Monti della Maddalena) mentre in altre sequenze (sub – unità del M. Faraporta) sono conosciute argille nere e calcareniti risedimentate (Lias – Dogger). Dall’Aquitaniano si sviluppano depositi terrigeni (M. della Maddalena). La deformazione avvenne durante il Burdigaliano.



  06.5.3 - Unita’ Esterne meno dislocate

U. S. S. Matese – M. Maggiore e M. Croce.

 L’unità Matese – M. Maggiore deriva dalla deformazione di una Piattaforma Carbonatica (la Piattaforma Carbonatica Abruzzi – Campania). La sezione affiorante è quasi interamente formata carbonati (dolomie triassiche e calcari giura – cretacei). Carbonati organogeni burdigaliani – serravaliani giacciono in discordanza su calcari cretacei e passano verso l’alto ad arenarie e siltiti turbiditici di età Tortoniana. Il massimo spessore supera i 3.600 m; sono note due lacune principali: Cenomaniano medio e Paleogene. L’età della deformazione è il Tortoniano sup.

 

U. S. S. di M. Croce.

Affiora soltanto nella finestra tettonica di Campagna. Questa unità è considerata derivata dal margine interno della Piattaforma Carbonatica Abruzzi – Campania. Le rocce sono soprattutto carbonatiche (Trias Burdigaliano); marne serravalliane e sabbie seguono verso l’alto. Lo spessore raggiunge diverse centinaia di metri. La deformazione di questa unità si sviluppa durante la fase tettonica Tortoniana.

 

U. S. S. Irpine.

Le Irpinidi, (Pescatore 1978) costituiscono diverse unità (individuate ma ancora non completamente mappate) derivate durante il Burdigaliano-Tortonino da un bacino che si sviluppa durante la deformazione Appenninica (Bacino dell’Irpinia). Queste unità affiorano dalla Campania alla Lucania lungo una fascia lunga circa 200 Km.

 

 

 

 

fig. 6.47