APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano

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INDICE
Nota

05.3 - Le Alpi Meridionali E Le Loro Maggiori Unita’ Strutturali
Unità strutturali

Le Alpi meridionali (Sud-Alpino Fig. 5.7, 5.8, 5.12) insieme con le strutture austroalpine delle Alpi orientali derivano dalla deformazione della parte più settentrionale del margine continentale di Adria che limitava la Tetide durante il Giurassico (Fig. 5.6).

Mentre nelle Alpi Orientali le coperture staccate dal loro originario basamento sono sovrascorse spostate verso Nord formando il sistema di falde del complesso austroalpino, nelle Alpi meridionali appaiono deformazioni relativamente deboli. La linea Insubrica separa queste due aree (fig. 5.7-5.9). La evoluzione stratigrafica mesozoica e tardo paleozoica è simile sia per le unità austroalpine che per quelle meridionali; un’eccezione riguarda gli intervalli medio-alto cretacici, durante i quali hanno luogo gli eventi orogenici del Gosau (settore orientale, inizio della chiusura oceanica).

Le Alpi meridionali furono interessate da fenomeni di compressione insieme con l’intero bordo meridionale (“esterno”) delle Alpi durante l’evento postcollisionale che si sviluppa dal Cretaceo superiore al Terziario.

Le Alpi s. s. (fig. 5.12) erano una catena già sollevata e funzionavano probabilmente come un ostacolo per ulteriori spostamenti verso Nord delle Unità tettoniche meridionali, inducendo pertanto le deformazioni a spostarsi verso Sud.

Alcuni settori furono sottoposti a più intensa deformazione a causa del sotto scorrimento della crosta inferiore, mentre altri furono deformati soltanto lievemente.

Gli spostamenti verso Nord e il sottoscorrimento di crosta inferiore produssero raccorciamenti non soltanto nelle Alpi meridionali ed orientali ma anche nel settore occidentale (Lombardia-Piemonte).

L’età del probabile evento tettonico più importante nel settore occidentale delle Alpi meridionali è riferibile al tardo Oligocene, movimenti alto miocenici-pliocenici sono molto deboli o mancano nelle Alpi meridionali-occidentali, mentre nello stesso periodo più intense deformazioni si svilupparono nel settore più orientale che è tutt’oggi coinvolto in fenomeni di compressione come indicato dai piani di faglia nei terremoti recenti.

La Linea Insubrica, recentemente supposta come una linea trascorrente regionale, potrebbe corrispondere ad un solco tettonico dal quale le Unità autroalpine furono distaccate oppure ad un originario limite strutturale dove la crosta inferiore sudalpina cominciò a sottoscorrere.

Pertanto la linea Insubrica potrebbe corrispondere ad una zona di cerniera dove movimenti verticali avrebbero mascherato processi tettonici più profondi.

La tettonica gravitativa secondo alcuni autori sarebbe la principale causa di deformazione dopo che gli sforzi compressivi raccorciarono il basamento producendo sollevamento e pertanto lo scollamento nelle coperture.

L’interpretazione gravitativa è la più semplice per risolvere i problemi di una disomogeneità strutturale nel senso E-W nelle Alpi meridionali; infatti coperture deformate con tali strutture tettoniche si possono formare soltanto dove il top del basamento è stato sollevato e/o basculato.



  05.3.1 - Evoluzione Tettonica

 
Fig. 5.12 – Modello strutturale delle Alpi Meridionali - Pianura Padana – Appennini Settentrionali.

 

Le Alpi meridionali si differenziano lungo il loro asse longitudinale E-W dai singoli settori paleostrutturali. A Sud della linea Insubrica possono essere individuati come abbiamo già visto differenti settori paleostrutturali (fig.5.10):

 Canavese ed Ivrea-Verbano

 Alpi Lombarde

 Zona delle Giudicarie

 Dolomiti e Lessini

 Dolomiti-Cadore-Carnia-Friuli.

Contrariamente a quanto avvenuto per gli altri Elementi orogenici peri-adriatici,  il raccorciamento ed i fronti di deformazione della regione Sud-Alpina si formarono obliquamente rispetto all’andamento delle principali fasce di facies. Una conformazione peculiare dell’Arco Sud-Alpino è data da un doppio raccorciamento tettonico, che si crea a partire dalla zona delle Giudicarie, un’area allungata e compressa che ha direzione S-SW, N-NE e le cui strutture in gran parte vergono verso E-SE.

Ad Est delle zone delle Giudicarie, le Dolomiti ed i Lessini rappresentano i settori meno deformati delle Alpi meridionali, mentre nel Plateau di Trento, una spessa formazione vulcanica permiana sottostante le coperture mesozoiche sembra avere preservato questa unità paleotettonica da un più intenso raccorciamento.

 

 

Unità delle Dolomiti-Cadore-Carnia e Friuli.

Le Unità tettoniche (fig. 5.7- 5.13), delle Dolomiti e dei Monti Lessini con generale direzione E-W appaiono ruotate e con raccorciamenti crescenti procedendo verso Est, dove la catena nel suo insieme ruota debolmente verso NE.

La massima concentrazione delle strutture può essere osservata nel Friuli centrale, dove i forti raccorciamenti della catena sono documentati da una forte imbricazione delle strutture che hanno un andamento E-W.

Queste strutture sono comprovate da un gran numero di fronti di accavallamento i cui piani di faglia in gran parte immergono verso Nord con conseguente apparente vergenza verso Sud.

 

a)

 

b)

Fig. 5.13a, b- Sezioni geologiche della Regione Dolomitica

 

 

Questa estrema tettonizzazione, riconosciuta in particolare nelle Alpi Carniche Giulie da Selli, fu più tardi confermata nella cosiddetta “anticlinale Bernadia” dalle ricerche dell’Agip. In questo settore si sarebbe avuta una riduzione del 60% dell’iniziale spazio paleogeografico ad andamento N-S, cioè un raccorciamento della copertura sedimentaria certamente più intenso che nel settore occidentale. Inoltre il settore meno deformato è il più esteso, con il margine frontale apparentemente più avanzato verso Sud.

 

Dolomiti e Monti Lessini.

Questo settore è il meno deformato nell’insieme della catena delle Alpi meridionali. Il più intenso dislocamento corrisponde all’elemento strutturale della Val Sugana con direzione E-NE, S-SW con forte deformazione e intenso raccorciamento. È definito da un sovrascorrimento di rocce di un basamento plutonico e metamorfico sopra terreni mesozoici e terziari. A questa struttura si affiancano alcuni grossi nuclei locali di successivo dislocamento gravitativo in cui i fronti mesozoici giacciono tettonicamente su depositi clastici del Miocene piegati e rovesciati.

 

Le principali deformazioni delle Dolomiti sono non ancora del tutto chiare, come le piccole falde nelle cime più alte nei gruppi montuosi e la tettonica distensiva e compressiva che ha interessato intensamente il Permiano superiore e il Trias medio delle Dolomiti.

Tutte queste strutture generalmente, considerate terziarie o più giovani, sono invece da assegnare ad una fase tettonica del Trias medio con una più o meno intensa riattivazione recente.

Questi fenomeni sono accoppiati con una intensa attività magmatica medio triassica che ha interessato la parte centrale delle Alpi meridionali ed orientali con una varietà di prodotti vulcanici e plutonici che hanno mostrato inaspettatamente un trend calc-alcalino-shoshonitico, indicando pertanto possibili processi di subduzione nel mantello.

 

Unità Giudicarie.

Il più avanzato bordo orientale del Massiccio dell’Adamello è caratterizzato da prevalenti sistemi strutturali con direzione NNE, SSW. La sua terminazione più meridionale si congiunge con la fascia dei terreni sovrascorsi e piegati con direzione E-W, disposta lungo il bordo meridionale dello stesso massiccio cristallino.

La linea Giudicaria meridionale è composta da tre differenti segmenti la cui struttura può essere spiegata soltanto con un sollevamento verticale dell’area occidentale.

Uno stile da scollamento prodotto da dislocamento della copertura mesozoica lungo livelli più plastici di età Permico-Carnico è stata recentemente proposta da Castellarin e Sertori, confermando pertanto alcune precedenti interpretazioni.

Inoltre la classica interpretazione di faglia trascorrente della linea delle Giudicarie, nella quale la linea gioca un ruolo di prevalente spostamento laterale, vicino alla superficie attraverso la copertura mesozoica non è più accettabile a causa della sostanziale continuità delle unità stratigrafiche Permiane e medio-alto Triassiche attraverso la linea.

Una componente compressionale attraverso l’allineamento strutturale delle Giudicarie, è da assumere indipendentemente dalla gravità, di ampie porzioni di basamento coinvolte nei sovrascorrimenti per spiegare le forti deformazioni tettoniche e la presenza nella terminazione settentrionale della linea Giudicaria.

 

Unità Lombarde.

In quest’area lo stile tettonico a falde di ricoprimento è la caratteristica dominante (Fig. 5.9) e prevalgono i sovrascorrimenti di coperture mesozoiche con fronti ad andamento E-W. I piani di sovrascorrimento immergono in modo irregolare verso N producendo una vergenza verso Sud. Nel settore settentrionale della regione anche porzioni di basamento sono profondamente coinvolte in questa deformazione tettonica. Questa fascia di strutture appare ampliarsi verso Est, concentrandosi in un più stretto corridoio nella parte centro-occidentale (Lecco, Monte Gregna). Questa struttura interpretata come un esempio di tettonica gravitativa è stata recentemente riesaminata criticamente (Gaetani , 1979).

 
Unità Canavese e Ivrea Verbano.
L’Unità Canavese e l’Unità Ivrea-Verbano (fig. 5.7 e 5.9) rappresentano le strutture più occidentali e la loro principale caratteristica è data dalla “risalita” di scaglie di Mantello superiore e Crosta inferiore e di basamento cristallino profondo. Dati geofisici, per lo più profili sismici confermano un limite Crosta/Mantello che segue perfettamente il rilievo topografico ed interpretato come il risultato di un raddoppio crostale dovuto alla subduzione del margine continentale settentrionale della zolla Europea al di sotto di quella Sud Alpina Africana (Giese, 1979).


  05.3.2 - Pianura Padana

La vasta pianura padana si estende ai piedi meridionali delle Alpi; è chiamata così perché attraversata dal fiume Po e dai suoi affluenti. Limitata a sud dagli Appennini ed a est dal Mar Adriatico, si estende verso nord-est con la pianura Veneta (fig. 5.7).

Riempita da grandi spessori di sedimenti terziari e quaternari, è un bacino molassico composito, del quale soltanto la parte meridionale corrisponde all’avanfossa degli Appennini. La pianura Padana propriamente detta, che si estende per 500 km dalle Alpi occidentali fino al mar Adriatico, mostra praticamente soltanto affioramenti quaternari e la sua struttura profonda è nota solo attraverso perforazioni per ricerche petrolifere ed esplorazione di sismica a riflessione (figg. 5.15-5.20). Lo spessore del Quaternario può superare i 2000 m sotto il delta del Po e lo spessore del Pliocene 3000-5000 m a sud di questo delta (figg. 5.14-5.16).

Fig.– 5.14 Colonna stratigrafica delle Alpi Meridionali più occidentali sepolte al di sotto della Pianura Padana, da Errico et al., 1980

Fig. 5.15 d) – Interpretazione del profilo di fig. 5.30 a) prolungato fino alle Alpi (Agip, da Cassano et alii, 1986).

La storia terziaria e quaternaria di questo bacino è evidentemente connessa con quella delle catene che lo circondano ma con diversa influenza: le Alpi, che emersero e furono tettonizzate a partire dall’Oligocene, per quanto concerne la parte più interna, giocarono soprattutto un ruolo di aree di approvigionamento di materiale detritico. L’evoluzione del bacino, comunque è intimamente connessa con quella degli Appennini esterni, che è successiva a quelle delle più interne Alpi; questa evoluzione è caratterizzata da alternanze di periodi di subsidenza (depositi molassici spessi, presenza di evaporiti messiniane come nel Mediterraneo) che furono attivi ma variabili nel tempo e nello spazio, e di fasi tettoniche con formazione o rimaneggiamento di pieghe “Pede-Appenniniche” (fase al limite Pliocene-Miocene, più significativa ed est) o emersioni locali o generalizzate.

 

Fig. 5.16 – Sezione geologica nella Pianura Padana dagli Appennini alle Alpi.

 

 

Fig. 5.17- Sezione sismica NNE-SSW nella Pianura Padana (Agip, Pieri e Groppi, 1983).

 

 

Fig. 5.18  Sezioni geologiche nella Pianura Padana ricavate da profili sismici
 

Fig. 5.19- Sezione geologica della sezione sismica di fig. 6.14 a), e sezione bilanciata con ricostruzione palinspastica.

 

In un’ampia parte di questo dominio, né l’esplorazione sismica, né le perforazioni hanno permesso di determinare la natura e la struttura degli strati del Pre-Pliocene; questi sono noti soltanto da pozzi o da affioramenti nelle parti alte (Alto di Ferrara).

Dal punto di vista strutturale si possono distinguere due zone principali:

   
  1. A nord, il dominio “Pede-alpino”, che si estende a nord-est di Venezia e dove il Pliocene discordante, ricoperto dal quaternario, non è deformato e si immerge dolcemente verso sud nella direzione del centro del bacino.
  2. A sud, il dominio “Pede-appenninico”, dove gli strati terziari incluso il Pliocene, sono interessati da pieghe, i cui assi sono paralleli alla direzione degli Appennini generalmente associati con faglie inverse e strutture più comunemente rovesciate dirette verso nord (vergenza Appenninica). Questo dominio meridionale è diviso da due o tre zone trasversali che sono probabilmente fagliate e che separano gruppi differenti di faglie e domini dove gli spessori del Pliocene e del Quaternario possono essere molto diversi; c’è per esempio il contrasto tra l’alto di Ferrara dove il Mesozoico è quasi affiorante, e la regione a nord di Parma dove la base del Pliocene è a più di 5000 m di profondità.

 

Al limite degli Appennini, masse “alloctone” scivolate per gravità vengono incontrate tra i depositi pliocenici formando strutture che richiamano quelle note nel sud dell’avanfossa degli Appennini (fossa Bradanica).

 

Fig. 5.20Sezione schematica del fronte dell’Appennino e dei depositi della Pianura Padana. In particolare viene evidenziato un modello di circolazione geotermica.