APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

05.1 - Caratteri Generali Delle Alpi

I maggiori elementi strutturali delle Alpi sono, da nord-ovest verso sud-est, le Unità Elvetiche, le Unità Pennidiche, le Unità Austroalpine, e le Alpi meridionali (fig. 5). Le Unità Elvetiche rappresentano le unità derivate dal paleomargine continentale europeo situato a nord ed ad ovest del paleoceano tetideo (fig. 5.2). Vengono distinti in base alle successioni di copertura vari domini tettonici, Delfinese, Elvetico S.S., Ultraelvetico etc.. Le Unità Pennidiche sono costituite dalle ofioliti della Tetide (bacini oceanici del Piemonte e del Vallese), dalla crosta continentale del Briançonnese e dai flysch tetidei (fig. 5.2).

Il Bacino Piemontese è collegato verso sud al bacino Ligure e corrisponde alla fase di apertura giurassica della Tetide.

Le unità Austroalpine e le Alpi meridionali derivano dalla deformazione del paleomargine continentale adriatico, ubicato a sud ed ad est della Tetide (vedi oltre).

Le Unità Austroalpine affiorano in Alto Adige, a nord della linea Insubrica (thrust della Pusteria). Il basamento delle Unità Austroalpine affiora nella zona di Ortles-Cevedale con la sua copertura sedimentaria permo-mesozoica. La Val Venosta, è un’area classica per lo studio in affioramento delle Unità Austroalpine; in Lombardia, sempre a nord della Linea Insubrica (segmento del Tonale) ed ad ovest della zona di Ivrea-Verbano sono indicate con il nome di zona di Sesia-Lanzo. Frammenti delle Unità Austroalpine si rinvengono come klippen, nelle Alpi occidentali, dove sono rappresentati dalle facies a scisti blu ed a scisti verdi (ad esempio il Dent Blanche) e dalle facies ad eclogiti. Le Unità Austroalpine sono costituite da parascìsti polimetamorfici (sia ercinici sia alpini) e rocce intrusive basiche ed acide di età tardo paleozoica, più o meno metamorfizzati durante l'orogenesi alpina.

Alle Unità Pennidiche appartengono le unità ofiolitiche del Bacino Piemontese, (Gran Paradiso, Monte Rosa, Gran San Bernardo, la parte inferiore della finestra tettonica di Ossola), La Dora Maira, il Gran Paradiso ed il Monte Rosa sono considerate i massicci (le unità) interni dell'edificio alpino, mentre massicci esterni sono considerati l'Argentera il Pelvoux-Belledonne (in Francia), il Monte Bianco e l'Aar-Gottardo (in Svizzera). I massicci interni sono scaglie di basamento del margine continentale adriatico (Unità Austroalpine), mentre i massicci esterni sono scaglie del basamento del margine continentale europeo (Unità Elvetiche). Le Unità Pennidiche della finestra di Tauern (costituite da calcescisti) affiorano nella zona settentrionale dell'Alto Adige. Le Unità Austroalpine e Pennidiche sono una pila di cunei tettonici con una geometria a ventaglio embriciato, con una forte componente di deformazione duttile (vedi Fig. 5.1 per una schematica distribuzione).

La convergenza ha avuto inizio con la subduzione verso Est o SE dei settori oceanici al di sotto della litosfera continentale adriatica (Placca Adriatica rappresentata dalle Unità Austroalpine e dalle Alpi meridionali). A partire dal Cretacico nella fossa oceanica e nei bacini di avanarco si depositano le potenti successioni flyschoidi Cretaceo-Eoceniche inserite nella catena a thrust subito dopo la loro deposizione. Nei livelli profondi si ha lo sviluppo di metamorfismo AP/BT (eclogiti e scisti blu) legato ai processi di subduzione in atto (nelle Unità pennidiche e austroalpine).

 Le più antiche falde appartengono alla fase deformativa denominata eo-alpina (fig. 5.1).


Fig. 5 

Fig. 5.1 – a) Le maggiori unità tettoniche delle Alpi; b) Sezione NW-SE.


Fig. 5.2

 

 


Fig. 5.2a – Schema palinspastico delle unità alpine (tra il Giurassico ed il Cretaceo inferiore) secondo Trumpy 1975.

 

Successivamente si determinarono le collisioni ed il conseguente sottoscorrimento della Placca Adriatica sotto la Placca Europea che ebbero inizio nell'Eocene (fase meso-alpina).Il processo convergente della fase mesoalpina (Eocene-Oligocene inferiore) porta alla totale chiusura del bacino oceanico Piemontese ed alla fase di collisione continentale con rallentamento e contemporanea riduzione dell’anomalia termica che portò alla produzione di metamorfismo a scisti verdi ed anfiboliti. In questo contesto si origina il Magmatismo Periadriatico (es. Traversella, Adamello etc.). 

 La convergenza continuò durante il Neogene (fase neo-alpina) ed è ancora attiva, come indicato dalla deformazione (compressione) delle sequenze plioceniche e dalla sismicità attuale (Friuli, Cuneese). Dal Miocene all’Attuale si sviluppa la catena a doppia vergenza con la formazione di sistemi di falda sempre più esterni. Sul versante sud si sviluppa il sistema sud vergente delle Alpi meridionali (Sud Alpino) che si svincola dal resto del sistema Europa vergente per l’attivazione dell’elemento periadriatico (linea Insubrica). Il fronte delle falde avanza verso l’avampaese padano-adriatico (a sud) (figg. 5.2, 5.3, 5.4 e 5.5 schema Castellarin fig. 5.6).

Uno dei più importanti problemi nella paleogeografia alpina riguarda le relazioni tra le Unità Austroalpine e quelle Brianzonesi l.s.

Una fondamentale distinzione tra Alpi occidentali ed orientali è data da una differente distribuzione delle Unità Austroalpine, che sono ampiamente diffuse nel settore orientale della catena mentre sono molto più limitate nel settore occidentale. Esse risultano meno estese verso Nord e completamente assenti sono le Unità equivalenti alle Alpi Settentrionali Calcaree. Per spiegare questa distribuzione, si ipotizza una differente evoluzione paleogeografica dei due settori dell’originario margine continentale africano. Seguendo la ricostruzione paleogeografica proposta da Trumpy (1971/1975), si può assumere che durante il Giurassico inferiore – medio la separazione continentale produsse un solco irregolare, ma collocato più a Nord nella porzione orientale della placca africana neoformata rispetto a quella occidentale

Fig. 5.3

 

Fig. 5.3a – Schema generale delle Alpi


 

Fig. 5.4 – Schema generale tridimensionale delle Alpi e loro rapporto con l’Appennino Settentrionale.

 

Fig. 5.5a – Profilo schematizzato ECORS-CROP (vedi localizzazione nella carta precedente).

 

Fig. 5.5 b

 

 

Fig. 5.5 c



Fig. 5.5 d


Fig. 5.5 e


Fig. 5.5 f

 

Fig. 5.6 – Schema paleogeografico dei vari domini alpini (da Castellarin & Vail, 1982)


  05.1.1 - L’avanfossa Della Molassa Perialpina e il Bacino Di Vienna

L’Avanfossa Alpina, riempita da depositi molassici marini e continentali oligocenici ed in particolare neogenici, va da Genova a Vienna lungo il confine settentrionale delle Alpi centrali e orientali, cioè lungo la parte quasi rettilinea delle Alpi.

Verso est, questa avanfossa che inizialmente viene ridotta in estensione vicino l’angolo orientale del massiccio Boemo, cambia direzione in corrispondenza del Danubio fino a Vienna e corre longitudinalmente all’avanfossa Carpatica. A questo punto esso comunica verso sud-est con il bacino di Vienna; quest’ultimo maschera la continuità tra le Alpi ed i Carpazi, e comincia a sud e a sud-est con il bacino pannonico. I depositi molassici che in vicinanza delle Alpi possono raggiungere uno spessore di 3000/5000 m, sono particolarmente detritici (sabbie e conglomerati), sono situati al margine dell’arco alpino, dove corrispondono a delta di antichi fiumi che scendevano dalla catena (fig. 8.16 – 8.18). Al margine interno della parte centrale (Svizzera, Baviera occ.) di questo solco, si possono distinguere le seguenti formazioni dalla base al tetto:

  1.  “Molasse marine inferiori” (basso Oligocene), conosciute soltanto in una posizione molto interna nella zona molassica subalpina;
  2. “Molasse d’acqua dolce inferiore” (Oligocene sup. – Aquitoniano);
  3. “Molasse marine superiori” (Burdigaliano – Serravalliano);
  4. “ Molasse d’acqua dolce superiori” (Serravalliano-Messiniano).

 

Dal punto di vista strutturale, l’avampaese della zona molassica è costituito dal Giura piegato, Giura tabulare, Massiccio Boemo. A sud di questa area si può distinguere innanzitutto una ampia zona di molassa non piegata, e ancora più a sud, una fascia con pieghe e sovrascorrimenti: è questa la molassa subalpina, che di solito sormonta (tettonicamente) la molassa non piegata, la quale a sua volta è sovrascorsa dal fronte alpino.

Il substrato della molasse non piegata, composta da terreni mesozoici ricoprenti il basamento cristallino, (prolungamento di quello del massiccio Boemo), si immerge regolarmente verso sud, in modo che questa molassa raggiunge il suo massimo spessore in vicinanza della molassa subalpina che la sormonta. Il bacino di Vienna “intra-alpino” ha una significato diverso. Il suo riempimento, che è discontinuo sulle strutture Alpino – Carpaziano, comincia nell’Elvesiano e continua fino al Pliocene (Pannoniano); ma poco deformati, semplicemente ondulato e fagliato, è più un annesso del bacino Pannonico che del solco molassico del peri – Alpino.

 

 

Fig. 5.7– Carta semplificata della Alpi meridionali

 

Fig. 5.8