Corso di Geologia

Argomento: Processi e Prodotti Geologici


INDICE


6 - ROCCE SEDIMENTARIE

Le rocce sedimentarie, pur rappresentando in volume solo il 5% della crosta terrestre, rivestono, con una sottile copertura dello spessore medio inferiore ai 2 km, i tre quarti di tutte le terre emerse ed hanno un volume maggiore di 1 miliardo di km3. Questa copertura, per oltre il 99% in volume, è formata da argilliti, arenarie e rocce carbonatiche (Tab. I).

Il grande interesse per le rocce sedimentarie deriva, dal ruolo che hanno avuto ed hanno tutt’ora nello sviluppo delle conoscenze geologiche e dalla loro importanza economica. Infatti le rocce sedimentarie contengono la quasi totalità dei giacimenti di idrocarburi, tutti quelli di carbon fossile e altri importanti giacimenti di minerali metallici e non metallici (rame, zinco, piombo, zolfo, etc.) anche se l’origine di molti tra essi è legata ai processi di consolidazione magmatica.


- Dove e come si formano le Rocce Sedimentarie

Le rocce sedimentarie si formano sulla, o in prossimità della superficie della Terra a temperature e pressioni relativamente basse principalmente per:

1. deposizione da acqua, vento o ghiaccio

2. precipitazione da soluzioni (anche biologicamente mediate)

3. crescita in situ per processi organici (es. scogliere).

Il processo di formazione delle rocce sedimentarie si realizza attraverso quattro tappe fondamentali:

  • degradazione nell’area di provenienza, cioè l’insieme dei processi che preparano i materiali che si sedimenteranno negli ambienti deposizionali, ovvero che resteranno in posto come prodotti eluviali (eluvioni) o saranno depositati dopo un limitato spostamento (colluvioni);
  • trasporto cioè i processi che smistano, concentrano o disperdono i materiali solidi e/o le soluzioni, fino al raggiungimento delle rispettive destinazioni;
  • deposizione che rappresenta la conclusione (provvisoria in caso di successiva risedimentazione) del meccanismo di distribuzione dei materiali mobili. Sfuggono a questa successione di eventi, molti sedimenti organogeni, perché il trasporto è limitato al semplice deporsi delle strutture scheletriche sul fondo dei bacini (come avviene per i sedimenti organogeni di mare aperto) o le strutture organiche (scogliere) che si accumulano in situ;
  • diagenesi che comprende una serie di processi biologici, chimici e fisici i quali modificano anche profondamente il sedimento originario e ne provocano la litificazione, cioè la trasformazione in roccia sedimentaria.


6.1 - COSTITUENTI DELLE ROCCE SEDIMENTARIE

LeLLe rocce sedimentarie possono risultano dall’interazione di tre gruppi di costituenti (classificazione genetica):

1) costituenti terrigeni - residui e minerali argillosi derivati da un’area di origine (continentale) esterna all’area di deposizione;

2) costituenti allochimici - materiali precipitati chimicamente e formatisi dentro l’area di deposizione ma mostranti evidenze di un qualche grado di trasporto (i frammenti di gusci sono esempi tipici);

3) costituenti ortochimici - materiali chimici precipitati dentro l’area di deposizione e senza evidenza di trasporto post-deposizionale (es. minerali evaporitici, calcitici).



  6.1.1 - Costituenti terrigeni
  • Materiali derivanti dalla degradazione ed erosione di preesistenti rocce sedimentarie, ignee e metamorfiche. Es: blocchi di rocce metamorfiche (gneiss), ciottoli di selce, granuli di quarzo e feldspati, minerali argillosi, ecc.
  • Le rocce costituite prevalentemente da questi granuli sono dette anche "TERRIGENE (SILICOCLASTICHE)"


  6.1.2 - Costituenti Allochimici
  • Materiali precipitati da soluzioni all’interno del bacino di sedimentazione e in particolare mediati dall’attività biologica . Esempio: cementi
  • Materiali trasportati come solidi all’interno del bacino. Es: materiale scheletrico (frammenti o interi gusci e altre parti dure sia di piante che di animali), ooliti (vedi foto), pellets fecali, frammenti di sedimenti carbonatici penecontemporanei erosi all’interno del bacino e rielaborati a formare ciottoli, sabbie e fango carbonatico microcristallino (micrite).
  • Molte delle rocce CARBONATiche sono formate da costituenti allochinici.


  6.1.3 - Costituenti Ortochimici
  • Precipitati chimici
  • Materiali  che si formano nell’attuale sito di deposizione, o subiscono solo un minimo trasporto
  • Costituenti che si formano sopra la, o subito sotto l’interfaccia acqua-sedimento che sono parzialmente abiotici (ad es. le evaporiti), ma non mancano precipitati, prodotti dal metabolismo di alghe, batteri e funghi.
  • Minerali EVAPORITICI, CEMENTI (vedi foto B) in arenarie o calcari, e minerali di RIPRECIPITAZIONE.

Poche rocce sono composte esclusivamente da uno soltanto di questi costituenti, la classificazione è perciò basata su proporzioni relative dei costituenti .

 

Sulla base di questi parametri sono riconoscibili rocce terrigene, rocce allochimiche e rocce ortochimiche.

Le rocce terrigene sono le più diffuse tra le rocce sedimentarie. Esse derivano dai predominanti processi di alterazione subaerea, che producono la frazione detritica (granuli e matrice) e, in misura minore, dai processi vulcanici e dai processi diagenetici. A questi ultimi si devono i minerali che precipitano negli spazi intergranulari (cementi). Nelle rocce terrigene è importante considerare il materiale cementante che lega insieme i clasti. Questo si forma soprattutto dopo la deposizione dei granuli cementandoli e converte i sedimenti non consolidati in rocce coerenti. Questa litificazione è parte di un più grande processo, chiamato diagenesi, che comprende tutti i processi post-deposizionali riguardanti la mineralogia e la tessitura. I minerali che si formano durante la diagenesi sono chiamati autigeni.

Rientrano in questo gruppo le rocce silicoclastiche molto diffuse sulla superficie terrestre.


Rocce allochimiche e ortochimiche - Le rocce più importanti dentro il primo gruppo sono i calcari con più del 50% di CaCO3 e le dolomie; queste rocce sono largamente variabili nell’aspetto e nella modalità di formazione, a causa di particolari modificazioni diagenetiche alle quali sottostanno (ricristallizzazione e dolomitizzazione). Comunque, se le alterazioni diagenetiche sono lievi è facile riconoscere sia i costituenti allochimici che quelli ortochimici. I costituenti allochimici consistono soprattutto di fossili e frammenti di gusci che sono a volte presenti in grande quantità tanto da giustificarne l’uso di termini quali “calcari a foraminiferi, a coralli ecc…”. Tra quelle appartenenti al secondo gruppo sono da ricordare i calcari a grana finissima e le evaporiti che sono le più importanti rocce d’origine chimica.

Le evaporiti si formano da un’intensa concentrazione di acqua marina con la risultante precipitazione di minerali come gesso, anidrite, salgemma e sali potassici (minerali d’importanza economica). Questi depositi si formano oggi in aree deserte e aride, come i margini del Golfo Persico e del Mar Rosso.





6.2 - STUDIO DELLE ROCCE SEDIMENTARIE

Questo viene realizzato attraverso la raccolta di informazioni sulla composizione, tessitura e struttura delle rocce.

La composizione si riferisce alla natura chimica o mineralogica dei granuli. La tessitura è espressa dalle dimensioni dei granuli, dal loro assortimento nella roccia, dal grado di arrotondamento e dalla forma. La struttura è espressa dalle modalità di deposizione dei granuli (strati sottili e omogenei o massivi ed eterogenei).

Altre significative proprietà di insieme delle rocce sedimentarie sono: colore, porosità, permeabilità, grado do addensamento, densità e costipabilità.

Il colore è una proprietà di difficile descrizione oggettiva ( si usa talvolta un indice cromatico di comparazione) ed è dovuto, oltre che al colore proprio degli elementi della matrice e del cemento, alla granulometria e a pigmenti che si originano nell'ambiente di sedimentazione e quello diagenetico.

Condizioni riducenti, ad esempio, danno alle rocce tonalità scure (grigio, nero) dovute a solfuri o a materiali organici; in condizioni ossidanti, invece, le rocce assumono colori che vanno dal rosso al giallo per la presenza di ossidi e idrossidi di ferro.

La porosità di una roccia (porosità totale) è la percentuale di spazi vuoti (cavità intergranulari); la porosità effettiva è la percentuale di spazi vuoti comunicanti tra loro.

La permeabilità misura la capacità della roccia di essere attraversata da fluidi ed è grandemente influenzata dalle dimensioni, dall’assortimento e dalla forma dei granuli (permeabilità per porosità) o dalla presenza di fratture ovvero da cavità di origine carsica (permeabilità in grande).

Un’altra proprietà che influenza porosità e permeabilità è il grado do addensamento o di packing di una roccia che dipende dalle relazioni spaziali reciproche dei granuli (tessitura) e indica il volume occupato dagli elementi rispettagli spazi intergranulari.

La densità delle rocce sedimentarie è di regola bassa e oscilla in media intorno a 2-2,5 (arenarie 2,1; argilliti 2,3; calcari 2,4; anidriti 3).

La costipabilità è la proprietà di un sedimento o di una roccia di ridurre il volume degli spazi vuoti (porosità) per effetto di carichi sovrastanti (pressione litostatica); essa è inversamente proporzionata alle dimensioni degli elementi ed è massima per le lutiti che, per un carico esercitato da meno di 2000 m di altri depositi, possono ridurre la loro porosità dal 50% fino al 5%.

Altre proprietà d’insieme, che vengono utilizzate prevalentemente con fini applicativi, sono la resistività, la suscettività magnetica, la conducibilità termica, la radioattività, etc.



6.3 - CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE SEDIMENTARIE

Nello schema allegato sono rappresentati i principali gruppi di rocce sedimentarie in un quadro di riferimento che tiene conto sia dei costituenti che dei processi di formazione.




  6.3.1 - Rocce Terrigene (Silicoclastiche)

Per lo studio e la successiva identificazione delle rocce terrigene si consiglia di seguire uno schema di analisi sul campione roccioso che prenda in considerazione la natura composizionale dei granuli, la tessitura e le strutture sedimentarie.



   6.3.1.1 - Composizione

I più comuni tipi di granuli sono rappresentati da:

 

•Quarzo sia monocristallino (grani singoli) che policristallino (es. selce)

•Feldspati

 

•Frammenti litici (qualsiasi frammento di roccia pre-esistente).

 

Quarzo e feldspati

Il quarzo, che in media raggiunge il 65% nelle arenarie e il 30% nelle peliti, costituisce la frazione prevalente e comunque importante delle rocce terrigene di qualsivoglia granulometria. Meno abbondanti sono i feldspati, pur rappresentando il secondo componente abituale (10-15% e 5% in media, rispettivamente nelle arenarie e nelle peliti).

Per la sua inerzia chimica e la sua resistenza all’usura, il quarzo può essere riciclato più volte, concentrandosi spesso anche molto al di sopra dei valori medi su indicati. I feldspati invece sono soggetti ad un più rapido arrotondamento durante il trasporto e subiscono alterazione chimica, fatto che ne limita la possibilità di riciclaggio. Per questo motivo un’alta percentuale di granuli feldspatici (>25%) indica di regola una provenienza diretta da rocce cristalline.

 

 

Minerali argillosi

I minerali argillosi, che formano circa il 25-35% di tutte le rocce terrigene, e oltre il 60% delle peliti, hanno dimensioni così piccole da richiedere per la loro identificazione metodi analitici, diversi da quello usuale della microscopia ottica, come le tecniche di diffrazione ai raggi X, la microscopia elettronica, ecc. Essi rientrano nel gruppo mineralogico dei fillosilicati tra cui i più comuni sono l’illite, la caolinite e la clorite. Questi minerali si formano prevalentemente durante i processi di degradazione superficiale ed idrolisi, ma possono anche formarsi in ambiente marino e durante il seppellimento (diagenesi).

La stretta dipendenza delle caratteristiche dei minerali argillosi dai loro ambienti genetici ne fanno dei buoni indicatori (anche se talora controversi) delle originarie caratteristiche dei luoghi di degradazione (provenienza), trasporto e diagenesi (precoce e tardiva).

 

Frammenti litici.

Nelle frazioni più grossolane delle rocce terrigene (conglomerati, brecce, arenarie), sono di regola prevalenti i frammenti di rocce preesistenti, detti anche frammenti litici. I più comuni frammenti litici sono quelli formati da quarzo, selce, rocce cristalline, arenarie, calcari e dolomie. La loro possibilità di essere riciclati cresce naturalmente con la loro inerzia chimica e con la loro resistenza all’usura meccanica.



   6.3.1.2 - Cemento e matrice

Le rocce terrigene derivano, come tutte le rocce sedimentarie, dalla litificazione di sedimenti incoerenti. Oltre alla componente detritica, in esse si possono riconoscere una componente autigena, data dal cemento, ed una allotigena costituita dalla matrice.

La matrice è un materiale di granulometria più fine di quella dei granuli, che riempie più o meno completamente gli spazi intergranulari; può anche differire in composizione rispetto ai granuli, dai quali si distingue essenzialmente in termini granulometrici (cioè tessiturali).

Il cemento (quarzo, opale, calcite, gesso, barite, siderite ecc.) sovente ha la stessa composizione chimicha della frazione clastica.




   6.3.1.3 - Maturità mineralogica

La maturità mineralogica delle rocce terrigene è relativa alle percentuali dei principali gruppi di granuli (quarzo, feldspati e frammenti di roccia). Essa dà indicazioni sulla provenienza degli elementi (“plutonica” (profonda), sopracrostale), sul clima che ha controllato la degradazione delle rocce madri e sulle condizioni geomorfologiche e tettoniche degli originari luoghi in cui si sono sviluppati questi processi.



   6.3.1.4 - Tessitura e Strutture sedimentarie

La tessitura è il modo di organizzarsi dei  granuli nello spazio e dipende dalle loro dimensioni e forma.

Se i granuli sono a contatto tra loro costituiscono uno scheletro o impalcatura che si sostiene da sé, indipendentemente dalla presenza di materiali intergranulari (tessitura granulo-sostenuta). Ciò che varia è l’orientamento nello spazio degli elementi e il modo con cui essi vengono a contatto, talora, fino a indentarsi o compenetrarsi, soprattutto per processi post-deposizionali.

I pori di una roccia a tessitura granulo-sostenuta possono essere più o meno completamente occlusi da materiale detritico più fine di deposizione contemporanea o penecontemporanea (matrice) o anche, e talora soltanto, da precipitati chimici (cementi).

 

Nei depositi silicoclastici e in molti depositi carbonatici se la sedimentazione si verifica a causa di un processo di trasporto in massa (esempio correnti di torbida, colate di fango) la percentuale di matrice può essere alta, tanto che i granuli non sono più in contatto tra loro ma immersi nella matrice (tessiture fango-sostenute). In questo caso un sedimento si dice tessituralmente immaturo. Quando infine la frazione fangosa è totalmente prevalente si dice che le rocce hanno una tessitura pelitica.




   6.3.1.5 - Maturità tessiturale

Gli spazi intergranulari delle rocce clastiche possono risultare occlusi solo da cemento, o solo da matrice, oppure da una combinazione di cemento e matrice. Inoltre, la matrice può essere tanto abbondante che i granuli non sono in contatto tra loro, ma sono più o meno isolati e immersi nella matrice. Queste diverse situazioni riflettono la maturità tessiturale delle rocce clastiche, che è inversamente proporzionale alla percentuale di matrice. La maturità tessiturale è legata anche alle caratteristiche del trasporto e del deposito (ad esempio i sedimenti torbiditici sono tessituralmente immaturi).




   6.3.1.6 - Parametri tessiturali

I principali parametri tessiturali, utilizzati per la distinzione e classificazione di una roccia, sono la taglia granulometrica e il sorting o grado di selezionamento dei granuli.



   6.3.1.7 - Granulometria

Gli elementi granulari, oltre che per la loro natura mineralogica, sono distinti in base alle loro dimensioni; una classificazione granulometrica, basata sulle dimensioni (diametro medio) dei granuli, molto usata è quella di Udden-WentworthLa taglia dei granuli di una roccia è la proprietà tessiturale più importante per la classificazione delle rocce particellari.



   6.3.1.8 - Grado di selezionamento

La distribuzione della taglia, cioè il grado di selezionamento dei granuli (sorting) viene stabilito sulla base di istogrammi della distribuzione della taglia dei granuli. Spesso si visualizzano usando carte come quelle riprodotte nella figura allegata. Questo parametro è utilizzato per determinare la maturità tessiturale.




   6.3.1.9 - Classificazione delle Rocce Terrigene
Una classificazione delle rocce terrigene (silicoclastiche) molto semplice e che abbia implicazioni genetiche, pu¨° essere fatta in base alla granulometria degli elementi. Le rocce clastiche vengono cos¨¬ suddivise in ruditi, areniti e peliti

Ruditi

Le ruditi (Conglomerati e Brecce) costituiscono un gruppo di rocce in cui almeno il 30% degli elementi sono di taglia superiore ai 2mm. Esse vengono classificate con criteri in parte analoghi a quelli usati per le areniti. Per le ruditi comunemente si usa il termine conglomerato, quando gli elementi sono arrotondati, quando gli elementi sono spigolosi si usa il termine breccia. Soltanto per alcuni aspetti le brecce possono essere trattate insieme ai conglomerati: esse, infatti sono formate da materiali meno elaborati, cio¨¨ da un deposito di solito formatosi pressoch¨¦ in situ (detriti di falda, brecce di collasso ecc.). Gli elementi delle ruditi consistono in frammenti quarzosi, granitici e litici (questi ultimi provenienti da rocce sedimentarie, metamorfiche e ignee). La matrice ¨¨ costituita da granuli di quarzo, feldspato, minerali argillosi. Il cemento di regola ¨¨ calcitico o siliceo. I conglomerati extraformazionali, possono dividersi in ortoconglomerati (<15% di matrice) e paraconglomerati (>15% di matrice). Come nelle areniti, si possono distinguere due gruppi di conglomerati: granulo-sostenuti (elementi in contatto fra loro) e fango-sostenuti (elementi immersi nella matrice).


Ortoconglomerati:

Gli ortoconglomerati da un punto di vista composizionale si dividono in oligomittici, prevalentemente costituiti da elementi di un¡¯unica litologia (es. arenaria), e petromittici se gli elementi hanno litologia composita.

 

Paraconglomerati:

L¡¯eccesso di matrice caratterizza i paraconglomerati; queste rocce si formanoin seguito  processi di vario tipo, dalle colate di fango subacquee (fanglomerati), al trasporto ad opera del ghiaccio (tilliti). Il passaggio da paraconglomerati a ortoconglomerati d¨¤ luogo a rocce di tipo intermedio.



Areniti

Si tratta di rocce costituite da granuli di taglia compresa tra 2 e 0,16 mm. 

I criteri utilizzati per distinguere tra loro differenti gruppi di areniti sono essenzialmente basati sulla loro maturit¨¤: le proporzioni tra i tipi di granuli (quarzo, Q; feldspati, F; frammenti litici, L) e la percentuale di matrice presente.

In genere le areniti con una bassa percentuale di matrice (fino al 15% nel diagramma di Chen), sono anche chiamate arenarie, mentre il termine grovacca, viene utilizzato per i corrispondenti tipi pi¨´ ricchi di matrice (fino al 50% nel citato diagramma). I principali tipi di areniti sono quarzareniti, areniti feldspatiche e areniti litiche o litareniti. Le quarzareniti o arenarie quarzose contengono oltre il 75% di granuli quarzosi e tale alta concentrazione denota in genere un processo di riciclaggio da altre arenarie. Il loro cemento ¨¨ frequentemente siliceo, ma pu¨° essere anche carbonatico e, pi¨´ raramente, di altra natura. 


Le areniti feldspatiche (arcosi) sono tipicamente di colore rosa o rosso, ma anche bianco o grigio. Il quarzo ¨¨ molto abbondante e il feldspato pu¨° superare il 25%. In queste arenarie l¡¯entit¨¤ di trasporto (che in certi casi pu¨° essere molto scarsa, fino al caso di areniti ancora in contatto con il substrato cristallino di origine) influenza le loro caratteristiche composizionali e tessiturali.

I principali tipi di frammenti litici provengono da preesistenti rocce metamorfiche, da materiali vulcanici (frequentemente lave basaltiche o andesitiche o ignimbriti) o da preesistenti rocce sedimentarie (arenarie, siltiti, selci, calcari, dolomie). I cementi pi¨´ comuni sono calcite e quarzo. La composizione di queste arenarie, che rappresentano circa un quarto di tutte le areniti, pu¨° fornire importanti informazioni sulla storia tettonica regionale dell¡¯area di origine.


Peliti

 

Le peliti (lutiti, se vogliamo conservare la derivazione dal latino usata per areniti e ruditi), pur rappresentando il 50-60% delle rocce sedimentarie, sono le meno conosciute, per la oggettiva difficolt¨¤ di studiarle con le correnti metodologie analitiche. La loro granulometria (in genere inferiore ai 60¦Ì) e le condizioni d¡¯affioramento sempre precario per la forte erodibilit¨¤ e instabilit¨¤ di pendio che le caratterizza, rendono queste rocce di non agevole studio.

I sedimenti pelitici (fanghi e argille) sono formati da particelle della taglia del silt (62 - 4¦Ì) e delle argille (< 4 ¦Ì); per consolidamento danno rispettivamente luogo a siltiti e argilliti. Notare come il termine argille venga usato sia per indicare la roccia che il minerale.

I processi diagenetici modificano in maniera notevole gli originari sedimenti pelitici: questi possono inizialmente contenere in volume anche l¡¯ 80% d¡¯acqua, che poi pu¨° essere in gran parte espulsa riducendosi fino a meno del 30% per effetto di prolungato costipamento durante il graduale seppellimento, e poi fino a meno del 15%, per effetto della temperatura. Le rocce pelitiche acquistano in questo modo una chiara fissilit¨¤ secondo piani corrispondenti a sottili lamine, mentre si verificano variazioni mineralogiche, soprattutto nei minerali argillosi (per incremento della pressione litostatica e della temperatura).



  6.3.2 - Rocce Carbonatiche
Le rocce carbonatiche, dopo quelle clastiche, sono le più diffuse tra le rocce sedimentarie. Esse sono essenzialmente monomineraliche e lo loro genesi è strettamente legata all'azione diretta o indiretta della biosfera. Pertanto le rocce carbonatiche mostrano differente composizione, tessitura e struttura oltre che per il variare delle condizioni ambientali anche per i mutamenti di composizione della biosfera che i processi evolutivi provocano con il trascorrere del tempo geologico. Analogamente alle rocce clastiche, anche nelle rocce carbonatiche si può riconoscere una tessitura caratterizzata da tre componenti:a) granuli, formati da materiale organogeno (frammenti di gusci, foraminiferi ecc.), ooidi e frammenti di rocce carbonatiche preesistenti; b) matrice, formata da materiali di taglia minore che riempie gli spazi interstiziali;c) cemento, formato da cristalli spatici (calcite spatica) che si formano nelle varie fasi della diagenesi.A differenza delle rocce clastiche, le rocce carbonatiche sono costituite da strutture organogene che si formano e si accrescono nel luogo della deposizione, per l'azione di organismi di vario tipo che secernono carbonato di calcio (es. coralli) o ne favoriscono la precipitazione anche all'interno dei loro tessuti (es. coralli, spugne, alghe calcaree).

   6.3.2.1 - Composizione chimica e mineralogica
Chimicamente le rocce carbonatiche sono essenzialmente composte da CaCO3 e da CaMg(CO3)2. I più comuni minerali che formano i sedimenti carbonatici sono la calcite, l'aragonite, e la dolomite; meno comuni sono la siderite, la rodocrosite, la magnesite, l'ankerite, ecc.Pur avendo il Ca++ raggio ionico più grande di Mg++, è possibile che nel reticolo cristallino della calcite ci sia un contenuto variabile di magnesio (fino a oltre il 4% di MgCO3) che dà luogo alla metastabile e disordinata calcite magnesiaca.


   6.3.2.2 - Tessitura
Granuli
I principali tipi di granuli che formano l'impalcatura delle rocce carbonatiche sono:
 
- Granuli scheletrici
scheletri calcarei di organismi, interi e/o in frammenti (questi ultimi chiamati bioclasti). La grande varietà degli organismi e delle loro strutture scheletriche (forma, struttura interna, mineralogia) influisce sia sul comportamento idrodinamico che sulla successiva diagenesi del sedimento carbonatico. Il riconoscimento dei granuli scheletrici è di grande importanza nella interpretazione genetica dei sedimenti carbonatici.



- Ooliti: sono formate da granuli subsferici di taglia arenitica (in maggioranza compresa tra 0.2 e 2 mm.), con un nucleo e una serie di inviluppi concentrici di aghetti di aragonite o calcite; questi possono avere disposizione tangenziale, ovvero essere disposti radialmente attorno un nucleo (ooliti fibroso-raggiate). Talora processi di micritizzazione possono colpire le ooliti (ooliti micritizzate). Quando le ooliti hanno taglia superiore a 2 mm prendono il nome di pisoliti. Tuttavia l'origine delle pisoliti è molto variabile; esse possono anche formarsi per processi diagenetici in ambiente meteorico (ad es. pisoliti vadose).

- Oncoliti e noduli algali: sono strutture più o meno concentriche dovute all'attività di alghe incrostanti (cianoficee, rodoficee); possono raggiungere anche i 10 cm di diametro.
- Peloidi e botroidi: i peloidi sono granuli subsferici di variabili dimensioni, talvolta aggregati in grappoli (botroidi); di non sempre chiara origine (fecale, diagenetica), essi sono caratterizzati dall'assenza di una chiara struttura interna.
- Granuli clastici: possono essere di natura extraformazionale (litoclasti) ovvero derivare dal bacino di deposizione (intraclasti). In quest'ultimo caso possono raggiungere notevole sviluppo volumetrico, derivando dalla frammentazione di depositi semiconsolidati, che vengono ridistribuiti precocemente.

Matrice
Come nelle rocce clastiche, la matrice delle rocce carbonatiche è costituita da materiali di taglia nettamente minore di quella degli elementi e può occludere gli spazi intergranulari. In essa possono perciò riconoscersi molti dei granuli descritti prima (es. peloidi, piccoli intraclasti e bioclasti) nei sedimenti di mare basso, o microfossili nei sedimenti di mare aperto. Talora la matrice risulta composta da calcite microcristallina (micrite) con cristalli della taglia del silt o minore. La micrite caratterizza molte rocce carbonatiche antiche (vedi calcilutite) ed è presente nei sedimenti attuali come fango, formato prevalentemente da aragonite in microcristalli aciculari.

Cementi
Nelle rocce carbonatiche i processi di cementazione avvengono molto precocemente, soprattutto nelle favorevoli condizioni climatiche tropicali (mari poco profondi, scogliere, zonecostiere intertidali e di spiaggia, e perfino zona vadosa).
 


   6.3.2.3 - Strutture biocostruite
Gli organismi a scheletro carbonatico (aragonite, calcite, magnesiocalcite) hanno grande importanza litogenetica e i loro accumuli possono costituire corpi sedimentari di notevole volume (<< calcari organogeni>>). Alcuni organismi inoltre (coralli, molluschi, alghe etc.) possono con le loro parti minerali costituire impalcature rocciose (bioliti) che si sollevano dal fondo marino e costituiscono le scogliere (reefs). Il termine biolitite indica, da un punto di vista litologico, il materiale di cui sono costituiti gli accumuli organici autoctoni.

Nelson (et al., 1962) propongono di distinguere gli accumuli biocostruiti (cioè formati da organismi, in posizione di crescita o no) in base ad un duplice criterio genetico e morfologico. Il criterio genetico si basa sul concetto di potenziale ecologico degli organismi (Lowenstam, 1950) di costruire o no strutture rigide e resistenti alle sollecitazioni meccaniche ambientali (scogliere o banchi). Il criterio morfologico si basa sulla forma dell'accumulo (Cumings, 1932). Bioerma indica una struttura di forma varia, circoscritta e interposta in rocce di differente litologia. Biostroma indica invece una struttura stratiforme, consistente sopratutto di organismi sedentari, che non faccia passaggio a forme circoscritte. Nelle acque basse dei mari caldi gli organismi formano strutture biocostruite (bioherme) che possono raggiungere dimensioni anche notevoli, modificando in tal caso la fisiografia e la idrodinamica degli ambienti deposizionali. I più classici esempi di biolititi attuali sono le scogliere coralline della fascia intertropicale; oltre ai coralli, altri organismi hanno avuto nel Paleozoico-Mesozoico analogo ruolo (spugne calcaree, stromatoporidi, tetracoralli, alghe calcaree).


Fig. La regione delle Bahamas costituita da un'area di piattaforma carbonatica a pelo d'acqua tagliata da un golfo (in nero) dove si estende un bacino marino profondo 2000 m.


Stromatoliti
Rappresentano strutture accresciute in posto mediante l'azione indiretta di alghe cianoficee e batteri. Sono costituite da sedimento particellare fine disposto in lamine sottili piano-parallele o ondulate che si alternano con lamine calcitiche cristalline. I cianobatteri hanno costruito strutture prevalentemente tabulari e più raramente colonnari o domiformi. Oggi, i cianobatteri, che precipitano carbonato di calcio, colonizzano solo alcuni ambienti marini e transizionali (lagune, piane tidali) o continentali (ruscelli, sorgenti).

Travertini
I travertini, tipici depositi continentali, vanno posti tra le rocce carbonatiche prevalentemente biocostruite poiché essi si formano per "incrostazione" primaria (alghe, cianobatteri). Questi processi possono svilupparsi in acque dolci, fredde o termali, per precipitazione su supporti vegetali quali ad esempio piante igrofile in corrispondenza di rapide e cascate, ovvero per attività incrostante di cianoficee su pendii acclivi (travertini stromatolitici).

Dolomitizzazione
Rappresenta uno dei più complessi e discussi processi che possono avvenire nei vari stadi della diagenesi dei carbonati o anche in ambiente meteorico. I processi di dolomitizzazione, che interessano i sedimenti carbonatici durante la diagenesi (cfr.), possono essere d'intensità variabile: è d'uso distinguere una serie di termini in funzione del rapporto calcite/dolomite (calcari ? calcari dolomitici ? dolomie calcaree ? dolomie). Le dolomie sono particolarmente diffuse nelle successioni carbonatiche nefritiche e specialmente in quelle paleozoiche e triassiche. Questi processi, che si verificano di regola in presenza di acque ricche di Mg, provocano sovente una profonda trasformazione mineralogica che tende ad obliterare gran parte delle preesistenti tessiture.


   6.3.2.4 - Classificazione delle Rocce Carbonatiche
Come si studiano i carbonati
Lo studio mineralogico ha un ruolo minore nella classificazione delle rocce carbonatiche, dato che esse sono prevalentemente composte da calcite e dolomite. I moderni studi si basano sui rapporti tra granuli e micrite e sulla natura dei granuli, ovvero sulle caratteristiche delle strutture biocostruite. Le classificazioni più usate sono quelle di R. Folk ed R. Dunham.
La classificazione di Dunham (1968), soprattutto nella versione modificata da Embry e Klovan (1971), si basa sul rapporto granuli/micrite per le rocce con tessiture granulari e sulle strutture organogene per le rocce biocostruite.
 
 

I termini mudstone e wackestone (calciluliti s.l.) indicano sedimenti a matrice prevalente (con <10 % e > 10% di granuli, rispettivamente), 

mentre i termini packstone e grainstone (calcareniti) si riferiscono a sedimenti granulo-sostenuti (con e senza micrite).
Infine i tipi equivalenti in cui la taglia degli elementi supera i 2 mm (calciruditi) prendono il nome di floastone se a matrice prevalente e rudstone se granulo sostenuti. Il nome boundstone è riservato alle rocce biocostruite.
 
 


Da Borsellini et al., 1989




  6.3.3 - Rocce silicee, ferrifere e manganesifere, fosfatiche
Queste rocce, pur avendo una scarsa rilevanza volumetrica, possono assumere importanza in quanto materie prime (rocce ferrifere, fosfatiche, ecc.), ovvero perché testimoniano con la loro formazione particolari condizioni ambientali.

   6.3.3.1 - Rocce Silicee
Sono soprattutto formate da SiO2 (quarzo, calcedonio e opale) e sono di regola compatte e dure. I sedimenti silicei assumono importanza soprattutto quando il fondo marino si trova al di sotto della cosiddetta profondità di compensazione del carbonato di calcio (CCD), profondità massima alla quale possono giungere i gusci degli organismi calcarei senza disciogliersi del tutto (negli oceani attuali è variabile ed oscilla intorno ai 4000 m).Il nome delle rocce derivanti dai fanghi oceanici di regola è preceduto il nome degli organismi in esse prevalenti, se riconoscibili (radiolariti, diatomiti). Le più importanti rocce silicee sono: a) radiolariti: formano strati sottili derivanti dalla litificazione di fanghi e radiolari, talora con colori che vanno dal rosso cupo al verde (diaspri); b) diatomiti: possono formarsi sia in ambiente marino che continentale (ad es. laghi vulcanici), e talora possono mantenere una consistenza terrosa (farina fossile); c) spongoliti: sono prevalentemente formate da resti di spugne silicee; si ritrovano associate talora con livelli glauconitici o fosforitici, ovvero con livelli anossici ricchi di sostanza organica (black shales); d) selci stratificate in strati medio-sottili, le cui tessiture originarie hanno subito notevoli modificazioni diagenetiche. Lenti e noduli di selce peraltro si ritrovano frequentemente in calcari pelagici: anch'essi derivano dalla diagenesi di gusci di organismi silicei.

   6.3.3.2 - Rocce Ferrifere e Manganesifere
Il ferro è presente in tutte le rocce sedimentarie con percentuali basse (media nei calcari: 4%, nelle areniti: 2.4%, nelle peliti 4.8%). Si definiscono rocce ferrifere quelle che contengono almeno il 15% di ferro (21.3% di Fe2O3 o 19.4% di FeO).

   6.3.3.3 - Rocce Fosfatiche
Le rocce fosfatiche contengono oltre il 20% di P2O5 e spesso sono indicate col nome di fosforiti; sono associate a calcari o a peliti, che sovente hanno tenori alti e sono peraltro dei calcari fosfatici o delle argilliti fosfatiche.La composizione mineralogica delle fosforiti è semplice, essendo i minerali principali formati da varietà di apatite (fluorapatite, clorapatite, idrossiapatite e la diffusa francolite).Le fosforiti bioclastiche derivano da accumuli ossiferi di vertebrati, il guano, mal conosciuto negli equivalenti fossili, è un deposito di fosfato di calcio che si forma attualmente, come accumulo di escrementi e resti ossei di uccelli e chirotteri. Attualmente le fosforiti si rinvengono sulle piattaforme continentali esterne, al passaggio con la scarpata, in aree caratterizzate dalla risalita (upwelling) di acqua fredde e ricche di nutrienti.
FOSFERITI SI TROVANO NEGLI IBLERICI
 
 
 
ZONA FOTICA AMBIENTE RIDUCENTE UPWELLING DI H2O FREDDE E DI H2O CALDE


  6.3.4 - Rocce Organiche
Idrocarburi e carboni Quasi tutte le rocce sedimentarie contengono un variabile contenuto di sostanza organica di origine animale, vegetale o mista. Quando i processi ossidanti della diagenesi non distruggono queste sostanze, esse possono concentrarsi, trasformarsi più o meno profondamente, e rimanere nei sedimenti porosi (idrocarburi), ovvero possono costituire volumi cospicui di rocce accumulate prevalentemente in situ (carboni).Gli idrocarburi derivano da sostanze organiche contenute in rocce sedimentarie di vario tipo (rocce madri) e si accumulano, di regola dopo processi di migrazione, in rocce porose permeabili (rocce serbatoio), laddove lo consentano le condizioni stratigrafiche e/o tettoniche. Essi sono raramente solidi (asfalti) e più frequentemente liquidi e gassosi (petroli e metano). I carboni fossili (carboni humici) derivano da un particolare processo di diagenesi delle sostanze vegetali (carbonizzazione) che porta ad una perdita di liquidi ed ad un arricchimento in carbonio. Il processo di carbonizzazione si sviluppa di regola quasi in situ, o con trasporto limitato in ambienti palustri, deltizi, ecc. La frazione organica è in prevalenza costituita da essenze arboree, particolarmente abbondanti nei giacimenti fanerozoici di carbon fossile di importanza economica. Due fasi caratterizzano la carbonizzazione: una fase biochimica, dapprima ossidante (formazione delle sostanze humiche) e poi riducente, e una prevalentemente fisica (costipamento, perdita d'acqua e arricchimento indiretto in carbonio). Funghi e batteri rivestono grande importanza in questi processi diagenetici. I carboni fossili si possono suddividere in base alle percentuali di carbonio (torba, lignite, litantrace e antracite). I sapropel si formano per processi di putrefazione in laghi o stagni poco ossigenati. Hanno in genere un alto contenuto in materiali non organici e sovente, per variazione della frazione clastica o chimica, fanno passaggio a rocce carboniose.

  6.3.5 - Rocce Residuali
Se i processi di degradazione di rocce cristalline o sedimentarie avvengono con grande velocità grazie a particolari condizioni climatiche (come di regola si verifica alle latitudini medio-basse), i materiali residuali formatisi possono rimanere in situ, formando talora potenti accumuli di alterazione (ad es. lateriti), ovvero possono venire più o meno limitatamente trasportati. I tipi più comuni di rocce residuali che così si formano sono le lateriti, le bauxiti e le argille residuali. Le lateriti, che sono senza dubbio le rocce residuali più importanti, sono caratterizzate da un arricchimento in ossidi ed idrossidi di Fe, Al con perdita di silice (laterizzazione). Le bauxiti, rocce residuali meno comuni ma di importanza economica, differiscono dalle lateriti, per un più basso tenore in silice e per una maggiore quantità di allumina, oltre che per un più accentuato rimaneggiamento meccanico. Le argille residuali, hanno una composizione che è funzione delle condizioni climatiche. Nei climi temperati umidi e vegetazione forestale si verifica un arricchimento in composti di Al e Fe; tra i minerali argillosi prevale la caolinite. Nei climi aridi invece avviene un arricchimento di Ca e Mg, e prevale la montmorillorite.



  6.3.6 - Rocce Piroclastiche
Le rocce piroclastiche derivano dall'accumulo di materiali eruttati durante l'attività dei vulcani. Gli elementi di queste rocce possono essere prodotti lavici di neoformazione, frammenti di prodotti lavici già consolidati e frammenti di rocce sedimentarie, metamorfiche o ignee.La classificazione delle piroclastiti viene fatta in base alle dimensioni degli elementi (bombe e blocchi, lapilli, ceneri, corrispondenti per taglia rispettivamente a ruditi, areniti e lutiti nelle rocce clastiche), e alla natura del magma.

  6.3.7 - Evaporiti
Le evaporiti sono rocce che si formano dalla precipitazione di minerali disciolti nell'acqua, quando la soluzione divenga soprasatura per effetto della evaporazione del solvente. Di gran lunga le più importanti sono le evaporiti di origine marina, ma possono presentare un certo interesse anche le evaporiti di bacini continentali.

   6.3.7.1 - Evaporiti marine
L'acqua marina contiene in media il 35‰ di sali, vale a dire che in un litro di acqua marina si trovano 35 grammi di sali. Di questi 27 sono rappresentate da cloruro di sodio, 4 da cloruro di magnesio, gli altri 4 da vari solfati, sali doppi, etc.; il carbonato di calcio è sotto il grammo.Se facciamo evaporare dell'acqua marina, man mano che il volume diminuisce precipitano per primi i sali meno solubili, e via via gli altri in ordine inverso alla solubilità. Si è constatato sperimentalmente che quando il volume è ridotto a metà precipitano il carbonato di calcio e gli eventuali ossidi di ferro, quando il volume è ridotto a 1/5 comincia a precipitare il gesso, quando il volume è ridotto a 1/10 il salgemma, quindi, a concentrazioni anche più elevate, gli altri sali. Se facessimo evaporare una colonna di acqua marina alta 1.000 metri, troveremmo alla fine sul fondo 16 metri di sale.Come spiegare allora gli spessori imponenti che si trovano in natura di calcari evaporitici, di gessi (diverse centinaia di metri), di salgemma? Evidentemente non si può ricorrere alla evaporazione di bacini profondi centinaia di chilometri. Bisogna pensare ad altre soluzioni. Sono stati individuati in tempi recenti vari modelli di deposizione; tra questi quello della barra è tra i più significativi.

Nell'evaporazione dell'acqua marina il primo sale a precipitare, benché in quantitativi minimi, è il carbonato doppio di calcio e di magnesio, detto dolomite. Le dolomie evaporitiche sono piuttosto rare, e di solito la dolomite compare piuttosto allo stato di impurezza entro i calcari evaporitici. Dolomie evaporitiche risalenti alla importante fase evaporitica del Messiniano (Miocene superiore) sono state incontrate da perforazioni sottomarine sul fondo del Mare di Alboran (Mediterraneo occidentale, immediatamente all'interno dello stretto di Gibilterra). Più frequenti sono i calcari evaporitici. In Sicilia ne è frequente un tipo particolare che appare come un calcare con strati estremamente sottili (i singoli strati hanno spessore inferiore al millimetro: si tratta quindi di una "laminite"), duro e di colore grigio. Talvolta vi si trovano delle cavità a forma di cubo, lasciate da cristalli di salgemma, prima inglobati dentro il calcare e successivamente disciolti. Per l'eventuale presenza di zolfo il calcare evaporitico è anche indicato in Sicilia con il nome di calcare solfifero.


  6.3.8 - Gessi
Il gesso è una roccia costituita totalmente o quasi dal minerale gesso, CaSO4· 2H2O. Oltre ai gessi di origine evaporitica, esistono anche dei gessi di sedimentazione meccanica, gessi clastici.I gessi sono facilmente soggetti ad essere sciolti dalle acque circolanti nelle rocce, ad essere ridepositati, nello stesso posto o ad una certa distanza, e ricristallizzati con un aspetto diverso da quello originale. Distinguiamo perciò dei gessi primari, che mostrano ancora l'aspetto che avevano al momento della sedimentazione, e dei gessi secondari, profondamente modificati. Si distinguono gesso balatino e gesso macrocristallino o selenite.

   6.3.8.1 - Gesso balatino
E' una laminite gessosa, si presenta cioè in straterelli sottilissimi, dello spessore fra 1-5 mm, con una media attorno ai 2,2-2,3 mm. Gli straterelli sono separati l'uno dall'altro da un velo di pelite marnosa (argilla con un certo tenore di carbonato di calcio). Si ritiene che ogni lamina rappresenti il prodotto di una sedimentazione stagionale, quindi contando il numero delle lamine sovrapposte è possibile risalire al numero di anni che sono stati impiegati per formare un certo deposito di gesso balatino. Le singole lamine sono costituite da un accumulo di piccolissimi cristalli di gesso formatisi a pelo d'acqua. Poiché l'evaporazione raggiunge un massimo nella stagione secca e un minimo, o addirittura si arresta, nella stagione piovosa, la formazione di strati sottili di gesso si verifica con un ritmo annuale.
Questo tipo di gesso si forma per la crescita sul fondo di cristalli di gesso. I cristalli che si presentano regolarmente geminati a ferro di lancia, crescono verticalmente sul fondo con la punta rivolta verso il basso, gli uni paralleli agli altri, strettamente aderenti. Se le condizioni favorevoli alla crescita si mantengono per lungo tempo, allora i cristalli possono raggiungere grandi dimensioni, dell'ordine del metro. I cristalli sono formati da gesso limpido, con sfaldatura facilissima, di colore vagamente azzurrognolo, talora però colorato in bruno per la presenza di sostanze bituminose. Talora gli spazi tra un cristallo e l'altro sono occupati da deboli quantità di pelite marnosa.
  


  6.3.9 - Anidrite
Solfato di calcio anidro, che anche come minerale prende il nome di anidrite. Più dura e più pesante del gesso, si deposita (raramente) in sostituzione di quest'ultimo quando la temperatura del solvente è particolarmente elevata. Il gesso, sottoposto a pressione elevata, perde acqua e si trasforma in anidrite. L'anidrite, a contatto con l'acqua (basta anche l'umidità dell'aria) si trasforma in gesso alabastrino. La trasformazione è accompagnata da un aumento di volume.

   6.3.9.1 - La Formazione Gessoso-Solfifera
In Sicilia e nella penisola italiana si ha la più bella successione evaporitica esistente al mondo, conosciuta con il nome di "formazione gessoso-solfifera". Essa appartiene all'ultimo piano del periodo Miocenico, il piano Messiniano.La formazione gessoso-solfifera, quando completa, comincia in basso con argille di deposito marino, di solito batiali dette "argille di letto"; segue poi uno spessore più o meno consistente di diatomiti marine, il "tripoli" che caratterizza un ambiente a scarso tenore di ossigeno (cioè un ambiente euxinico). Al tripoli si sovrappone il "calcare solfifero", tipico calcare evaporitico, cui seguono i gessi, e a luoghi anche il cloruro di sodio (NaCl), talora in quantità rilevanti. In qualche caso sono presenti anche i sali potassici, rappresentati di solito da kainite più o meno pura (Mg SO4·KCl·3H2O).
Separata da un intervallo marnoso segue verso l'alto una seconda successione gessosa che è caratterizzata, a differenza della prima, da apporti di acque prive o povere di cloruro di sodio (gessi laminati), e argille con organismi caratteristici di acque diluite, quali i gasteropodi del genere Melanopsis, e gli ostracodi del genere Cyprideis.