Corso di Geologia

Argomento: TETTONICA GLOBALE


INDICE


02 - INTRODUZIONE ALLA TEORIA
Il rinvenimento di rocce magnetizzate è spiegabile con la presenza di un campo magnetico terrestre. Il paleomagnetismo o magnetismo fossile è legato alla proprietà delle rocce (soprattutto quelle magnetiche) di acquisire e conservare una magnetizzazione che ha la stessa direzione del campo magnetico che la produsse.

02.1 - MAGNETISMO DELLE ROCCE

Le ricerche espletate in questi campi condussero alla scoperta e allo studio di processi quali la migrazione dei poli, le inversioni di polarità e le anomalie magnetiche dei fondi oceanici.

 

L’evidenza dell’inversione del campo magnetico terrestre durante i tempi geologici (risalente agli anni ’60), messa in luce dagli studi sui fondi oceanici avvalorò ulteriormente l’ipotesi che zolle continentali fossero potute andare alla deriva mosse da correnti convettive che si generavano nell’interno fuso del Pianeta.

 

Alcune rocce possono essere debolmente magnetizzate (Fig. 12) al momento della loro formazione preservando una registrazione fossile della direzione del campo magnetico terrestre esistente al momento e nel luogo di formazione. La ricerca sul magnetismo fossile nelle rocce antiche (paleomagnetismo) ad opera dei geofisici P. Blackett e S.K. Runcorn (inglesi) indicò che le originarie posizioni dei poli magnetici terrestri erano cambiate rispetto alla posizione dei continenti. Essi mapparono le tracce della Migrazione dei Poli e mostrarono la posizione del Polo magnetico relativa a ciascun continente nel passato (Fig. 12 b )


 

Fig. 12 b

 

Poiché dai dati raccolti si evince che la direzione dell’asse magnetico terrestre risultava approssimativamente coincidente con l’asse di rotazione, si rilevò che erano stati i continenti che si erano mossi piuttosto che i poli.

Questi nuovi dati convinsero i geofisici a tornare sulla Deriva dei continenti e di converso resero sospettosi molti Geologi. Proprio l’opposto di quello che era successo precedentemente.



02.2 - RICERCHE IN MARE

La novità metodologica fu proprio il concentrarsi delle ricerche in mare e l’abbandono, in un certo senso, dello studio sui continenti dove erano stati recuperati fino a quel momento i dati serviti alla Teoria della Deriva.

Lo sviluppo di nuove tecniche e l’adattamento di quelle precedenti, geologiche e geofisiche, sviluppate nelle Crociere Oceanografiche produsse infatti un gran numero di informazioni sui fondi oceanici soprattutto per merito di M. Ewing  e B.C. Heezen che riconobbero sotto la superficie del mare un sistema continuo di dorsali elevate che fasciava tutta la superficie sommersa (fig. 14). Questa dorsale sottomarina lunga almeno 65.000 Km e larga almeno 1.000 km ricopre un terzo dei fondi oceanici (vedere Approfondimento a: la faccia sommersa della Terra):

Nell’Atlantico, lungo la cresta della dorsale fu ritrovata una zona di frattura (Rift valley) che incide la dorsale con una profondità di qualche chilometro; questa regione centrale si rivelò successivamente come una zona caratterizzata da uno stato di tensione. La valle è aperta verso l’alto e si sviluppa parallelamente alle linee di costa dell’Oceano Atlantico. In termini di deriva dei continenti poteva questa valle profonda rappresentare un’incisione causata dalla rottura e dalla separazione dell’originale Pangea?

Molte linee di evidenza rivelarono che i bacini oceanici erano strutture relativamente recenti della superficie terrestre essendo la loro età misurabile in centinaia di milioni di anni e non in miliardi di anni.



02.3 - IL CALORE INTERNO

Esiste all’interno della Terra una grande riserva di calore prodotto soprattutto dal lento decadimento di elementi radioattivi delle rocce più interne, grazie a questo si crea un continuo flusso di calore verso la superficie (vedere approfondimento B: il motore interno). Questo flusso seppur esiguo può essere misurato anche se con difficoltà e si sa che varia da posto a posto. Nel 1950 E.C. Bullard iniziò la misurazione del flusso di calore nei fondi oceanici a bordo delle navi

Fig.13


oceanografiche. In confronto ad altre regioni dove era stato misurato, il flusso di calore delle creste delle dorsali venne trovato molto alto.


02.4 - PROPAGAZIONE DEL CALORE. LE CELLE CONVETTIVE

Molti geologi riferirono il carattere tensionale (frantumazione) della dorsale e l’alto flusso di calore proveniente dalla Valle Mediana a un qualche genere di risalita di materiale solido caldo proveniente dall’interno della Terra (fig. 14); si suggerì che il materiale eruttato poteva essere all’origine delle dimensioni raggiunte dalla dorsale oceanica. I movimenti di materiali illustrati nella fig. 16 rappresentano una parte di una cella di convezione. Le celle di convezione che si formano in una pentola di liquido denso sono mostrate nella fig. 14.

 

Fig. 14

Riscaldando il fondo della pentola il liquido si riscalda subendo espansioni e diventa meno denso o più leggero del liquido più freddo attorno ad esso, così che esso risale verso l’alto dove è costretto a

 

  

 

                                                                     Fig. 15

 

 

 

 

muoversi lateralmente. Il movimento viene chiamato convezione (uno dei modi di propagazione del calore), il calore viene trasportato verso l’alto dal movimento fisico di un fluido caldo; vicino alla superficie questo fluido diventa più freddo e si contrae diventando più denso o più pesante, dopodiché lo stesso ritorna al fondo per completare la cella convettiva. Nella Terra il moto convettivo come quello illustrato nella fig. 15, si propagherebbe non nel materiale fuso come era stato suggerito nei modelli dell’‘800 ma nel materiale solido come venne indicato per primo dall’inglese A. Holmes nel 1928.

Possiamo  immaginare una  propagazione del calore per convezione come quella della fig. 14 che avviene in un fluido molto viscoso. Le proprietà delle rocce dure e fragili sulla superficie della Terra sono ben note. All’interno della Terra comunque sotto estreme condizioni di alta temperatura e pressione le proprietà delle rocce sono molto differenti. Abbiamo varie prove di esistenza delle alte temperature all’interno della Terra tra le quali la più evidente è l’eruzione della lava caldissima che è una roccia fusa ad una temperatura spesso maggiore di 1000° C.

Un fabbro non è in grado di piegare una barra di acciaio freddo finchè essa non è sottoposta al riscaldamento. Allo stesso modo le rocce all’interno della terra sottoposte ad alte temperature e pressioni possono essere piegate e deformate mentre sono ancora allo stato solido.

La velocità di movimento ricostruibile nella fig. 15 ammonta a circa 1-2 cm all’anno ma il fattore tempo è grandemente differente da quello di fig.14 .Supposta una forza che agisce attraverso lunghi periodi di tempo geologico è molto più facile immaginare rocce calde che si deformano lentamente in modo da procurare trasporto di materiale in una sola direzione: cioè flusso della roccia come indicato in fig. 14. Al contrario uno sforzo applicato molto brusco anche sotto condizioni estreme di pressione e temperature all’interno della terra provocherebbero rottura o frattura delle rocce invece che flusso di materiale duttile (vedi Approfondimento B).



02.5 - ESPANDIMENTO DEI FONDI OCEANICI. LA GEOPOESIA

Intorno al 1960 l’attenzione di molti ricercatori si era concentrata sui bacini oceanici e sulle loro caratteristiche più che sui continenti. In questo nuovo quadro venne formulata l’ipotesi della espansione dei fondi oceanici da H. Hess di Princeton (Fig. 16). In un lavoro scientifico dal titolo “Storia dei bacini Oceanici” presentato oralmente nel 1960 e pubblicato nel 1962, Hess propose che le grandi strutture dei fondi oceanici fossero originate da un processo di convezione all’interno della terra solida (fig. 16). Il magma fuso fuoriuscirebbe dall’interno della terra lungo le dorsali medioceaniche creando nuovo fondale oceanico quest’ultimo tende ad allontanarsi dalla cresta della dorsale attiva e successivamente sprofonda nelle profonde fosse oceaniche.

  

Fig. 16

 

Le dorsali oceaniche corrispondono al ramo di risalita di cella convettiva (Fig. 14a).

La zona di frattura (Rift valley) prodottasi in superficie in corrispondenza del ramo risalente della cella di convezione non continua a crescere (a estendersi) durante il processo di espandimento perché la lava che risale alla superficie solidifica, formando nuovo fondo oceanico, che a sua volta viene spinto lateralmente dal ramo convettivo risalente. La Deriva dei Continenti veniva così riconsiderata da Hess come una diretta conseguenza delle correnti convettive.

Diversi modelli precedenti della Deriva dei Continenti indicavano che i continenti si muovevano sul materiale costituito da un orizzonte simatico (rocce basiche) che poteva equipararsi al materiale costituente il fondo oceanico.

Nel modello di Hess, invece i continenti vengono trasportati passivamente dalle correnti convettive come se si trovassero su un nastro trasportatore. Se guardiamo la Fig. 14b troviamo un’analogia di questo processo quando consideriamo un liquido piuttosto denso che bolle nella pentola e sviluppa una schiuma che galleggia in superficie.

L’azione delle celle convettive, illustrata in Fig. 15 trasporterà la schiuma superficiale lontana dalla zona centrale verso i margini più freddi della pentola dove si produce il ramo discendente della cella convettiva. La schiuma non affonda perché è troppo leggera e tende a galleggiare.

Le celle convettive all’interno della Terra hanno rami discendenti e risalenti proprio come il liquido della pentola della Fig. citata.

La registrazione di continue inversioni di polarità prodotte dal campo magnetico poteva infatti prodursi su porzioni di fondo marino prograssivamente generato da un processo simile a quallo previsto nel 1960 da Hess.

Hess aveva proposto che proprio nei siti dove le celle convettive convergevano con movimenti discendenti, il fondo oceanico più antico (prima formatosi) e che era stato allontanato lateralmente dal processo di espandimento tendeva ad essere spinto verso il basso all’interno della Terra lungo i rami discendenti della cella.

Queste regioni corrispondevano come già detto alle  fosse oceaniche che bordano gli archi di isole e alcuni margini continentali (soprattutto nel Pacifico).

In questo modo il fondo oceanico potrebbe essere rigenerato completamente nell’arco di tempo di 200 o 300 milioni di anni. Era questa la premessa alla complessa teoria della tettonica delle zolle.



02.6 - ANOMALIE MAGNETICHE ED INVERSIONI DI POLARITÀ

Nel 1963 un giovane dottorato di Cambridge, F. Vine, pubblicò, insieme a H. Matthews, un breve articolo in cui veniva data una spiegazione delle anomalie (irregolarità) nei valori del campo magnetico terrestre che erano state registrate nell’Oceano Pacifico qualche anno prima.

Nel lavoro veniva spiegato che le anomalie misurate erano causate dall’effetto prodotto da fasce, diversamente magnetizzate, progressivamente generate dall’espandimento dei fondi oceanici. Queste fasce avevano fossilizzato, secondo gli A.A., anomalie magnetiche dovute alle inversioni periodiche della polarità del campo magnetico terrestre (Fig. 17).

La registrazione di continue inversioni di polarità prodotte dal campo magnetico poteva infatti prodursi su porzioni di fondo marino progressivamente generato da un processo simile a quello previsto nel 1960 da Hess.

 

 

Fig. 17

 

Va precisato che fino a quel momento non si sapeva che il campo magnetico terrestre fosse interessato da inversioni della sua polarità. Né si era pensato che le anomalie magnetiche potessero essere collegate con l’esistenza delle dorsali oceaniche.

Il modello concettuale di Vine e Matthews fu la conferma di questi due fenomeni e trasformò la “geopoesia” di Hess in una teoria rivoluzionaria.

Studiando sequenze di lave magnetizzate presenti in diverse parti della Terra venne confermato che il campo magnetico terrestre subiva inversioni della sua polarità per epoche della durata di poco meno di un milione di anni. Da qui si sviluppò un’intensa ricerca che portò alla costruzione (calibrazione) di una scala cronologica delle inversioni di polarità geomagnetica (A. Cox, R. Doell etc. a Berkeley). Durante il 1966 fu definitivamente confermato che anomalie magnetiche alternativamente positive e negative potevano ritrovarsi in successione durante le misurazioni del campo magnetico terrestre attuale. Queste anomalie erano disposte parallelamente alle creste di molte dorsali sottomarine. Anomalie che Vine aveva dimostrato di essere consistenti con il modello dell’espansione dei fondi oceanici proposto da Hess.

L’importanza di questi sviluppi nella Ricerca divenne più chiara quando in alcuni lavori tra il 1966 e il 1967 furono resi noti i dati su a) età delle inversioni di polarità nelle successioni di lave continentali, b) direzione di magnetizzazione nelle rocce carotate nei fondi oceanici e c) larghezza delle anomalie magnetiche (corrispondenti a fasce dei fondali magnetizzate) parallele alle dorsali mediooceaniche. Queste tre differenti caratteristiche variano con rapporti costanti.

Il fatto che questi rapporti apparissero simili in ogni parte del mondo fu ritenuto una convincente evidenza che l’espandimento dei fondi oceanici era una teoria capace di costruire un quadro di riferimento globale per spiegare e predire i fenomeni geologici e geofisici.

Partendo da questo ed aggiungendo nuovi dati quali le stime precise delle direzioni e di polarità; tassi di movimento di vasti settori del guscio esterno (litosfera) della Terra, si giunse alla formulazione della teoria della tettonica delle zolle che incorporava sia quella sull’ Espandimento dei Fondi Oceanici che la Deriva dei Continenti (1968-1970).

Interessante appare la storia delle tappe dello sviluppo del pensiero e delle relative controversie.



02.7 - FAGLIE TRASFORMI E STUDI SISMOLOGICI.

 

Il fondo oceanico è solcato da grandi zone di fratture, alcune delle quali sono collegate alle dorsali oceaniche (fig. 13).

 Fig. 18

 

Nel 1965 J.T. Wilson (Fig.18), canadese, un geologo con grandi capacità prospettiche, indicò queste fratture con il nome di Faglie Trasformi (fig. 19). Egli chiarì il significato di queste strutture fino ad allora problematiche, inquadrandole nel contesto dell’espandimento dei fondi oceanici. Dimostrò la consistenza tra il significato da lui attribuito a queste zone di faglia e alle dorsali e la distribuzione globale dei terremoti pubblicata nel 1956 e nel 1963 da Ewing, Heezen e Sykes (Fig. 20). Questi argomenti vengono approfonditi nel paragrafo “Approfondimento F”.

 

   

 

Fig. 19

 

 

  

Fig. 20

 

Dopo la pubblicazione da parte di Wilson del significato delle faglie trasformi, Sykes ed altri completarono le informazioni sulla distribuzione dei terremoti e confermarono ulteriolmente la validità delle ipotesi di Wilson. Inoltre J. Oliver and B. Isacks studiarono i terremoti registrati lungo le zone delle fosse dove Hess aveva previsto che avvenisse l’inserimento (e l’inghiottimento) del fondo oceanico verso l’interno della terra. Nel 1968 Oliver, Sykes e Isacks pubblicarono una revisione di tutti i dati dei terremoti registrati nel mondo che provarono e confermarono i concetti dell’espansione dei fondi oceanici e della tettonica globale.

 



02.8 - TETTONICA DELLE ZOLLE

 

Il concetto di tettonica delle zolle può essere ben illustrato dalla Fig. 21-22.: la superficie della terra è coperta da un esiguo numero di zolle relativamente sottili, a forma di guscio, costituite da rocce rigide che si muovono sulla superficie della terra.

 
Fig. 21

 

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Fig. 22

 

Il fatto che le zolle sono rigide implica che, se si muove una parte, tutta la zolla si deve muovere come una sola unità.

Queste zone hanno dei limiti che molto frequentemente non corrispondono a limiti di separazione tra continenti ed oceani ma piuttosto a zone allungate caratterizzate dalla presenza di terremoti e di vulcani (zone attive della terra, Fig. 20). I dati sulla costituzione dell’interno della terra (vedi approfondimento sull'Interno della Terra) indicano che le zolle fatte di rocce rigide e relativamente fredde chiamate litosferiche sono spesse più di 100 Km sotto i continenti, e molto più sottili sotto gli oceani. Al di sotto della litosfera (Fig. 21) vi è lo strato astenosferico con uno spessore di almeno 200 Km e ancora verso l’interno la mesosfera. L’astenosfera è una zona di debolezza in cui si può realizzare una fusione parziale e quindi flusso di materiale.

È proprio in questo strato astenosferico che generalmente vengono collocati i movimenti convettivi da alcuni teorici della tettonica globale; in contrasto con l’ipotesi di Hess che faceva arrivare la parte superiore della cella fino  quasi al fondale oceanico.

Il limite tra Astenosfera e Litosfera è originato da un cambio nelle proprietà delle rocce  in funzione di un aumento in temperatura e pressione con la profondità. La litosfera più fredda è più resistente mentre l’astenosfera che ha raggiunto quasi la sua temperatura di fusione, appare caratterizzata da maggiore debolezza.  

 

Fig. 23

 

Gli aspetti dinamici (geodinamica) della tettonica delle zolle  sono illustrate nella Fig. 21-22.

L’espandimento dei fondi oceanici nella regione delle dorsali è causato da a) risalita convettiva nella astenosfera; b) trasporto della litosfera con allontanamento reciproco delle dorsali come su un nastro trasportatore con formazione di terremoti distensivi e rift valley; c) generazione di nuova litosfera che si inserisce tra quella trasportata.

Durante questo processo la lava viene eruttata vicino o lungo la valle mediana che successivamente solidifica per produrre nuova crosta oceanica.

La generazione di nuova litosfera sposta la vecchia litosfera; essendo le zolle litosferiche rigide, l’intera zolla oceanica deve migrare lontano dalle dorsali. Ovviamente questo processo non può procedere per molto a meno che la terra non sia in espansione (fenomeno che è provato non avvenire) o che la vecchia litosfera non venga distrutta o inghiottita in qualche luogo. Questo luogo, le fosse oceaniche, è illustrato nella Fig. 22 dove 2 zolle che si muovono in direzione opposta collidono ( vedi margine occidentale Sud Americano) una delle zolle è spinta a discendere verso l’interno della Terra dove viene lentamente riscaldata e progressivamente assimilata nel materiale circostante. Le rocce continentali sono più leggere di altre rocce così i continenti non possono affondare (subdurre) proprio come la schiuma del liquido in ebollizione.

 

 

    

Fig. 24

 

Perciò è la zolla litosferica oceanica che discende al di sotto della zolla continentale (Fig. 22).

Lungo la fascia dove la litosfera si curva per sottoscorrere verso l’interno si produce un taglio profondo nel fondo oceanico (fossa oceanica). La litosfera fredda che sottoscorre forma il braccio discendente del sistema convettivo che bilancia il ramo risalente associato con l’espansione dei fondi oceanici.

I margini della litosfera discendente sono riscaldati per frizione contro i materiali circostanti con un aumento della temperatura tale da causare fusione parziale nella zolla.

Il materiale fuso risale verso la superficie dove viene eruttato dai vulcani tipici delle catene del tipo Ande e degli archi di isole come le isole del Giappone.

 



02.8a - APPROFONDIMENTI A

La faccia sommersa della Terra

 

Le due maggiori caratteristiche della faccia della terra sono gli oceani e i continenti. Secondo le ultime rivoluzionarie scoperte, il 60% della superficie della Terra (corrispondente agli attuali bacini oceanici) si è formato negli ultimi 200 M.a. (circa il 5% della durata geologica).

 

Al contrario i continenti sono costituiti da rocce formatesi in tempi assai più remoti. 

 

 
Fig. 25:

 

 

La naturale linea di separazione tra continenti ed oceani dovrebbe essere la linea di costa, ma in realtà le rocce e le strutture che caratterizzano i continenti non si interrompono alla linea di costa ma si prolungano nella così detta piattaforma continentale. Infatti le differenze tra continenti e fondi oceanici dipendono dalle caratteristiche litologiche della loro crosta. I continenti sono essenzialmente costituiti da graniti ed i fondi oceanici da basalti.

 

  

Fig. 26

 

  

La curva ipsografica illustra i rapporti tra terra e mare e dimostra che il mare non copre solamente i fondi a crosta oceanica, ma anche settori sommersi costituiti da crosta continentale.

 

  

Fig. 27

 

 

Queste parti, oggi ricoperte dal mare, emerso durante l’ultima glaciazione vennero a giorno, poiché grosse quantità di acqua si trasformarono in ghiaccio, col conseguente abbassamento del livello del mare. Questo fenomeno si può evidenziare meglio considerando la curva ipsografica.


Oceani

 

Le ricerche degli ultimi decenni hanno prodotto una straordinaria conoscenza sulla parte della crosta terrestre coperta dalla colonna d’acqua.

La colonna d’acqua può essere divisa in 3 sfere concentriche sulla base delle variazioni di temperatura e densità. Le temperatura, che generalmente diminuiscono con la profondità, la maggiore diminuzione avviene nella parte alta della colonna.

Nelle basse latitudini le temperature sono di circa 20°C in superficie 8°C a circa 500 m, 5°C a 1000 m e 2°C a 4000 m.

Esiste intorno ai 200 m di profondità una lente di acque calde che galleggia su un immenso volume di acque fredde, salate (la zona di acque profonde e fredde).

  

Le due sfere di acque calde e fredde sono separate da una zona in cui si ha un cambiamento rapido della temperatura (termoclino) e la densità (pycnoclino). Il termoclino permanente: le ultime centinaia di metri rappresentano strati misti in cui si sviluppano termoclini stagionali.

 

Morfologia degli Oceani

 

Grazie al sistematico rilevamento topografico e morfologico dei fondali marini e mediante l’uso dei metodi sismo-acustici è stato possibile costruire carte batimetriche e differenziare varie zone con specifiche caratteristiche, tra le quali vanno particolarmente ricordate i margini continentali, i fondi oceanici le dorsali medio-oceaniche.


  

Fig. 29

 


Margini continentali

 

Le aree che si estendono dal limite dei continenti verso la zona di piana batiale degli oceani sono indicate con il termine di margine continentale. Lo studio della struttura geologica dei margini (piattaforma-scarpata) dimostra che essi sono costituiti da crosta continentale.

Nei margini continentali si riconoscono due fasce :

a)   piattaforma continentale, sino a – 200 m sotto il livello del mare che costituisce sino al 12% della crosta terrestre, ed ha una pendenza di 0° 07’. La piattaforma continentale attuale rappresenta quella parte del continente che nell’età preglaciale fu resa pianeggiante dall’azione delle onde, e più tardi venne ricoperta dal mare. Durante l’ultima glaciazione è rimasta allo scoperto: quando il clima divenne più caldo, i ghiacciai si fusero e il livello del mare si innalzò. Le piattaforme continentali sono aree di importante sfruttamento del mare, dalla pesca alle ricerche petrolifere.

 

  

Fig. 30

 

 

  

 

Fig. 31

 

Dei tre principali bacini oceanici solo l’Atlantico e l’Indiano hanno delle piattaforme continentali ben sviluppate. Nel Pacifico esse mancano e quando sono presenti sono strette e mal definite.

 

  

Fig. 32

 

b) scarpata continentale, profonda fino a 3000 m. Durante l’ultima era glaciale, finita soltanto 10.000 anni fa, quantità considerevoli di acqua di mare si sono congelate in estese calotte polari, e di conseguenza il livello del mare si è abbassato in media di 10 m. rispetto al livello attuale.

 

  

Fig. 33

 

Piane abissali

 

Le aree pianeggianti, cui si dà il nome di piane abissali sono ricoperte da fanghi, spessi talvolta decine di metri, costituiti da resti di piccoli organismi planctonici, i cui scheletri sono caduti al fondo. Questa pioggia di resti organici ha lo stesso effetto delle correnti di torbida, cioè quello di ricoprire le irregolarità del fondo oceanico.

Gran parte delle asperità dei fondali vengono drappeggiate dalle frazioni fini dei sedimenti trasportati e depositati dalle correnti di torbida (Oceano Atlantico) e da sedimenti pelagici del tipo prima descritto (Oceani Pacifico ed Indiano).

 

 

Seamount

 

Sono colline vulcaniche che si sollevano dai livelli dei fondi oceanici. Strutture del genere sono le isole oceaniche come le Azzorre, le Isole di Capo Verde, Sant’Elena.

Molte di queste protuberanze sono coniche e per la loro somiglianza ai vulcani terrestri, vengono chiamate montagne sottomarine. I seamount vengono spesso livellati dall’azione delle onde che rendono pianeggianti le loro cime. Ad essi è stato dato il nome di guyot.

 

 

 

 

Fig. 34

Dorsali medio-oceaniche

 

Le dorsali oceaniche sono grandi catene montuose che sorgono nelle regioni mediane degli Oceani.

 

  

Fig. 35

 

Esse si estendono per 60.000 km attorno alla terra. Quella più conosciuta è la dorsale medio-atlantica che si estende nel mezzo dell’Atlantico, dividendo il fondo oceanico in 2 parti simmetriche. Essa gira attorno al Sud Africa, per risalire verso nord lungo l’Oceano Indiano (qui chiamata dorsale di Carlsberg). La dorsale atlantica è larga in media 1000 - 1500 km ed ogni cima si innalza generalmente di 3000 m dal fondo del mare. Le dorsali oceaniche sono caratterizzate da profonde spaccature e fenditure che corrono giù per l’asse della zona centrale più elevata (fosse tettoniche mediane). 

La parte più elevata della dorsale e la fossa tettonica mediana sono formate da rocce basaltiche, con pochi sedimenti nella valle. La zona intermedia pianeggiante è ricoperta da sedimenti derivati dall’erosione sottomarina a spese del cono centrale sollevato.

Poiché le dorsali sono composte da materiale basaltico, è chiaro che sono prodotte per estrusioni laviche, che possibilmente hanno trovato la via per venire in superficie attraverso le fratture formatesi nella fossa mediana. La dorsale non è continua perché appare interrotta da zone di frattura. Vedremo successivamente il significato di queste fratture.

 

Fosse Oceaniche ed Archi Vulcanici (Fig. 34)

 

Le piattaforme continentali sono generalmente assenti là dove nell’immediato retroterra vi sono allineamenti non solo di montagne (dovute a recente attività orogenetica), ma anche di vulcani attivi (archi di isole).

In queste aree la piattaforma e la scarpata sono spesso sostituite da profonde depressioni (fosse oceaniche) che si estendono tutto attorno e grosso modo parallelamente alla costa. Sia le fosse che le terre a ridosso si trovano all’interno di una zona altamente sismica dove gli ipocentri dei terremoti registrati diventano più profondi spostandosi dal mare al continente.

Le isole vulcaniche vicino alle coste del Pacifico vengono erose e i detriti risultanti sono trasportati dai fiumi al mare. E’ perciò strano che le fosse oceaniche situate ad Est del Giappone non sembrano contenere in nessun luogo quantità di sedimenti come richiederebbe la vasta erosione terrestre. Vedremo successivamente quali sono le motivazioni.

Le fosse hanno un particolare significato geodinamico che verrà approfondito nel quadro della Tettonica globale.

 

La crosta oceanica

L’ipotesi dell’espansione dei fondi oceanici documenta la storia dell’attuale litosfera oceanica a partire dal Giurassico inferiore; lungo la dorsale medi oceanica viene prodotta nuova litosfera oceanica e si mette in posto la litosfera più antica; le inversioni di polarità magnetica registrate dalle rocce ignee formatesi durante questo processo ci permettono di seguire e ricostruire la storia di un oceano in espansione.

Una conferma di queste ipotesi è venuta fuori con i  dati del programma di perforazione JOIDES. L’età dei sedimenti sovrastanti quella che si ritiene essere la più recente ed importate effusione di basalti è stata prevista  dalla teoria con notevole precisione. E’ anche vero però che sono stati incontrati livelli sedimentari intercalati con questi basalti, ma la loro età in ogni caso è più antica di quella delle rocce vulcaniche in cui sono compresse. Carte dell’età dell’espansione dei fondi oceanici sono state pubblicate da Pitman et al., (1974), Heezen e Fornari (1976) e Larsen e Pitman (1984). Queste carte sono state redatte sulla base delle bande magnetiche che registrano fasi di accrescimento relativamente ordinato di rocce ignee in un regime tettonico predominantemente distensivo. Le diverse ricostruzioni basate sulla corrispondenza delle bande magnetiche sono di aiuto nel determinare la forma, la posizione e l’età dei margini distensivi delle zolle.



02.8b - APPROFONDIMENTO B

Il Motore interno: il calore

 

Introduzione

 

I processi che osserviamo sulla superficie della terra, cioè erosione, trasporto e deposizione sono continui, ma non potrebbero continuare indefinitamente. Se non ci fosse qualcosa che aggiunge energia al sistema, essi gradualmente diminuirebbero fino a finire. Se ad esempio la deriva dei continenti ed il vulcanesimo cessassero improvvisamente si verrebbe a formare un uniforme mondo stagnante, con poca terra piatta o monotona, senza colline, valli o fiumi al di sopra del livello del mare. Così che ci deve essere un motore che agisca all’interno della Terra permettendo di tenere sempre vivo il ciclo di distruzione-costruzione. Il motore interno della terra è azionato da una fonte di energia che guida i processi interni; ad esempio la costruzione di una catena di montagne non si potrebbe realizzare senza un grosso apporto di energia; e allora da dove viene tutta questa energia? 


 

Fig. 36

 

E’ pensabile che questa energia venga da una sorgente di calore. Da dove viene questo calore? Non dal sole perché la maggior parte delle radiazioni solari sono riflesse nello spazio. Quindi non resta che cercare le sorgenti di calore all’interno della terra. Il calore potrebbe essere generato da 1) reazioni nucleari e/o 2) dal calore residuo derivante da fenomeni di differenziazione magmatica originaria.  Si ipotizza infatti che una considerevole quantità di energia potrebbe essere rimasta sotto forma di calore nella separazione del mantello dal nucleo. Questo viene dedotto quando si considera la potente differenza tra la forza di gravità ipotizzabile per una terra uniforme e quella realmente calcolata. La quantità di calore così liberato viene però ritenuta sufficiente. Quindi viene preso in considerazione l’ipotesi delle reazioni nucleari si sa che tutte le rocce continentali contengono materiale radioattivo (nucleoli radioattivi come Ra238) che emette particelle ad altissime velocità che urtano contro gli atomi circostanti. Quando questo accade la loro energia cinetica viene trasformata in calore. Questo tipo di energia sarebbe la più importante sorgente di calore che proviene dall’interno della terra.

Come si propaga il calore attraverso la Terra?

 

 

 

Gradiente geotermico e flusso di calore

 

Dalla Fisica sappiamo che esistono tre modalità di trasmissione del calore (flusso di calore): conduzione, convenzione e irraggiamento.

Un flusso di calore per conduzione impiega molto tempo per passare dal centro della terra alla superficie avendo le rocce una cattiva conducibilità termica (capacità di condurre il calore). Altrettanto improbabile è la trasmissione per irraggiamento essendo le rocce fatte di minerali che risultano opachi. La modalità di trasmissione del calore per convezione risulta la più efficace e determinante in geologia, dal momento che la circolazione riduce il trasporto di materia calda.

La convezione è il meccanismo di trasferimento del calore che è tipico dei fluidi (esempio noto l’acqua che bolle in pentola). Nella distribuzione del calore nella terra si instaura un ciclo convettivo detto cella convettiva che non riguarda solo i fluidi ma anche i solidi quando si comportano da fluidi. Malgrado la sua conclamata rigidità è accettata una distribuzione convettiva del calore anche nel mantello.

Proposta da Holmes nel 1929 come il possibile meccanismo della deriva continentale la convezione è oggi ritenuta possibile in particolare nella fascia esterna del mantello indicata come Astenosfera.

 

L’esistenza dell’astenosfera con la sua zona a bassa velocità (LVZ) è fondamentale per lo sviluppo della teoria della tettonica delle zolle.

La formazione della LVZ sarebbe dovuta alla fusione parziale del mantello superiore (meno del 3%) ed è dipendente dal gradiente geotermico, o distribuzione delle variazioni del calore interno della Terra.

Il gradiente geotermico mostra un aumento di temperatura con la profondità ed è illustrato nella fig.  che raffigura la curva del gradiente geotermico terrestre insieme a quella di fusione del materiale del mantello. Anche se non si ha parziale fusione, il modulo di taglio del mantello è significativamente basso in questa regione, come dimostrano la netta caduta di Vs e la riduzione della rigidità di questa parte del mantello.

 

 

Il flusso di calore corrisponde alla quantità di calore emesso dalla terra nell’unità di superficie e di tempo ed il suo valore varia localmente.

La distribuzione dei valori del flusso di calore ha una diretta corrispondenza con l’assetto geodinamico di specifiche regioni. I bacini oceanici e le regioni cratoniche continentali, ritenute in uno stato di equilibrio termico, hanno valori di flusso di calore (HFU = Heat Flow Unit) piuttosto bassi, dell’ordine di 1 HFU (65 Mw/M2). Le dorsali medioceaniche e le fasce orogeniche di età post-paleozoica sono invece aree con elevato flusso di calore. Gli archi di isole vulcaniche (nella parte che guarda verso gli oceani) e gli archi vulcanici del margine continentale sono caratterizzati da valori di flusso di calore tra i più bassi mentre gli archi magmatici giustapposti a queste regioni hanno valori molto alti.

 

 

  

Fig. 37

 

 

 

gradiente geotermico. La temperatura della Terra aumenta con la profondità. Il gradiente geotermico misura l’aumento della temperatura di 3° ogni 100 m verso l’interno (100° / 3000 metri di profondità). Questo valore varia notevolmente a secondo delle aree. In ogni caso il gradiente geotermico non resta costante con la profondità perché altrimenti si dovrebbero prevedere per l’interno della Terra valori dell’ordine di milioni di gradi incompatibili con le nostre conoscenze. Per cui è stata costruita una curva dell’andamento della temperatura con la profondità chiamata geoterma basandosi sui modelli della struttura interna della Terra.

 

  

Fig. 38a

 

 

   

  

Fig. 38b

 

Il calore che si trasmette nella terra è dunque come già detto il motore principale di tutta la storia geologica attraverso i tempi geologici.




02.8c - APPROFONDIMENTO C

Interno della Terra e sue divisioni

 

La terra pu¨° essere divisa in inviluppi concentrici distinti in base alle loro caratteristiche composizionali e/o meccaniche (vedi figura).

 
 

 

Fig. 39

 

Divisione Composizionale basata sulla composizione chimico-mineralogica

 

  1. Crosta, variabile sia nella composizione che nello spessore.

Crosta oceanica: costituita da rocce essenzialmente basaltiche e gabbriche ricoperte da uno strato sottile di sedimenti per la gran parte pelagici o emipelagici; la crosta oceanica ha uno spessore di 4¨C 10 Km e una densit¨¤ media di circa 2,9 g/cm 3. Essa consta di tre parti (gli strati 1, 2, 3 dei geofisici), di cui quella superiore ¨¨ formata da sedimenti con uno spessore medio attorno ad un Km; essi poggiano su un insieme di lave basaltiche (spessore 1.5  ¡Â 2 Km), a loro volta riposanti su un involucro pi¨´ spesso (fino a 5 Km) costituito da rocce intrusive (gabbri) massicce alla base e in filoni verso la sommit¨¤.

 

                               

 

                                                                                                   

Fig. 40                                                                                          Fig. 41

 

Crosta continentale: ha uno spessore di 30 ¨C 70 Km ed ¨¨ divisa in due strati dalla discontinuit¨¤ di Conrad;

 Crosta continentale superiore; ha uno spessore di 20 ¨C 25 Km ed una densit¨¤ media di 2,5 ¨C 2,7 g/cm 3 , ed ¨¨ costituita da rocce plutoniche di tipo granitico e da metamorfiti silicatiche con sottili coperture di rocce sedimentarie.

 Crosta continentale inferiore: ha una densit¨¤ di circa 2,8 g/cm 3 ed ¨¨ costituita da rocce di tipo gabbrico. In varie situazioni tettoniche si rinviene un tipo di crosta con spessori ridotti e propriet¨¤ fisiche intermedie tra quelle proprie della crosta continentale e di quella oceanica (crosta continentale assottigliata). Questo tipo di crosta gioca a volte un ruolo importante per lo sviluppo di alcuni bacini sedimentari distensivi.

 

Mantello: si divide in due strati separati da un limite di transizione.

 Mantello superiore: ¨¨ costituito da peridotiti o da eclogiti con densit¨¤ di 3,3 ¨C 3,4 g/cm3 . Il limite superiore coincide con la discontinuit¨¤ di Mohorovicic a profondit¨¤ comprese tra 4 e 70 Km. Il margine inferiore del mantello superiore si troverebbe ad una profondit¨¤ di circa 680 ¡À 20 Km.

 Mantello inferiore: ha probabilmente la stessa composizione del mantello superiore ma in una fase differente. La densit¨¤ (i cui valori medi sono attorno a 4 g/cm3 ) varia tra i 3,3 g/cm3 della zona alta (680 ¡À 20 Km) e i 5,6 g/cm3 della zona profonda (2900 Km).

 

Nucleo: ¨¨ diviso in due strati; un nucleo liquido esterno ed un nucleo solido interno, ambedue caratterizzati, dal punto di vista composizionale, da ferro e nichel. Il limite superiore si trova a 2900 Km di profondit¨¤ (il centro della Terra ¨¨ a circa 6370 Km).

Le divisioni meccaniche o reologiche all¡¯interno della Terra non corrispondono generalmente alle divisioni composizionali dedotte indirettamente. Le divisioni reologiche sono definite, con una certa approssimazione, grazie a modelli basati sulle propriet¨¤ sismiche della Terra derivate dallo studio delle onde sismiche.

 

 

Le divisioni reologiche dell¡¯interno della Terra

 

Litosfera: La crosta e la parte superiore del mantello (detta lid) bench¨¦ separate dalla discontinuit¨¤ di Moho formano un guscio rigido chiamato Litosfera che ¨¨ caratterizzato da uno spessore di circa 80¨C150 Km. Il suo limite inferiore ¨¨ mal definito soprattutto al di sotto dei continenti. L¡¯individuazione della base della litosfera dipende dal criterio usato per la sua stessa definizione.

La velocit¨¤ di propagazione delle onde Vs e Vp in questa parte subisce un aumento con la profondit¨¤ secondo una curva a gradino e permette di riconoscere nella litosfera i limiti delle superfici di Conrad e di Moho rispettivamente all¡¯interno della crosta continentale e al limite del mantello superiore. La porzione inferiore della litosfera (il lid) sembra invece avere la medesima composizione ovunque. In prima approssimazione, si ritiene anzi che tutto il mantello, di cui il lid rappresenta la parte pi¨´ esterna, abbia la stessa composizione corrispondente a quella di una roccia intrusiva ultrabasica, la peridotite, formata essenzialmente dal minerale detto olivina, per il suo colore verde scuro. Attorno ai 100 Km di profondit¨¤ la velocit¨¤ delle onde sismiche dapprima diminuisce, poi torna a crescere, delimitando una zona che i geofisici chiamano ¡°strato a bassa velocit¨¤¡± (LVL), corrispondente all¡¯astenosfera, nella quale la peridotite sarebbe presente in parte allo stato fuso.

 

Astenosfera: ¨¨ una regione meno rigida della soprastante litosfera e subisce deformazioni dovute a flusso di materia. Il limite inferiore ¨¨ mal definito ma probabilmente non ¨¨ pi¨´ profondo di 350 ¡À 30 Km. Il limite superiore corrisponde alla zona a bassa velocit¨¤ (LVZ) caratterizzata da un abbassamento significativo sia di Vp che di Vs. La caduta di velocit¨¤ in Vs ¨¨ maggiore che quella in Vp ed ¨¨ generalmente riconosciuta come indicativa della presenza di parti fuse (meno del 3%) nella zona a bassa velocit¨¤

 

Mesosfera: costituisce la rimanente parte del mantello, fino al nucleo.

 

 

  

Fig. 42



  

Fig. 43

 

 

 

 

 Finestra 1:  RISCHIO SISMICO

 

Onde sismiche e loro caratteri

 

L'energia impartita da un sasso che cade sulla superficie tranquilla di uno stagno viene trasmessa da cerchi concentrici di onde. allo stesso modo l'energia che si libera durante un terremoto viene diffusa attraverso le rocce circostanti mediante onde sismiche.

 

    

Fig. 44                                                           Fig.  45


Onde che attraversano l¡¯interno della Terra
:

 

- onde P (principali, di dilatazione)

Vp = ¡Ì (L+2G)/C

- onde S (secondarie, di distorsione)

Vs = ¡Ì G/C

in cui L ¨¨ la costante di Lam¨¨, G il modulo di taglio e C la densit¨¤.

 

Una diminuzione del modulo di taglio provocher¨¤ una diminuzione della velocit¨¤ delle onde P ed S. Il modulo di taglio (G) che ¨¨ 0 per un fluido newtoniano ¨¨ molto basso per fluidi non newtoniani o materiali parzialmente allo stato fluido.

 

Onde superficiali (o lunghe): le caratteristiche di dispersione delle fasi di treni d¡¯onda permettono di fare delle valutazioni sui caratteri reologici degli strati a differenti profondità

 

 

 

 

Lo strumento che registra queste onde, la loro intensità e durata è il sismografo.

 

Secondo la teoria dell'elasticità, in ogni corpo solido possono propagarsi due tipi di onde indipendenti tra loro, rispettivamente longitudinali (P) e trasversali (S). Le prime si propagano per compressioni e dilatazioni successive (variazioni di volume) e sono caratterizzate dal fatto che le particelle vibrano nella direzione della propagazione. Nelle onde trasversali o secundae invece le vibrazioni delle particelle si verificano in piani perpendicolari alla direzione di propagazione.

 

 
Fig. 46

La velocit¨¤ delle onde sismiche dipende dalla densit¨¤ del materiale attraversato e da coefficienti di elasticit¨¤ diversi per ciascuno dei due tipi di onde. Le onde longitudinali sono pi¨´ veloci e, pur partendo dall¡¯ipocentro del sisma assieme a quelle trasversali, vengono registrate nel sismogramma come onde prime o onde P. Dopo un certo tempo, che ¨¨ proporzionale alla distanza percorsa, arrivano le onde trasversali, dette appunto onde seconde o onde S.

 

 

  

Fig. 47

 

 Un terzo gruppo di onde, che hanno la massima ampiezza, arrivano per ultime al sismografo; queste onde, relativamente lente, si propagano soltanto sulla superficie terrestre, allo stesso modo delle onde del mare, e vengono dette onde lunghe, superficiali o onde L.

Quando l'epicentro del terremoto si trova in mare le onde superficiali sono costituite da colossali ondate d'acqua, alte più di 200 metri. Si ha il cosiddetto maremoto, che può distruggere ogni cosa sulle coste di vastissime regioni.

 

 

 

 

I Terremoti

 

Sono la testimonianza di continui movimenti dell'interno della Terra. Questi movimenti o scuotimenti portano alla rottura con spostamento delle masse rocciose presenti nella litosfera.

Gli scuotimenti corrispondono a rapide oscillazioni del terreno e a rotture dovute alla brusca liberazione dell'energia elastica accumulata in una zona del sottosuolo.

  

Fig. 48

Come si riconoscono

 

In ragione della loro violenza si va dai terremoti percepiti dai sismografi a quelli fortissimi con effetti devastanti. L'energia che genera il terremoto si propaga in tutte le direzioni mediante onde elastiche (sismiche) che attraversano la roccia circostante e vengono registrate al suolo dai sismografi. L'energia si propaga a partire da una zona profonda della Terra considerata puntiforme che viene chiamata ipocentro; il punto della superficie situtato sulla verticale dell'ipocentro si chiama epicentro .

 

  

Fig. 49

La sismologia (branca della Geofisica) studia i terremoti e l'interno della terra sulla base della propagazione delle onde sismiche generate dai terremoti. Le onde sismiche, come i raggi luminosi, subiscono deviazioni nel passare attraverso materiali di diversa densità. Se la densità del materiale varia progressivamente con la profondità le traiettorie sono curve, mentre quando le onde incontrano obliquamente le superfici che separano mezzi di densità differente, esse subiscono rifrazioni e riflessioni.

                                         

Fig. 50                                                                                          Fig. 51

 

Dei terremoti si misurano l'INTENSITA' e la MAGNITUDO. Fin dall'antichità l'intensità è stata valutata sulla base dei danni arrecati ai manufatti (costruzioni). Esiste una scala, detta di Mercalli, chiamata anche Mercalli modificata in cui si riconoscono 12 gradi che vanno dal  1¡ã non percepito dalle persone al 12¡ã cui corrisponde la distruzione pressochè totale.

L'energia rilasciata durante il terremoto viene misurata con la scala Richter; poiché l'energia non si può misurare direttamente si misura la Magnitudo legata indirettamente all'energia perché si basa su osservazioni strumentali (misure dello spostamento subito dal terreno).

 Ogni anno si registrano 800 mila tremori non avvertiti dalla gente. L'Italia è una regione sismica intensamente colpite con morti e distruzioni (vedi il terremoto di Messina del 1908 e quello della Sicilia del 1968 e della Campania del 1980).

 

Come avvengono i terremoti

 

Normalmente il terremoto è provocato dallo scorrimento di masse rocciose lungo una frattura (faglia). In corrispondenza della faglia si ha un movimento reciproco dei due blocchi da essa separati. Tale movimento è la causa del terremoto.

  

Fig. 52

 

Quando un materiale solido viene compresso o stirato si deforma con modalità che dipendono dalle caratteristiche del solido stesso. Sono materiali elastici quelli in cui la forza applicata è proporzionale alla deformazione che essi subiscono. Per esempio, se vogliamo allungare un elastico occorre tirare con una certa forza e più tiriamo più l'elastico si allunga; questo elastico allungato indefinitamente ad un certo punto si rompe. Nell¡¯istante della rottura lo sforzo (tensione o compressione) a cui era sottoposto l'elastico ritorna di colpo a zero cioé si ha la liberazione dell'energia accumulata durante lo sforzo (teoria del ritorno elastico).

Quando un blocco crostale è sottoposto a sforzi si comporta elasticamente; anziché fratturarsi subito esso si deforma lentamente, ma nel contempo immagazzina energia elastica.

 

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Fig. 53

 

Continuando lo sforzo, l'energia accumulata supera il punto critico (limite elastico) e le rocce si spaccano improvvisamente; l'energia elastica, che si era andata accumulando per decine o centinaia d'anni, si libera altrettanto improvvisamente sotto forma di intense vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni.

Più ravvicinati sono i terremoti e minore sarà l'energia elastica accumulata, quindi abbastanza innocue le scosse. Ma più lungo è l'intervallo di tempo (50, 100, 200 anni) pi¨´ grande e disastroso sarà il sisma che ci aspetta perchè grande sarà nel frattempo l'energia accumulata.

 

Previsione e controllo dei terremoti. Rischio sismico

 

In molti paesi (USA, Russia, Giappone, Cina) si stanno approntando tecniche e strumenti sofisticati, onde segnalare eventuali indizi premonitori di un sisma. Quali ad es. leggeri sollevamenti del suolo, piccole scosse e tremori, comportamento degli animali (topi, cavalli, maiali in particolare). Ma ¨¨ assai dubbio che si possa arrivare a prevedere il momento preciso e il luogo esatto di un sisma (Previsione). E perci¨° essenziale che si attui, con leggi appropriate, uno stretto controllo su edifici e su altre costruzioni o impianti delle aree sismiche (Prevenzione).

Occorre infine che i finanziamenti, per ricerche riguardanti previsioni e controllo dei terremoti (ad esempio un¡¯aggiornata carta del rischio sismico), vengano erogati e mantenuti a livelli sufficienti.