APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

08 - BLOCCO SARDO-CORSO

La Sardegna e gran parte della Corsica collocate ad ovest del Tirreno formano un gran blocco che è stato spesso ritenuto come una microzolla o microcontinente.

La rotazione che ha permesso alla Sardegna di raggiungere la sua attuale posizione è avvenuta tra l’Oligocene ed il Miocene (Argand 1924). I dati paleomagnetici, suggeriscono una rotazione in senso antiorario di almeno 30 della Sardegna rispetto °all’Europa durante l’Oligocene e il Miocene inferiore. Infatti la Sardegna, dal punto di vista geologico apparteneva in gran parte al foreland europeo della catena alpina, essendo insieme alla Corsica un’estensione del gruppo Maures Esterel e Montagna Nera nella Francia meridionale.

Gran parte della Sardegna è formata da rocce Paleozoiche deformate durante la fase Caledoniana ed Ercinica e quindi peneplanata  e coperta da terreni mesozoici e terziari in gran parte non deformati. Le rocce Paleozoiche vanno dal basso Cambriano al basso Carbonifero e sono rispettivamente carbonati, argille ed arenarie.

Queste rocce sono state sottoposte ad un metamorfismo regionale che ha debolmente modificato la parte meridionale dell’isola, mentre verso nord i terreni passano a micascisti e gneiss per passare a graniti magmatici anatettici, ed inoltre durante le tarde fasi erciniche furono messe in posto numerose intrusioni granitiche accompagnate da dicchi. In conclusione la Sardegna può essere considerata come una parte del foreland europeo strappata dal continente con un meccanismo di tipo di bacino di retroarco durante la subduzione che portò alla deformazione del margine europeo della Tetide durante il Terziario.

 
Fig. 8.1

 

Nel “blocco Sardo-Corso” nella Corsica si possono riconoscere da un lato un’area a nord-est che appartiene al sistema alpino (la Corsica “alpina”) e che può  essere considerata come il naturale prolungamento delle Alpi occidentali; dall’altro lato c’è un dominio ad ovest e sud-ovest (Sardegna e il cosiddetto basamento “granitico” o “varisico”).

L’antico blocco extra-alpino quindi comprende la Sardegna  e la Corsica occidentale granitica. In quest’ultima, così come nella Sardegna nord-orientale, dominano i graniti e le rocce metamorfiche. Nel sud della Sardegna, invece affiorano più estesamente gli strati sedimentari paleozoici, che sono debolmente (o non) metamorfosati. L’esistenza del precambriano resta problematica. Dal Cambriano al Devoniano (e probabilmente fino al Carbonifero inf.) i depositi sono marini ma con facies differenti su entrambi i lati del Graben del Campidano. Secondo alcuni autori questo è il risultato dell’esistenza di due distinti bacini paleozoici marini; secondo altri queste differenze di facies, così come le differenze nello stile tettonico e nella direzione delle strutture sono il risultano dell’esistenza di una grande ed antica faglia trascorrente situata nell’area dell’attuale Graben del Campidano.

Il Cambriano è noto soltanto nella Sardegna sud-occidentale (Iglesiente, Sulcis) seguito in discordanza dall’ordoviciano (fase sarda con un piegamento piuttosto debole). Le opinioni dei vari autori differiscono di nuovo per quanto riguarda sia l’importanza , sia la stessa esistenza della fase orogenica caledoniana in Sardegns. Molti autori attribuiscono le ampie pieghe e i sovrascorrimenti nella Sardegna orientale, le pieghe dell’Iglesiente e il metamorfismo della Sardegna nord-orientale all’orogenesi varisica o ercinica.

Nella Corsica granitica o varisica i graniti dominano fortemente rispetto alle rocce sedimentarie metamorfosate. La fase sarda, tra il cambriano e l’ordoviciano, è stata relativamente debole ed è nota soltanto chiaramente nella Sardegna sud-occ. (Iglesiente), l’orogenesi caledoniana  è probabile sia in Corsica che in Sardegna, ma la sua importanza e perfino la sua esistenza sono ancora oggetto di discussione; in ogni evento l’orogenesi varisica sembra aver giocato u  ruolo significativo (forse con diverse fasi successive). Molti graniti intrusivi (notevoli in Corsica) sono del varisico superiore. I depositi continentali del Carbonifero sup. e le rocce acide vulcaniche furono deposti sul basamento eroso varisico-sardo-corso. Infine sarebbe stata notata l’esistenza nella Corsica “granitica” di graniti molto recenti hiperalcalini che furono messi in posto nella forma di complessi circolari.

La copertura mesozoica del blocco antico che non è nota nella Corsica granitica (eccetto al suo margine interno dove praticamente già appartiene alla Corsica Alpina) è dispersa sull’intera Sardegna ed è discordante sul basamento varisico .

Consiste principalmente di depositi marini che sono spesso neritici (carbonati di piattaforma), talvolta pelagici, che mostrano differenti facies nella Sardegna occidentale e orientale. Nella Sardegna occ. Si noteranno considerevoli analogie con le facies della Provenza (per es. evaporati del trias sup.; facies “Puberkiana” lacustre o salmastra nel giura sup. – cretaceo inf. Calcari a rudiste del barremiano – appiano; bauxiti del cretaceo medio); questi sono argomenti che si aggiungono ad altri in favore di una rotazione del blocco Sardo-Corso (fig. 8.6). Nella maggior parte della Sardegna, la copertura mesozoica, che è rimasta orizzontale, non ha subito la deformazione compressiva alpina, essendo interessata soltanto da spostamenti dovuti da faglie subverticali. E’ soltanto nella parte più orientale della Sardegna (nor-est di Nuoro) che il mesozoico (forse anche il basamento?) è interessato da piccoli sovrascorrimenti; l’influenza della tettonica compressiva alpina nella quale deve essersi prolungata la zona esterna delle Alpi, secondo alcuni autori; tettonica gravitativi legata alla formazione di Horst e Graben oligocenici, secondo altri.

Infatti, l’influenza alpina è chiara soltanto nel margine più interno del blocco antico, cioè nella parte interna della Corsica granitica: affinità paleogeografiche di “Brianconnais” di parte della copertura mesozoica, pieghe e blocchi che interessano il basamento e la sua copertura sedimentaria, metamorfismo alpino.

Corsica alpina mostra una sovrapposizione di unità tettoniche di materiale principalmente mesozoico ed eocenico, con o senza ofioliti che furono interessati o meno dal metamorfismo alpino (scisti blu + scisti verdi). Allo stato attuale delle conoscenze e come prima approssimazione possiamo distinguere:

1)        un’autoctono (margine interno della Corsica granitica e la sua copertura) e un parautocno;

2)        il complesso degli “scisti lustrès” ofiolitici che possono paragonarsi a quelli delle Alpi occ.

3)        Unità sovrascorse cosiddette marginali (Bologna, S. Lucia ecc.)

4)        Unità superiori debolmente o non metamorfiche (Nebbio = St. Florent) che includono anche serie carbonatiche trias-lias con basamento sialico, così come le unità con basi ofiolitiche.

Secondo alcuni autori queste unità (4) sarebbero di origine più interna del complesso degli “schistes – lustrès” sul quale essi sono sovrascorsi, mentre secondo altri autori sarebbero più esterne (affini agli slices di Corte) e la loro posizione attuale sarebbe dovuta ad un successivo backthrust. Da tutto ciò risultano diversi schemi paleogeografici, tra i quali sembra prematuro operare una scelta. Si dovrebbe particolarmente tenere presente la stratta analogia tra le serie sedimentarie con basi ofiolitici che in Corsica, le Alpi occ. E negli Appennini che suggerisce l’esistenza durante il giura sup. cretaceo inf. Di un singolo bacino, con crosta oceanica, noto come il bacino Ligurian-Piemonte.

Durante il terziario tre maggiori eventi devono essere presi in considerazione: l’origine della struttura tettonica e del metamorfismo della Corsica alpina, la formazione ed evoluzione del Graben centrale Sardo, e la rotazione del blocco Sardo-Corso.

La tettogenesi Alpina della Corsica orientale è certamente polifase con diverse probabili fasi nel corso dell’eocene, e significativi movimenti (con sovrascorrimenti) posteriori ai flysch eocenici e antecedenti il miocene marino post-tettonico. Anche il metamorfismo alpino è poliasse: come nelle apli occ.; negli “scisti lustrès” della Corsica, sembra esserci stato almeno un episodio di alta pressione-bassa temperatura a facies scisti blu, seguita da una facies a scisti verdi.

E’ probabile che questo metamorfismo sia di età paleogenica. L’inizio della formazione di Graben della Sardegna fu accompagnato da un considerevole vulcanismo andesitico e trachiondesitico che fu molto significativo in Sardegna.

Le fig. 8.4  mostrano come questi Graben continuarono ed essere attivi fino al plio-quaternario.

Fig. 8.2

Fig. - 8.3

 

 Fig. 8.4


                                                                       Fig. 8.5

 

 

Si dovrebbe notare con tre pozzi realizzati nella regione del Campidano (Fig. 8.4e) non raggiungono la base delle andesiti oligoceniche fino a 1800 m.

Infine l’ipotesi della rotazione del blocco Sardo-Corso, che fu indicata da Argand già nel 1924 è sostenuta da un certo  numero di supposizioni che sono di due ordini:

1)      argomenti paleomagnetici (che impongono una rotazione di 30° della Corsica permiana);

2)      analogie stratigrafiche per il paleozoico (Iglesiente e Montagna Nera), il permiano (Corsica ed Esterel e/o  il permiano del Brianconnnais di M. Besimauda nelle Alpi Liguri) e il Cretaceo-Giurassico (Sardegna nord-occ. e il dominio Pireneo-Provenzale; Corsica granitica interna e Brianconnnais). Questa rotazione, che forse fu la causa dell’origine di crosta “basaltica” sotto il Mar Ligure, deve essere avvenuta nel corso dell’Oligocene, prendendo in considerazione gli spessori del riempimento sedimentario che è noto da ricerche sismiche nel Mar Ligure.

 

Fig. 8.6

 

Fig. 8.7

 

 

            Fig. 8.8

 

Fig. 8.9

 

Fig. 8.10

 




08.1 - ARCO CALABRO

Viste in pianta le strutture Alpine in Sicilia e Calabria descrivono un arco che unisce le Maghrebidi africane agli Appennini, un arco la cui attuale tendenza risulterebbe da eventi successivi  la genesi delle principali strutture Alpine.

Se andiamo nel dettaglio, si nota che pur essendoci innegabili punti in comune, ci sono anche numerose differenze strutturali e paleogeografiche. E’ il caso, per esempio, procedendo dalle Magrebidi del Nord Africa, al basamento cristallino pre-alpino dei  M. Peloritani, che con la sua copertura calcarea appare essere l’equivalente del Massiccio della Kabilia con la loro catena calcarea; di contro il dominio del Tell in Algeria non ha un equivalente in Sicilia. Analoghi esempi si trovano negli Appennini meridionali.

La Calabria (più esattamente Calabria meridionale e centrale) occupa un’area emersa molto più stretta della Sicilia, tra il Mar Tirreno e lo Ionio, cosicché si rinvengono soltanto in parte gli elementi strutturali della Sicilia.

La parte essenziale del dominio Calabro  è costituito da corpi cristallini (graniti, gneiss, micascisti, falliti) di età pre-Alpina (in parte almeno Varisica) che estendono il cristallino dei M. Peloritani verso nord-est e che, successivamente sono divisi in diverse unità tettoniche sovrapposte.

L’intero corpo è stato smembrato, in tempi recenti, da faglie tettoniche Plio-Quaternarie in un sistema di Horst e Graben (ved. Depressioni di Catanzaro e Crati).

Alcune parti di strati mesozoici sedimentari metamorfosati e non, sono associati con rocce cristalline; sembra che si possono distinguere alcuni elementi metamorfici (metamorfismo alpino di alta pressione, facies a lawsonite-glaucofane), che appaiono in finestre sotto il cristallino calabro e che mostrano facies “Appenniniche”.

Dove i Peloritani sovrascorrono le unità Siciliane verso sud le rocce cristalline Calabre sovrascorrono le unità degli Appennini meridionali apparentemente verso nord-ovest (Figg. 7, 19).

Le opinioni per quanto riguarda la posizione tettonica del cristallino Calabro-Peloritano variano secondo i vari autori: autoctonia; parautoctonia, totale alloctonia (quest’ultima proposta da Limanovski nel 1913). Nel caso delle ultime due ipotesi la posizione delle falde calabre sarebbe stata raggiunta durante l’Oligocene.

Infine, flysch sovrascorsi affiorano vicino la crosta meridionale  della Calabria e sono caotici e ricchi di olistoliti.

Schematicamente parlando, le deformazioni tettoniche Alpine del dominio Calabro-Siciliano si estendono dall’Eocene al Pliocene, e sono generalmente più vecchie nelle unità più interne e più giovani in quelle più esterne.

Nel Pliocene superiore e Quaternario i movimenti verticali che sono posteriori alla tettonica Alpina rompono le strutture tettoniche in un sistema di Horst e Graben, un aspetto con cui cozzeremo di nuovo negli Appennini.



08.2 - IL TIRRENO

Il mare Tirreno occupa una posizione molto particolare tra gli attuali bacini Mediterranei. Secondo i dati sismici questo bacino, che è di recente formazione, ha una crosta di tipo oceanico, è il centro di terremoti intermedi (60-300 km di profondità) e profondi (300-600 km), ed è disseminato da vulcani attivi o recenti, sia emersi (arcipelago delle Eolie) che sottomarini; queste caratteristiche, insieme alla sua posizione all’interno dell’arco Calabro-Peloritano, hanno permesso ad alcuni autori di vederlo come un bacino marginale di interarco, sotto il quale esisterebbe una zona di Benioff.

L’arco Calabro-Siciliano ed il mar Tirreno sono probabilmente strutture molto recenti che sono posteriori alla vera e propria tettogenesi Alpina.

Per la maggior parte, le terre emerse che circondano questo bacino marino appartengono alle zone alpine corrugate con l’eccezione di certi blocchi che sono rimasti “stabili”, cioè senza deformazioni tettoniche notevoli, e che fungono da avampaese a queste aree.

Queste terre emerse sono le tre grandi isole della Corsica, Sardegna, Sicilia insieme con la penisola Italiana. Dal punto di vista geologico possono essere distinte diverse zone che appartengono alle catene Alpine e Appenniniche e ai loro avampaesi.

 

 

 

Fig. 8.11

 

 

Fig. 8.12

 
 

 

Fig. 8.13

 

 

 

Fig. 8.14