APPUNTI DI GEOLOGIA REGIONALE a cura del Prof. Raimondo Catalano


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INDICE
Nota

09 - CENNI SUL MEDITERRANEO MARINO (modif. da Lemoine 1978)

Il Mediterraneo è il risultato delle vicende geodinamiche che hanno coinvolto a partire dal Cretaceo superiore l’oceano Tetideo; di quest’ultimo restano che frammentari testimoni nel Mar Ionio e nel Mediterraneo orientale. Tutto il resto è scomparso in vari sistemi di subduzione e di collisione che hanno portato alla formazione del sistema orogenico alpino alla convergenza tra le zolle si è sovrapposto il formarsi di nuovi bacini di retroarco che, in un'area soggetta a generale compressione, ha introdotto notevoli complessità geologiche. Alcuni di questi bacini hanno già terminato la propria evoluzione, altri si stanno ora sviluppando.

Dal punto di vista fisiografico il Mediterraneo comprende diversi bacini maggiori, spesso separati gli uni dagli altri e caratterizzati da una propria storia geologica.

Il Mediterraneo occidentale, compreso tra Spagna-Isole Baleari -Provenza-Liguria-Corsica-Sardegna-Algeria-Marocco, è formato dal Bacino di Alboran, dal Bacino A1ghero-Provenzale, dal Bacino Sardo e Ligure. La sua genesi è strettamente legata alla rotazione antioraria del blocco sardo-corso e all'orogenesi delle catene maghrebidi e betiche. Esso si sviluppa tra la fine dell'Oligocene e il Burdigaliano, la messa in posto della crosta di tipo oceanico è collocata tra 21 e 18 M.a.

 

Fig. 9.1

Il Mar Tirreno, posto tra il blocco sardo-corso, l'Italia e la Sicilia. è caratterizzato dalla subduzione attuale del Mar Ionio al di Sotto dell' Arco Calabro-Peloritano. La sua formazione al Miocene superiore è strettamente connessa all'orogenesi appenninica l'oceanizzazione è datata tra 3,1 e 1.8 M.a.

 

fig. 9.2 – Modello Strutturale d’Italia

Il Mediterraneo centrale comprende lo Stretto o Canale di Sicilia e il Mar Ionio: il primo è un plateau dell'avampaese africano, il Mar Ionio è caratterizzato da un bacino profondo oltre 4.000 m a crosta oceanica (secondo differenti Autori) di età giurassica inferiore o triassica o tardo permiana. circondato dai margini tettonizzati dell' Arco Calabro ed ellenico e dalle alte scarpate che lo separano dall'avampaese africano ibleo-maltese da una parte e apulo-garganico dall’altra.

Fig. 9.3 Carta batimetrica del Mediterraneo occidentale. In nero sono indicate le strutture diapiriche dovute  alla presenza delle evaporiti messiniane in profondità (da Ryan e altri, in Lemoine 1978).

 

Fig. 9.4

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Fig. 9.5

                Fig. 9.6


 

Fig. 9.7 Carta morfologica del Bacino algero-provenzale . Legenda: 1) linea di costa ed aree palustri; 2) piattaforma (shelf); 3) scarpata; 4) plateau e seamount; 5) canyon sottomarini; 6) rialzo continentale (rise) e conoidi sottomarini; 7) piana abissale; 8) Kene plateau; 9) domi e diapiri; 10) dorsali (modif. da Vanney e Gennesseaux, in Stanley e Wezel, 1985).

 Il Mar Egeo è a crosta continentale formato da un mosaico di piccoli bacini sviluppati in posizione interna rispetto all' Arco ellenico al di sotto del quale viene subdotta la zolla africana.  Il Mediterraneo orientale comprende l'Arco egeo e i bacini di Erodoto e del Levante probabili residui della Neotetide.



09.1 - IL MEDITERRANEO OCCIDENTALE

Nel Mediterraneo occidentale vengono distinte, dal punto di vista morfobatimetrico, la piana batiale, il rialzo continentale. la piattaforma e la scarpata continentale (figg. 9.3-9.9).

Piana batiale Limitata dall' isobata 2.700, occupa la parte più profonda e centrale del bacino, la cui massima profondità è raggiunta a SO della Corsica. Si presenta estremamente piatta, rialzi di 50 a 100 m dovuti alla presenza di domi salini.

Rialzo continentale (continental rise)e conoidi marini profondi. Posti tra l'isobata 2.700 e 2.000. sono ampiamente sviluppati nel settore settentrionale in cui sono presenti tra gli altri la conoide del Rodano e le conoidi coalescenti del Mar Ligure e quelli del Golfo di Valencia.

Nel tratto ligure-provenzale la copertura sedimentaria del rialzo è attraversata da numerosi diapiri salini alti dai 100 ai 250 me lunghi sino a 10 chilometri.

Il rialzo continentale presso le coste catalana, corsa, sarda ed algerina è molto più ridotto che non presso la costa europea; l'evidente asimmetria è dovuta al diverso apporto sedimentario proveniente dalle aree al contorno. A Nord l'apporto è alimentato dai grandi fiumi europei, a Est e a Sud sono presenti corsi d'acqua molto meno sviluppati.

Piattaforma e scarpata continentale. Sono generalmente strette a esclusione delle zone baleariche. La maggior parte delle piattaforme sono formate da prismi progradazionali di sedimenti plio-quaternari poggianti su superfici di erosione mioceniche. I grandi fiumi, Ebro e Rodano, alimentano con i propri sedimenti un' ampia e potente piattaforma progradante.

In corrispondenza dei margini, il substrato del bacino del Mediterraneo occidentale è di tipo continentale ed è formato da unità simili a quelle affioranti nell'adiacente terraferma, deformate

dalla intensa tettonica pre-apertura del bacino stesso. Nella parte centrale è presente invece un basamento formato da basalti tholeitici e alcalini.

La fase iniziale del rifting è oligocenica, l'oceanizzazione si attua tra 21 e 18 M.a. secondo tre assi diversamente orientali, NE-SO nel Bacino ligure-provenzale, NO-SE nel tratto meridionale del Bacino sardo-baIearico ed E-O in quello algerino. I margini sono interessati da faglie dirette e listriche generalmente sub parallele alla costa che danno luogo a strutture a gradinata o a semigraben, sono di età oligocenica talora successivamente riattivate (fig. 9.8).

 

Fig. 9.8 – Scheda strutturale del Mediterraneo occidentale. Legenda 1) faglie trasformi; 2) faglie dirette; 3) crosta oceanica e crosta continentale assottigliata; 4) principali massicci cristallini (da Rehault e altri, in Stanley).

  I sedimenti posti al di sopra della crosta di tipo oceanico sono assai potenti, più di 7 km, con una parte inferiore marnoso-detritica miocenica inferiore media. che uniforma. seppellendole, le irregolarità del basamento con differenze di spessori di oltre 1.500m; una parte intermedia formata da evaporiti messiniane e una superiore per lo più marnosa con torbiditi arenacee pliocenico-quatemarie (fig. 9.9 e 9.10).

 

Fig. 9.9 – Sezione sismica del Mediterraneo occidentale tra la Provenza ad ovest e la Corsica a est. Legenda: 1) Pliocene-Quaternario; 2) evaporiti; 3) sale; 4) Miocene; 5) Oligocene superiore; 6) basamento cristallino del margini; 7) vulcaniti e crosta oceanica; 8) Moho e mantello superiore (da Rehault e altri, in Stanley e Wezel).

 

La parte inferiore delle evaporiti, potente 500-700 m, giace in continuità sulle marne precedenti e strati marnosi si intercalano alla parte basale. La parte intermedia. 600-1 .000 m, è acusticamente trasparente e dà origine alle strutture diapiriche ricordate. Il tratto superiore, potente 500-1.000 m, comprende livelli marnosi, dolomitici e gessiferi.

I sedimenti del Pliocene-Quatenario sono potenti da 1 a 1,5 km, nella parte inferiore sono argillosi, pelagici, e a partire dal Pliocene superiore diventano più grossolani per l'aumentata erosione delle aree emerse in seguito a ringiovanimento della morfologia delle catene stesse per la ripresa del sollevamento delle catene perimediterranee (fase tettonica pliocenica medio-superiore).

Durante il rifting oligocenico le depressioni non vengono completamente riempite e il loro completamento si attua durante l' Aquitaniano e il Burdigaliano inferiore in seguito a un intenso apporto di sedimenti e alla contemporanea subsidenza legata all'apertura oceanica in atto.

Fig. 9.10 – Evoluzione dell’area compresa tra la Provenza, la Corsica e l’Appennino secondo tra profili relativi all’Oligocene medio (A), al Burdigaliano (B), e al Pliocene medio (C). Legenda: 1) Mantello superiore; 2) crosta continentale; 3) crosta oceanica; 4) sedimenti (modif. da Rheault e altri, in Stanley e Wezel 1985)

 

I margini e le aree esterne adiacenti vengono sommerse,la tendenza trasgressiva persiste sino al Tortonìano.

Nel Messiniano inferiore medio la sedimentazione interessa solo le parti profonde eccetto alcune aree bacinali periferiche (la Murcia in Spagna e Chetiff in Algeria).

La regressione messiniana durante la crisi di salinità fa emergere i margini del Mediterraneo occidentale che vengono sottoposti ad alterazione con formazione di suoli arrossati e ad intensa erosione che sviluppa una complessa rete di canyon. L'abbassamento del livello del mare prima della trasgressione pliocenica ricavato dai dati delle erosioni stimato in 1.300-1.500 m.

I sedimenti plio-quaternari rivestono ricoprendoli interamente i margini prima emersi.

Le vulcaniti calcalcaline del ciclo oligo-miocenico della Sardegna sono geneticamente connesse alla oceanizzazione del bacino; entrambi gli eventi sono in relazione a una zona di subduzione posta al di sotto del blocco sardo-corso e immersa verso Nord e verso Ovest, li Mediterraneo occidentale si sviluppa come bacino marginale di retroarco.

Attualmente il Mediterraneo occidentale è soggetto a compressione tra la zolla europea ed africana la quale può portare alla subduzione della crosta oceanica neoformata ed eventualmente alla collisione dei suoi margini.


  09.1.1 - Il Mar Tirreno

Il formarsi del bacino tirrenico fu l'evento chiave dell'evoluzione terziaria del Mediterraneo;

un bacino di tipo oceanico viene a separare, tra la Corsica-Sardegna e l'Italia, frammenti della catena appenninica. L'apertura della piana abissale tirrenica è legata ad un rift di età miocenica superiore che ha interessato a Est del blocco sardo- corso ,una fascia deformata dell’orogenesi in atto (fig. 9.10).

Dal punto di vista morfologico il bacino tirrenico si presenta assai complesso, in esso vi si possono distinguere le seguenti unità fisiografiche:

I) la piattaforma continentale (shelf);

2) la scarpata continentale (slope) superiore;

3) i bacini peritirrenici;

4) i seamuont peritirrenici;

5) la scarpata continentale inferiore;

6) la piana batiale con i seamount centro tirrenici (figg. 9.11-9.12).

 

Fig. 9.11 – Carta batimetrica del Mar Tirreno

 

Fig. 9.11bCarta morfologica del Mar Tirreno. Legenda a) piattaforma continentale; b-e) scarpata superiore e inferiore; c) bacini peritirrenici; d) seamount peritirrenici; f) piana batiale; g) seamount centro-tirrenici. In alto è schematizzata una sezione morfologica relativa al Tirreno centrale che va dalla piattaforma continentale alla piana batiale (da Selli, in Stanley e Wezel, 1985).

 Nel Tirreno meridionale le varie unità fisiografiche sono disposte in modo concentrico, mentre nel Tirreno settentrionale, a Nord del parallelo 41° N, sono presenti solo le prime quattro delle unità elencate e la zona è caratterizzata da numerosi piccoli bacini e dorsali orientati N-S.

La piattaforma, ben sviluppata nei settori settentrionali, è ridotta o assente in quelli meridionali.

La scarpata continentale è interrotta dagli ampi bacini peritirrenici, strutture relativamente strette (sono ampie circa 30 km) e allungate parallelamente alla costa, formate da depressioni, o da aree sub-orizzontali che interrompono la scarpata continentale suddividendola in due parti. la scarpata superiore e la scarpata inferiore.

I bacini, formatisi in tempi diversi, sono riempiti da grandi spessori di sedimenti terrigeni, sino a 4 km, intrappolati dalla presenza verso il largo dei seamuont peritirrenici, seamuont di origine tettonica o vulcanica che costituiscono barriere morfologiche (figg. 9.11-9.12).

La piana batiale (3.620 m) è compresa nel Tirreno centro-meridionale, conserva forma trapezoidale e da essa si elevano i numerosi rilievi centro-tirrenici. I margini della piana, paralleli alle terre emerse circostanti, in genere molto scoscesi e accidentati sono caratterizzati, come si è accennato, dagli stretti bacini peritirrenici limitati verso il largo dai rilievi peritirrenici.

La sismicità è concentrata soprattutto nel Tirreno Sud-orientale ove i fuochi dei terremoti intermedi e profondi (sino a 487 km) si dispongono secondo un piano di Benioff che immerge verso NO sotto la piana batiale tirrenica: è a forma concavache segue la curvatura dell'Arco Calabro-Peloritano.



  09.1.2 - Il Tirreno centro meridionale

Il Tirreno centro meridionale, caratterizzato da grande profondità e morfologia complessa, deriva da processi di estensione crostale con settori a crosta oceanica. È separato dal Tirreno settentrionale in corrispondenza di una marcata lineazione di natura magnetica e tettonica posta tra la Sardegna settentrionale e l'area napoletana in corrispondenza del parallelo 41° N.

Gli elementi morfostrutturali principali sono, a partire da Ovest, il Bacino occidentale, il Bacino centrale, il Tirreno sudorientale (figg. 9.10, 9.11, 9.12).

 

Fig. 9.12 – Block-diagrammi illustranti le caratteristiche morfologiche, tettoniche e sedimentarie di due settori del M. Tirreno. Le scale verticali sono in tempi doppi della velocità delle onde sismiche. In alto: un segmento dell’area posta tra la Corsica e la Toscana con il Bacino della Corsica e la parte settentrionale del Bacino del Giglio. In basso: il Tirreno centro meridionale con la piattaforma continentale sarda, la scarpata superiore, il Bacino Ogliastra e la valle del Serrabus, parti del Bacino di Sardegna, la scarpata inferiore ed il Terrazzo Cornaglia (modif. da Wezel e altri, in Autori vari 1982).

Il Bacino occidentale corrisponde al margine continentale passivo sviluppatosi attraverso più fasi di rifting con sviluppo di faglie listriche (fig. 9.13). Comprende zone a caratteristiche rnorfologiche e tettoniche diverse con sequenze plio-pleistoceniche continue deposte a profondità via via maggiori: il Bacino della Sardegna o sardo, il Terrazzo Cornalia e il Margine sardo inferiore.

Fig. 9.13 – Sezioni geologiche tracciate attraverso il Tirreno Meridionale. Legenda: A) Pliocene medio-Attuale; B1) Messiniano post-evaporitico-Pliocene medio; B2) evaporiti messiniane; B3-1,; B3-2) pre-evaporitico; C) Basamento acustico; X) discordanza medio-pliocenica; Y) apice delle evaporiti messiniane (da Colantoni e altri, 1984)

Il Bacino sardo, limitato verso Est dai Monti delle Baronie e da alti strutturali, è interessato tra il Miocene inferiore e il Pliocene medio da subsidenza a carattere post-orogenico legata alle fasi di rift burdigaliano-tortoniane. È correlabile al Bacino corso del Tirreno settentrionale.

Il Terrazzo Cornalia, o Bacino Cornalia o Piana batiale occidentale, è soggetto a rifting dal Tortoniano superiore all'Intra-messiniano con sprofondamento della zona formata dal basamento ercinico sardo, che da condizioni subaeree passa a marine; assai potenti sono le evaporiti messiniane.

Il Margine sardo inferiore si sviluppa a Est della linea Selli. Durante il Messiniano gran parte di quest'area costituisce un segmento di catena orogenica nella quale affiorano, in condizioni subaeree, sedimenti cretacei, terziari ed ofioliti con alti e bassi strutturali; attualmente questi sedimenti sono posti a più di 3.000 m di profondità. La subsidenza legata al rifting è successiva a quella del Terrazzo Cornalia, inizia infatti nel Messiniano con tassi di subsidenza e sedimentazione assai elevati e prosegue sino a parte del Pliocene inferiore.

Il Bacino centrale comprende la piana batiale del Bacino di Vavilov con i grandi vulcani centrali Managhi e Vavilov e la Piana batiale meridionale (figg. 9.11-9.12).

Il Bacino di Vavilov è una piana batiale a forma triangolare, profonda oltre 3.000 m,limitata

a Sud dai vulcani Managbi e Vavilov. E’ a crosta di tipo oceanico con costante presenza, al

di sotto di una copertura pliocenica e pleistocenica, di basalti tholeitici.

Questi basalti hanno fornito una età radiometrica dell'inizio della loro messa"in posto di circa 4 M.a. (corrispondente alla zona a G. Punticulaza del Pliocene inferiore), mentre l'età più recente è di 2,6 M.a. (parte inferiore del Pliocene medio). I grandi vulcani, formatisi in seguito ad eruzioni sottomarine di tipo fissurale, hanno pianta elittica con asse NNE ed età compresa tra 3 e 2 M.a.

La Piana batiale meridionale, molto piatta, ha profondità simile al Bacinoi Vavilov, ma ne differisce per alcuni aspetti, tra i quali una crosta oceanica più antica messasi in posto in precedenza, ricoperta da evaporiti messiniane seguite da spessori costanti di sedimenti plio-quaternari.

È questa la zona di espansione oceanica iniziale, che nel Pliocene inferiore migra verso Nord, portandosi a Nord di un lineamento trasforme posto circa in corrispondenza del parallelo 40° N.

La direzione di estensione E-O è la stessa in entrambi i bacini.

Il Tirreno Sudorientale o Bacino Marsili è anch' esso a crosta oceanica con basalti vescicolari di circa 1.8Ma., più recenti di quelli presenti nel Tirreno centrale, sottostanti ad una successione assai potente (600 m) la cui base appartiene alla parte alta del Pliocene (fig. 9.11).

La subsidenza pleistocenica dell'area è valutata in circa 1 mm/anno.

Il vulcano Marsili si eleva di oltre 3.000 m con un diametro di 50 km, le lave più recenti hanno età di 0.2 M.a. e chimismo iniziale tholeitico e poi calcalcalino.

Il substrato pre-miocenico superiore del Tirreno meridionale è poco definito dalle attuali indagini geofisiche tuttavia, dai dati acquisiti anche attraverso dragaggi appare un quadro più complicato di quanto non presentino le terre emerse che lo circondano. La fascia che comprende la piattaforma e la scarpata dalla Toscana alla Calabria, rappresenta l'estensione verso SO delle strutture appenniniche, mentre la fascia adiacente alla Sicilia corrisponde all'estensione delle Maghrebidi e dell' Arco Calabro-Peloritano.

La fascia adiacente alla Sardegna Corsica presenta caratteristiche simili a questo blocco; la Linea Selli sembra costituire il limite orientale del basamento ercinico sardo.



  09.1.3 - Il Tirreno settentrionale

Il Mar Tirreno settentrionale comprende un' area triangolare posta tra Corsica ed Italia avente per base il parallelo 41° N e per vertice La Spezia; è meno profondo del Tirreno meridionale raggiungendo la profondità di 2.200 m solo presso il limite meridionale.

Situato tra segmenti orogenici a polarità opposta, la Corsica alpina vergente verso Ovest e la catena appenninica vergente verso Est, si presenta come un settore a litosfera continentale più o meno assottigliata con morfologia accidentata e strutture complesse, dominato da forme ad orientamento meridiano.

A Nord dell'Elba un'ampia e regolare piattaforma continentale solcata da alcuni profondi bacini collega le aree distensive neogeniche toscane poste a Sud con il più profondo Mar Ligure derivante da processi di rifting e di oceanizzazione oligo-miocenici.

Lungo la costa della Corsica si sviluppa un grande bacino sedimentario, il Bacino della Corsica o Bacino corso, limitato verso Est dalla Dorsale dell'Elba, o Dorsale di Pianosa, che è un'ampia e dolce elevazione oltre la quale si alternano depressioni e dorsali allungate in direzione N-S (figg. 9.12-9.14). Le depressioni corrispondono a bacini subsidenti neogenico-quatemari limitati da faglie normali listriche a vergenza tirrenica o anche appenninica sul lato orientale e accompagnate da faglie antitetiche sul lato opposto; verso Nord e verso Sud i bacini sono troncati da discontinuità a direzione antiappenninica.

I bacini estensionali, sovraimposti alle unità deformate del substrato, rappresentano l' espressione geodinamica più recente e più appariscente dell'evoluzione spazio-temporale del sistema orogenico appenninico.

Dalle indagini di tipo geofisico e dai dati di sondaggi, nel Tirreno settentrionale vengono individuate alcune unità derivanti dalla deformazione del paleo-margine dell' Adria e dell'adiacente

bacino oceanico, correlabili con le unità affioranti nella catena appenninica (fig. 9.14).

Figura 9.14 – Carta morfologica del Tirreno settentrionale, con ubicazione della sezione sismica interpretata riporta in basso. Legenda della sezione: 1) Pliocene medio-Attuale; 2) Messiniano post evaporitico-Pliocene medio; 3) Messiniano evaporitico; 4) pre evaporitico; 5) basamento acustico. Le profondità sono proporzionali ai tempi doppi delle onde sismiche (da Borsetti e altri, in Autori vari, 1984)

In posizione basale abbiamo l'insieme delle unità metamorfiche toscane, basamento paleozoico e unità di Massa e delle Apuane, al quale si sovrappone con contatto tettonico la Falda toscana sovrastata in modo discontinuo dalle unità liguri e subliguri, in cui sono state riconosciute formazioni affioranti in Appennino e in Corsica (estesi i calcescisti con ofioliti in strutture vergenti verso Est, substrato del Bacino corso). Le unità liguri sono ricoperte in discordanza dalle peliti ed arenarie oligo-mioceniche correlate alle epiliguri.

Le varie unità, intensamente deformate, costituiscono scaglie tettoniche accavallate verso Est. Esse formano il «substrato alloctono>> su cui appoggia in discordanza il neoautoctono: una successione caratterizzata in alcune zone da notevoli spessori (più di 4.000 m) e formata da almeno tre sequenze deposizionali sovrapposte che registrano le varie tappe della tettonica distensiva post-collisionale.

La sequenza inferiore, miocenica pre- evaporitica, costituisce il primo ciclo sedimentario neoautoctono. È confinata in strutture a semigraben con il tetto marcato da discordanze a luoghi erosive e rappresenta gli spessori massimi nel Bacino corso. E’ legata alla tettonica distensiva sin-rift che nel Miocene inferiore interessa i settori occidentali del Tirreno, generando estese aree subsidenti. I processi distensivi migrano successivamente verso Est interessando anche il margine toscano.

Il secondo ciclo neoautoctono è caratterizzato alla base dalle evaporiti messiniane, peraltro presenti solo in piccoli bacini, e da potenti sequenze pelitico-sabbiose del Pliocene inferiore e superiore p.p. Ha carattere sin-rift verso Est mentre viene considerato sequenza post-rift nel Bacino corso.

La terza sequenza costituisce il ciclo terminale di post-rift in tutta l' area del Tirreno settentrionale.

Si imposta nel Pliocene superiore p.p, discordante o paraconcordante sia sul neoautoctono sia sull'alloctono con riattivazione di discontinuità preesistenti e con la creazione di nuove faglie.

I caratteri struttura1i del substrato alloctono consistono in numero sistemi di thrust vergenti sia ad Est sia a NE, paralleli alla catena appenninica, che determinano un appilamento di parecchi chilometri di spessore di unità di copertura (successioni toscane metamorfiche e non, liguri, subliguri ed epiliguri) e forse anche del basamento.

Ai thrust appenninico-vergenti si affianca, tra La Spezia e la costa a Sud di Livorno, un'ampia fascia di thrust a vergenza tirrenica (back thrusts ), correlabili alla piega vergente Ovest di La Spezia.  La retrovergenza si sarebbe sviluppata dopo le fasi compressive del Burdigaliano superiore-Tortoniano superiore, probabilmente legata a scollamenti gravitativi indotti dal sollevamento delle Apuane (fig. 9.15, sez, I).

Fig. 9.15 – Sezioni geologiche del Tirreno settentrionale. La sezione 1 è ubicata a sud di La Spezia, presso la costa; la 2 è in prosecuzione verso SO della 1; la 3 inizia poco a SO di Castiglione della Pescaia. Le altezze sono proporzionali ai tempi doppi delle onde sismiche. Legenda: 1) unità metamorfiche toscane; 2) unità toscane; 3) unità dei calcescisti con ofioliti; 4) unità liguri e sub liguri; 5) unità epiliguri; 6) sedimento neogenici sin-rift; 7) sedimenti neogenici-quaternari post rif (modif. da Bartole e altri, in Pialli e altri 1991)

 Nel prisma di accrezione appenninico l'elemento tettonico geometricamente superiore è rappresentato dai Calcescisti con ofioliti, Messosi in posto prima dell'Eocene medio-superiore (età della base dei depositi epiliguri che saldano gli accavallamenti) presenta vergenza appenninica ed ~ ampiamente distribuito nel settore occidentale del Tirreno settentrionale.

Le fasi compressive che coinvolgono anche  le successioni epiliguri sono attive sino al Burdigaliano inferiore.

La storia tettonica meso-cenozoica dell'area tirrenica settentrionale si inquadra nel contesto dei processi sviluppatisi tra la zolla euroasiatica ed africana, che hanno portato alla creazione del sistema orogenico affiorante nell'Appennino settentrionale e nella Corsica alpina. La convergenza si è sviluppata a partire dal Cretaceo inferiore ed è culminata nel Paleogene con  l'obduzione del materiale oceanico (crosta e sedimenti) sul margine continentale europeo della Corsica. Le parti più profonde dei sedimenti sono interessate da metamorfismo HP/LT. Ulteriori fasi di raccorciamento si hanno all'Eocene medio-superiore con traslazione vero so Est dei Calcescisti con ofioliti sulle unità

Liguri più interne parzialmente deformate. Il prisma si accresce poi verso Est inglobando le sequenze dell'oceano ligure e divenendo sede della sedimentazione sinorogenica, le epiliguri. La polarità della subdzione è tutt'ora oggetto di discussione: iniziale immersione verso Est e successiva inversione, oppure costante immersione del piano verso Ovest (quindi direttamente correlabile con quello delle Alpi) e sviluppo di un prisma orogenico a doppia vergenza. All'Oligocene superiore-Miocene inferiore il vulcanesimo calcai calino della Sardegna dimostra che la subduzione in atto avviene con immersione del margine della zolla Adria verso Ovest, accompagnata dal rifting ed oceanizzazione del Bacino ligure provenzale e dalla conseguente rotazione antioraria del blocco sardo-corso.

Questi eventi si sono sviluppati in ambiente collisionale producendo deformazioni e traslazioni verso Est di ingenti porzioni del margine dell' Adria con metamorfismo in facies degli scisti verdi dei nuclei metamorfici toscani e inspessimento dell'orogeno Nord tirrenico Quest'ultimo, raggiunte le condizioni critiche nel Burdigaliano superiore, alla fine della rotazione del blocco sardo-corso, è interessato da riequilibrio litosferico con conseguente distensione e assottigliamento litosferico.

Da questo momento iniziano i processi di rifting che individuano dapprima il Bacino della Corsica e successivamente nel Tortoniano superiore- Messiniano inferiore anche l'area della piattaforma toscana. A partire dal Messiniano superiore i fenomeni distensivi modellano le parti marginali della Toscana marittima in concomitanza con importanti fasi di raccorciamento al fronte della catena.

I processi di rifting durante il Neogene, contemporanei ai raccorciamenti che coinvolgono il fronte dell' Appennino settentrionale, sono accompagnati da una intensa attività magmatica di tipo anatettico, prevalentemente acida, effusiva e intrusi va, affiorante nelle isole dell'arcipelago toscano.



  09.1.4 - Canale di Sardegna

Il Canale di Sardegna, posto tra la stabile Sardegna e le catene alpine della Sicilia e della Tunisia, separa il Bacino tirrenico da quello del Mediterraneo occidentale. Le profondità maggiori, oltre i 2.000 m, si hanno presso la Sardegna, in prosecuzione verso SO del Terrazzo Cornaglia (figg. 9.11, 9.12).

Il substrato è costituito da una catena orogenica sommersa, di età oligocenica superiore-miocenica, formata da rocce cristalline erciniche associate a coperture triassiche (correlabili al basamento sardo o all' Arco Calabro-Peloritano e alle Kabilie Nord africane), oltre che da sequenze sedimentarie rnesocenozoiche correlabili alle maghrebidi siciliane (con le Panormidi, ad esempio). Allargo della

Sicilia, direttamente sovrapposte al basamento cristallino, abbiamo sedimenti arenacei torbiditici aquitaniano-burdigaliano inferiori assai potenti (1.500-2.000 m). Le strutture tettoniche sono costituite da sistemi di thrust accavallati verso Sud o SE. Tra questi quello posto presso la Sardegna (estensione del basamento cristallino sardo), si accavalla all'altezza del Terrazzo Cornaglia sulle unità ad affinità calabro-peloritane di un secondo sistema di thrust che, a sua volta, si accavalla sulle unità correlabili alle maghrebidi siciliane (fig. 9.16).

Fig. 9.16 – Sezione geologica del Canale di Sardegna. Legenda: 1) basamento e coperture del dominio calabro, kabilico e sardo; 2) unità meso-cenozoiche paleo africane; 3) basamento e coperture dell’avampaese; 4) successioni sin-rift pre messiniane; 5) depositi sin-orogeneici e Formazione di Terravecchia (Tortoniano superiore-Messiniano inferiore); 6) evaporiti messiniane; 7) successioni  plio-quaternarie; 8) corpi magmatici (modif. da Torelli e altri, in Autori vari 1991).

 

La catena sommersa, prisma orogenico Africa-vergente, realizza la completa connessione strutturale tra i segmenti maghrebidi della Sicilia e quelli dell' Africa settentrionale. Le strutture sono interessate dal Miocene medio al Pleistocene da tettonica distensiva e da sistemi di faglie ND-SE destre a cui è associato un intenso vulcanesimo.

Collegati alle fasi distensive si sono deposti sedimenti clastici pre-messiniani simili alla Formazione Terravecchia siciliana, evaporiti messiniane ed emipelagiti plio-pleistoceniche potenti nell'insieme sino a 3.500 m.

Il Bacino tirrenico si forma, come si è accennato, a spese di un dominio costituito da un sistema orogenico sviluppato in più eventi compressivi che hanno agito dal Cretaceo superiore al Tononiano. La sua nascita avviene attraverso una serie di rifting che portano alla creazione di domini a litosfera oceanica con deformazioni accompagnate da periodi di forte subsidenza e da manifestazioni vulcaniche (fig. 9.17) . Mentre il bacino va assumendo la sua attuale configurazione i sistemi orogenici della penisola e della Sicilia subiscono una ulteriore serie di deformazioni generando due grandi strutture arcuate (l'Appennino settentrionale e l'Appennino centro meridionale-Calabria-Peloritani Maghrebidi siciliane) e al margine interno l' attività di faglie listriche e trascorrenti dà luogo a  bacini post-orogenici fortemente subsidenti.

Gli episodi più antichi di subsidenza dell'area tirrenica si sviluppano senza forti estensioni crostali nel Miocene e interessano i bacini corso e sardo (Burdigaliano inferiore).

Al Tortoniano inferiore tra il blocco sardo-corso e il margine occidentale dell'Adria si estende una catena montuosa in direzione circa N-S nella quale dal Tortoniano superiore si sviluppano imponenti processi distensivi e parte della catena collisionale è soggetta cosi a rifting e a rapida subsidenza tettonica. Tra la Sardegna-Corsica e il margine occidentale dei thrust attivi si sviluppano aree bacinali in senso N-S, i bacini tirrenici; mentre il margine europeo sardo-corso da margine atti vo si trasforma in margine passivo.


Fig. 9.17 -  Principali tappe dell’evoluzione dell’Appennino settentrionale e del Mar Tirreno secondo sezioni trasversali tracciate dalla Corsica alla Pianura Padana. A) Eocene: la crosta oceanica è in subduzione al di sotto del Blocco sardo corso con sviluppo di un prisma di accrezione; B) Oligocene superiore: collisione continentale; C) Miocene inferiore: prima fase estensiva limitata alla parte superiore del prisma; D) Tortoniano: la fase estensiva è accompagnata da denudamento, sollevamento ed erosione (Cg); E) il successivo proseguire ad ampliarsi della fase estensiva porta allo svilupparsi dei rift continentali nell’area toscana (i bacini neogenici toscani) e all’apertura del M. Tirreno (da Carmignani e Kigfield, 1990).

 


A partire dal Tortoniano superiore si ha cosi coesistenza tra la distensione che coinvolge  l'area tirrenica e la compressione nell' Appennino. Si ha cioè, a partire dal blocco sardo-corso andando verso l’avampaese, che un sistema rift thrust-avanfossa migra progressivamente verso l'avampaese padano-adriatico-ionico.

Nella Toscana meridionale le prime fasi di rift danno luogo al formarsi di bacini (cfr. i Bacini neogenici toscani) in cui si ha sedimentazione iniziale di tipo fluvio- lacustre e successivamente marina. Nello stesso momento al fronte della catena si ha migrazione verso l' esterno dei bacini di avanfossa: nell' Appennino settentrionale l'avanfossa migra dall'area umbro-romagnola a quella marchigiana (formazioni della Mamoso-arenacea-dei bacini minori della Laga), La migrazione verso Est delle avanfosse è accompagnata dalla migrazione del fronte di compressione della catena che dà luogo a inversione della subsidenza. Si passa cosi da depositi torbiditici di mare profondo a sedimenti di acque basse (ad esempio a Est del T. Sillaro dalla sedimentazione delle torbiditi della

Mamoso-arenacea si passa ai sedimenti di scarpata-piattaforma del Neogene padano-adriatico), presto destinati ad essere inglobati nella catena.

L' entità dei raccorciamenti e delle rotazioni delle due grandi strutture arcuate è sensibilmente diversa: è molto più forte nell'arco meridionale. Questa differenziazione si sviluppa parallelamente

alla diversa estensione del Tirreno a Sud e a Nord del parallelo 41° N; infatti il settore meridionale ha subito una estensione di granlunga maggiore rispetto a quello settentrionale con messa a giorno. in alcune aree, della litosfera oceanica.

L'Appennino dall'Oligocene al Miocene medio è strutturato in un unico arco generato dalla rotazione antioraria del blocco sardo-corso. Questo arco è in seguito frammentato in diversi segmenti che si sviluppano in modo indipendente in funzione della resistenza offerta verso NE dall'Avampaese adriatico e verso SO dall'Avampaese ibleo-maltese, solidale alla zolla africana. Il bacino tirrenico, dopo una prima fase di rift, si estende verso SE in corrispondenza dell'Arco calabro-peloritano per la minore resistenza all'espansione che offre la crosta oceanica, la quale va in subduzione al di sotto dell'arco stesso. Ciò giustifica la particolare forma e sviluppo dell'area oceanizzata e la diversa età della crosta stessa.



09.2 - MEDITERRANEO CENTRALE

Il Mediterraneo centrale è un settore coinvolto nell'orogenesi alpidica la cui evoluzione geodinamica riflette la complessa interazione mesozoica-terziaria della zolla africana con quella europea e in particolare con i

processi deformativi sviluppatisi dal Miocene inferiore dopo le fasi collisionali del sistema convergente Africa-Europa. Può  essere suddiviso sulla base di importanti discontinuità in tre segmenti principali: il Blocco pelagiano o Stretto di Sicilia. il Blocco ionico ed il Blocco apulo, caratterizzati ognuno da  stili strutturali diversi (fig. 9.18).

Fig. 9.18 – Carta strutturale del Mediterraneo centrale. Legenda: 1) area a crosta oceanica; 2) fronte de formativo; 3) faglie dirette; BA) Banco Avventura; GM) graben di Malta; GP) graben di Pantelleria; GL) graben di Linosa; MM) Monti di Medina; PRM) Plateau Ragusa-Malta; SSM) Scarpata Sicilia-Malta (modif. da Finetti 1982).



  09.2.1 - Blocco pelagiano o Stretto di Sicilia

Comprende la zona posta tra Sicilia e Tunisia-Libia. limitata a Est dalla scarpata di Sicilia-Malta (fig. 9.19).

Dal punto di vista fisiografico è una piattaforma continentale in cui nella zona centrale si aprono alcune depressioni. I sedimenti mesozoici sono ricoperti da  2.000-2.500 m di depositi terziari e quaternari in facies di mare aperto; l'attuale assetto fisiografico è connesso alla tettonica post-miocenica che ha prodotto, tra l'altro, strutture a horst e graben.

 

Fig. 9.19 – Carta morfologica e tettonica del Canale di Sicilia. Legenda: 1) piattaforma continentale; 2) scarpata continentale; 3) bacini; 4) seamount; 5) banchi; 6) vulcani; 7) depressioni e valli; 8) faglie principali (da Colantoni e altri 1984).

 


Fig. 9.20 – Sezione schematica del Canale di Sicilia. Legenda: 1) sedimenti plio-quaternari; 2) evaporiti messiniane; 3) Cenozoico; 4) Mesozoico; 5) Falde alloctone calabre; 6) vulcani (da Nairn e altri, 1978).

 

L'attuale apporto sedimentario proveniente da Sud. dall'Africa. è modesto ed è dovuto a pochi corsi d'acqua stagionali e alle tempeste di sabbia. La piattaforma si sviluppa su crosta continentale africana. spessa da 25 a 30 krn, della Zolla africana.

Sulla crosta poggia una successione prevalentemente calcarea mesozoico-terziaria con numerose intercalazioni di vulcaniti basiche. Presenta differenze di facies, almeno a partire dal Lias, provocate da sistemi di faglie sinsedimentarie a direzione NNO-SSE. Di questo dominio fanno

parte i Monti Iblei, l'Isola di Malta e la parte orientale della Tunisia.

Verso Ovest nell'entroterra tunisino il blocco viene a contatto con le catene dell' Atlante attraverso un' ampia fascia deformata ad andamento meridiano che va dal Golfo di Tunisi a  quello di Gabes (Libia). Verso Est è separato dal Blocco ionico da un altro lineamento meridiano, la scarpata di Sicilia-Malta; a Nord il limite è dato dal fronte della catena maghrebide siciliana

contrassegnato dalla presenza di avanfosse (figg. 9.18-9.20).Numerosi campi petroliferi sono stati individuati nelle zone prospicienti la Sicilia, alcuni giacimenti si rinvengono in trappole miste nella piattaforma triassica.



  09.2.2 - Bacino di Gabes- Tripoli-Misurata

È una depressione profonda circa 200 m,  allungata da NO a SE. subsidente nel Pliocene- Quaternario e posta presso la costa africana.

Geologicamente si estende verso Sud nell'entroterra africano sino al sistema di faglie distensive di Gafsa - Jeffra che corre parallelo alla costa.

È un'area bacinale mesozoica individuatasi inseguito a movimenti distensivi precocitriassici e forse anche precedenti e da successive fasi  distensive giurassico medie e soprattutto cretaceo medio-superiori. Le ultime fasi si hanno nel Miocene medio-superiore e nel Quaternario ed hanno prodotto una struttura sinclinalica il cui asse si immerge verso SE.

I fenomeni distensivi, accompagnati da notevoli effusioni basaltiche, riattivano faglie precedenti.

Sono presenti evaporiti triassiche, carbonati e carbonati alternati a marne e ad argille dal Mesozoico all'Eocene e marne e argille nell'Oligo-Miocene; lo spessore complessivo è di 8.000-10.000 m.



  09.2.3 - Plateau dell’Isola di Lampedusa e dei banchi di Melita e Med

A Nord del bacino trattato precedentemente e limitato a Nord dai bacini di Pantelleria. Linosa e Medina, si estende il Plateau dell'Isola di Lampedusa e dei banchi di Melita e Medina; un alto morfologico e strutturale che affiora nell'Isola di Lampedusa e nell'entroterra tunisino. Sono zone caratterizzate da sedimentazione di mare poco profondo, almeno a partire dal Cretaceo e nelle quali le fasi distensive miocenico-quaternarie hanno prodotto locali  sollevamenti e sprofondamenti. Notevole l'attività vulcanica soprattutto cretacea. Le successioni sviluppate dal Permo-Trias al Quaternario hanno spessori da 7.500 a 12.000 m.



  09.2.4 - Bacini di Pantelleria, Linosa e Malta-Medina

La zona centrale del Blocco pelagiano, indicata anche come Canale di Sicilia s.s.,è un'unità geografica più profonda rispetto i plateau adiacenti (oltre 500 m) nella quale sono intagliati tre bacini allungati da NO verso SE, i bacini di Pantelleria. Linosa e Malta-Medina, di cui quest'ultimo è il maggiore; oltre a due isole, Pantelleria e Linosa.

Le fasi distensive mioceniche colpiscono in particolare le zone centrali del Blocco pelagiano con sistemi di faglie distensive di notevole rigetto associate a formare strutture a graben e horst.

I movimenti distensivi sono generalmente accompagnali da tilting dei blocchi posti ai lati e da una notevole attività magmatica con vulcani affioranti nell' Isola di Pantelleria e di Linosa.

Il Bacino di Pantelleria all'isobata dei 1.000 m è lungo circa un centinaio di chilometri e largo mediamente 30 km. È profondo oltre 1.300 m e all'estremità occidentale è chiuso dall'Isola di Pantelleria. che è la parte visibile di un maestoso edificio vulcanico paragonabile all'Etna. Infatti esso si eleva quasi 2.000 m dalla piana abissale con un diametro alla base di circa 20 km; le vulcaniti sono costituite da basalti alcalini quaternari.

In corrispondenza delle depressioni si osserva un assottigliamento crostale con spessori inferiori ai 20 km. Per queste fosse viene ipotizzato un processo di rifting associato a tettonica trascorrente (trastensiva) che avrebbe consentito la formazione di bacini pull –apart.



  09.2.5 - Plateau di Ragusa -Malta

Il Plateau di Ragusa-Malta si estende tra gli Iblei e l'Isola di Malta ove affiora, è limitato a Est dalla Scarpata di Sicilia-Malta.

È un'area profonda meno di 200 m ed è formata da un Mesozoico molto potente e da un Cenozoico che si assottiglia sia da Ovest a Est sia da Sud a Nord con modeste ondulazioni e faglie a direzione NE-SO. Notevole l'attività vulcanica durante le fasi distensive , il Plio-Quaternario non è mai molto potente.

L'emersione dell'Isola di Malta avviene tra il Miocene superiore e dl Pliocene inferiore per tilting del blocco posto a NE del graben di Malta.



  09.2.6 - Banco Avventura

Il Banco o Plateau Avventura è una zona poco profonda a morfologia uniforme che si estende al largo della Sicilia Sud-occidentale tra questa e la zona dei graben. È caratterizzata da tettonica distensiva con faglie normali ONO-ESE, parallele al Canale di Sicilia. faglie inverse e modeste deformazioni compressive a direzione maghrebide, NE-SO.

Nel settore settentrionale si sviluppa, tra il Miocene medio e il superiore, un bacino di avanfossa

al fronte della catena maghrebide a direzione NE-SO e vergente SE. I sedimenti, che raggiungono

i 2.500mdi spessore, sono correlati alla Formazione Terravecchia siciliana.

 A SE di questa prima avanfossa, si sviluppa l'avanfossa plio-quaternaria (parallelamente a quella di Gela-Catania) connessa alle ultime fasi dell'orogenesi maghrebide. Le due zone sono separate da una fascia deformata con evidenze di movimenti transtensivi.



  09.2.7 - Scarpata Sicilia-Malta

La Scarpata Sicilia-Malta è un lineamento fisiografico primario di origine tettonica del Mediterraneo centrale che si estende in direzione quasi N-S per oltre 200 km, dal margine orientale della Sicilia sino ai Monti di Medina. Separa il plateau siculo-maltese dalla piana abissale ionica con un rilievo verticale di oltre 3.000 m, l'inclinazione media è di 10° e con  tratti anche subverticali (fig. 9.20).

Si tratta di un sistema strutturale distensivo che si individua probabilmente nel Tortoniano inferiore

e si realizza in un'unica fase con locali riattivazioni ;ad essa è connessa un'attività vulcanica localmente importante. La scarpata taglia la successione triassica superiore-rniocenica del Blocco pelagiano e separa la potente crosta continentale (23 km) del Blocco pelagiano dalla meno potente crosta (13km) presente al di sotto del Mar Ionio. Essa corrisponde al margine passivo che caratterizza il margine orientale dell'avampaese, protuberanza della zolla africana.



  09.2.8 - Il Rialzo della Sine

È posto tra la scarpata continentale africana e il bacino ionico. Il basamento africano che lo forma. inclinato verso Nord, è ricoperto da sedimenti deposti a partire dal Trias mentre più  a Sud. nel Golfo della Sirte, la sedimentazione inizia solo nel Cretaceo superiore.

È interessato da fasi distensive nel Giurassico medio in corrispondenza dell' apertura dello Ionio, nel Cretaceo medio-superiore quando si ha l'ingressione marina nelle aree meridionali e durante il Neogene e il Quaternario.



09.3 - IL BLOCCO IONICO

Il Blocco posto a Est della Scarpata di Sicilia-Malta tra il Golfo della Sirte e la Calabria ionica, corrisponde alla zona batimetricamente più profonda; la scarpata continentale infatti si abbassa gradualmente dalla costa libica a profondità di oltre 4.000 m.



  09.3.1 - Bacino abissale ionico

È il residuo di un vecchio bacino giurassico a crosta estremamente assottigliata con spessori da 10 a 15 km e con intrusioni dal Mantello superiore, la parte centrale dell' area si è oceanizzata durante l'apertura della Neotetide.

Al di sopra della crosta è presente una potente successione sedimentaria (6-8 km) post-Giurassica

inferiore formata in parte da sedimenti carbonatici mesozoici (2.0Q0-4.000 m) e in parte terrigeni del Miocene superiore-Quaternario. A NO le sequenze sono interessate da una serie di thrust che costituiscono la fascia più recente dell'Arco calabro (fìgg, 9.19-9.20).



  09.3.2 - Arco calabro

L'Arco calabro raccorda il fronte dell'Appennino meridionale con il fronte della catena maghrebide dal Golfo di Taranto al Golfo di Catania.

È un'area intensamente deformata dal Neogene in poi e corrisponde ad una zona di embricazione tettonica legata a un prisma di accrezione in atto in cui il Bacino abissale ionico sottoscorre verso NO l'Arco calabro-peloritano e il Mar Tirreno. Il piano di scorrimento basale, generalmente poco inclinato, è posto alla fronte dell'arco entro le evaporiti messiniane e si approfondisce verso NO, sino a tagliare il Mesozoico e il basamento.

Il fronte dell'arco e, all'interno dell'arco stesso, la fronte dei maggiori thrust è caratterizzata da

scivolamenti gravitativi con formazione di melange. Sull'arco calabro si sviluppano, a partire dal Tortoniano, due bacini maggiori: il Bacino di Crotone e il Bacino di Spanivento, in strutture tipo graben allungate parallelamente alla costa calabra.

Durante il Pliocene-Quaternario le principali componenti di traslazione hanno ruotato da una iniziale direzione Sud-Nord a una direzione SO-NE determinando lo sottoscorrimento dello Ionio al di sotto dell'Arco egeo, una riduzione della dimensione dell' Arco calabro per la riduzione della

lunghezza della corda dell'arco oltre a una maggiore inclinazione del piano di scorrimento basale sui lati SO e NE.

Nel Golfo di Taranto sono presenti i tre principali domini dell' Appennino meridionale: la catena, l'avanfossa e l'avampaese.

La catena è costituita dall 'Arco calabro, l' avanfossa, quasi rettilinea, è posta in prosecuzione

verso Sud dell'Avanfossa bradanica e l'avampaese è rappresentato dal Blocco apulo.

La messa in posto delle coltri appenniniche qui si arresta al Pliocene medio quando il fronte delle coltri si viene a trovare a contano, dopo il colmamento della Fossa bradanica, con l'avampaese. Dal Pliocene medio l'area è interessata da tettonica distensiva.



09.4 - BLOCCO APULO

Corrisponde a una zona poco profonda indicata  come Dorsale apula che si protende dalla Puglia verso SE nel Mediterraneo.

Il Blocco apulo, relativamente indeformato, è crosta spessa 30-35 km costituita superiormente

da una polente successione mese-cenozoica, prosecuzione verso SE dell'Avampaese appenninico

affiorante nella penisola salentina.

Tra il Blocco apulo e l'Arco calabro è presente il bacino plio-quaternario dell' avanfossa.

Il raccordo con la piana abissale avviene attraverso un sistema di faglie distensive disposte a

gradinata a direzione N0-SE, che costituiscono il margine passivo dell' Adria. Una faglia

trasforme destra, la faglia di Cefalonia, separa il Blocco apulo dall' Arco ellenico (fig. 9.18).



  09.4.1 - Faglia di Cefalonia

Il limite tra Bacino abissale ionico – Blocco apulo e Arco ellenico avviene attraverso una ripida scarpata della di Cefalonia che si estende dalle coste della Grecia per 150 km in direzione NNE-SSO, inclinata verso ESE, che raccorda settori con dislivelli di circa 2.500 m (fig . 9.18).

La scarpata è generata da un sistema di faglie transpressive destre, sismicamente attive, svincolo tra l'avampaese appenninico-dinarico a crosta continentale, ove la convergenza tra le opposte catene è se non bloccala almeno rallentata, e il settore posto a SSE nel quale invece i fenomeni di subduzione della zolla africana al di sotto di quella egea sono in atto.

La faglia di Cefalonia (Kephalonia fault) viene a limitare l'Arco egeo posto a SSE dalla Zona Pre-Apula e Ionica del sistema dinarico-ellenico e limita verso Sud il bacino di Otranto-Lefkas (un bacino allungato parallelamente alle coste greche Ira queste e la Dorsale apula riempito da oltre 1.000 m di sedimenti depostisi dal Messiniano all' Attuale).

 

Le principali tappe evolutive del Mediterraneo centrale si possono così schematizzare.

A partire dal Permiano sino al Trias inferiore si è avuto un periodo di quiete tettonica caratterizzato,

nel Trias, dall'instaurarsi di piattaforme carbonatiche. I fenomeni distensivi iniziano a partire dal Trias medio con l' individuazione del bacino di Gabes-Tripoli. Misurata contemporaneamente a quella dei bacini della Sicilia e dell'Appennino meridionale(il Bacino di Lagonegro, ad esempio).

Nel Giurassico medio il margine ionico- Mediterraneo orientale della zolla africana coinvolto in un importante evento distensivo accompagnato da una imponente attività magmatica: ai piedi del rialzo della Sirte si apre, in corrispondenza di una depressione che risale a un rift triassico, il Mar Ionio contemporaneamente all'apertura dell' Atlantico meridionale.

L'attività vulcanica è intensa nel Plateau Ragusa-Malta e la sedimentazione è costituita quasi

esclusivamente da vulcaniti. Sino al Cretaceo inferiore non si hanno movimenti crostali o attività vulcanica diffusa, si ha solo durante il Cretaceo inferiore una generale  ingressione marina (la trasgressione neocomiana) e il mare verso Sud invade l'attuale scarpata superiore africana prima emersa.

Alla fine del Cretaceo inferiore una sedimentazione marnosa poco potente ma assai diffusa (la formazione delle Marne a Fucoidi)  caratterizza la deposizione nel Mediterraneo centrale, forse in corrispondenza ad un aumento globale del livello del mare.

Il Cretaceo superiore è caratterizzato da movimenti distensivi con subsidenza generalizzata e fenomeni trasgressivi (questi ultimi interessano soprattutto il Nord Africa) con riattivazione di faglie preesistenti e magmatismo basaltico. L'ultima fase distensiva si ha dal Miocene medio-superiore al Quaternario accompagnata da effusioni, affioranti nelle isole di Pantelleria e Linosa e nell'area di Ragusa I fenomeni distensivi, tutt'ora attivi, danno luogo a deformazioni in tutta l'area e ai graben presenti nel Canale di Sicilia che dividono in due il Blocco pelagiano. Quello posto a Nord è formato dai Plateau Avventura e Ragusa-Malta, quello meridionale dai Plateau di Lampedusa e Medina. Solo il secondo è ancora connesso all' Africa.

La zolla Adria continua a migrare allontanandosi dall' Africa e il suo margine passivo, rappresentato dal margine SO del Blocco apulo affacciato sullo Ionio, è caratterizzato da faglie distensive.

Lo sviluppo dei graben della zona centrale del Canale di Sicilia ha comportato in una prima fase lo sprofondamento di tutta l'area centrale del canale accompagnato dal formarsi di faglie e basculamento dei blocchi; la sedimentazione in questa prima fase compensa e colma via via i dislivelli . Nella fase success iva (Pliocene superiore- Quaternario) solo alcune faglie continuano

ad essere attive, quelle poste ai lati dei graben. Il vulcanesimo è contemporaneo alla seconda, durante la quale si ha lo sprofondamento delle fosse.

La vacuità dei bacini è dovuta alla loro particolare posizione geografica rispetto agli apporti; solo il Bacino di Gabes-Tripoli-Misurata, caratterizzato da valori di subsidenza simili, è colmato dagli apporti terrigeni africani.



09.5 - IL MEDITERRANEO ORIENTALE
A Est del Mar Ionio il Mediterraneo è caratterizzato dalla evoluzione dell' Arco ellenico e dell' Arco di Cipro prodotti dalla subduzione in alto della zolla africana al di sotto di quella europea. Dubbia è la presenza nelle aree abissali del Mar del Levante, tra l' isola di Cipro e l' Africa, di crosta di tipo oceanico, residuo dell'apertura giurassica della Neotetide. Le due strutture arcuate, ellenica e di Cipro, rappresentano il limite tra le zolle afro-arabica ed euroasiatica; la prosecuzione verso Est di questo limite viene ipotizzata in corrispondenza del Golfo di Iskenderun con la faglia Est-anatolica
L'arco formato dalle isole Pelopponneso, Citerà, Creta, Karpatos e Rodi separa il Mar Egeo dal restante Mediterraneo orientale
L'espressione morfologica più rilevante è costituita dalla Dorsale mediterranea: una catena ad andamento arcuato, circondata da aree abissali, che si sviluppa per 1.500 km dalla faglia di Cefalonia a Ovest sin nei pressi della Turchia a Est. parallela all'esterno all'arco sedimentario formato dalle isole meridionali dell'Egeo sopra ricordate (figg. 9.21-9.22
Fig. 9.21 – Carta batimetrica del Mediterraneo orientale (da Ryan e altri, in Lemoine 1978).

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Fig. 9.22 – Principali elementi tettonici del Mediterraneo orientale. Legenda: 1) trench; 2) faglie.

Si tratta di un complesso di subduzione (quindi non paragonabile alle dorsali medio oceaniche) a forma arcuata, convessa rispetto all' Africa, largo dai 200 ai 300 km. È caratterizzata lungo il suo sviluppo da depressioni e zone rilevate, raggiunge le minori profondità di 1.100- 1.200 m nel tratto a direzione Est-Ovest parallelo alla costa africana, ove il piede dell' Africa è direttamente a contano con il pendio esterno della dorsale.
La dorsale è circondata a Nord, in corrispondenza del trench, e verso Sud. all'esterno della dorsale stessa, da una serie di depressioni o solchi assai profondi. Le depressioni esterne, della Sirte a Ovest e di Erodoto verso Est, ai piedi del delta del Nilo, sono strette e piatte, assai meno profonde di quelle interne.

Il trench ellenico è un complesso di depressioni che si sviluppa per una lunghezza di circa 1.000 km. Limite tra la zona in estensione posta a Nord e la zona in compressione posta a Sud. Presenta due tratti a diversa direzione; il ramo occidentale, il trench ionico, formato da segmenti a direzione N 40°-50° O di cui quello posto a NO, il bacino Matapan, è il più profondo, 5.000-5.500 m, parzialmente riempito da 500-1.000 m di sedimenti terrigeni probabilmente  pleistocenici superiori. Il bacino Poseidon è quello più prossimo alla costa africana da cui dista I50 km, è il meno profondo, 3.000 m (fig.  9.24).

Il ramo orientale del trench è formato da un doppio sistema di solchi paralleli. il bacino Plinio, che circonda all'esterno le isole egee e il bacino Strabone, all'esterno del precedente e ad esso parallelo lungo circa 60 km. Sono depressioni strette con modeste coperture sedimentarie e per entrambi le profondità sono di circa 3.500-4.500m.

La sedimentazione clastica è fortemente influenzata dalla morfologia della dorsale; infatti l'apporto sedimentario proveniente dall'Africa viene raccolto dalle depressioni esterne: il bacino di Erodoto è alimentato dalle torbiditi provenienti dal delta del Nilo e l'area libica alimenta le depressioni della Sirte e di Messina. Le depressioni interne, del trench, sono invece alimentate da Nord, dall'Europa. essendo preclusa l'alimentazione da Sud per l'ostacolo costituito dalla presenza del rilievo della dorsale. La maggior pane dei sedimenti “europei" (il delta del Danubio) però viene intrappolata o nel Mar Nero o dal bacino di retroarco costituito dal Mar Egeo per cui l'apporto a questi bacini è assai scarso.

 

Fig. 9.23 – Sezione geologica dell’Arco ellenico dall’estremità meridionale del Pelopponneso verso SO sino alla piana abissale ionica e alla scarpata della Sirte (da Finetti 1982).

 

La superficie della dorsale è caratterizzata da una morfologia particolare, a cobblestone, costituita da numerose depressioni profonde da 50 a 500 m e da uno a qualche chilometro di lunghezza, parallele all'asse della dorsale, prodotte da fenomeni di dissoluzione sottomarina del sale messiniano presente al di sotto di modesti spessori di sedimenti plio-quaternari. Forme positive alte dalla decina alle centinaia di metri e diametro di qualche chilometro, sono legate a diapiri di fango (muddiapir) composti di brecce caotiche con matrice pelitica abbondante (matrix supponed) (fig. 9.24).

Fig. 9.24  - Sezione geologica della Dorsale mediterranea e del prisma di accrezione dell’Arco ellenico. Il Prometheus mud (brecce caotiche con matrice) è originato da scollamenti a tetto dei sedimenti trascinati in subduzione che risalgono verso la superficie perforando gli strati soprastanti. Il piano basale taglia livelli stratigrafici via via più profondi andando verso l’arco. Il trough ellenico è un bacino di avanarco formato da rocce carbonate mesozoiche fagliate e ribassate (da Ryan e altri, 1982).

 

Il movimento d'insieme dell'arco ellenico in rapporto all' Africa è da NE verso SO per cui risulta perpendicolare al ramo ionico del fronte di subduzione, mentre è quasi parallelo al ramo orientale.

L' Arco di Cipro si sviluppa a oriente dell'Arco ellenico ed è anch'esso legato alla subduzione della zolla africana. È una delle zone meno conosciute del Mediterraneo (fig. 9.25).

Qui la subduzione, per le differenze presentate dalla zolla sottoscorrente da zona a zona, è però in atto solo nel tratto occidentale dell'arco, mentre a Sud si è già verificata e ad Ovest sono presenti solo deformazioni.

L'arco si sviluppa dai seamuont di Anassinandro ad Ovest alla costa asiatica del Mar di Levante ed è formato da falde connesse all' orogenesi dei Tauridi. All'interno, tra l'arco e la Turchia. si sviluppano due bacini, di Amalia e di Adana, in posizione strutturale simile al Mar di Creta.

Il bacino di Antalia, a NO di Cipro, è profondo 2.400-2.600 m, regolato da sistemi di faglie dirette, attive dal Messiniano-Pliocene.

I sedimenti plio-quaternari, posti al di sopra delle evaporiti messiniane sono potenti da 500 a 1000

m; le evaporiti nell'adiacente dorsale danno luogo a morfologia a cobblestone.

Nella zona centrale dell'arco, all'esterno del trench, si trova il seamount di Eratostene che rappresenta una delle forme rilevate maggiori. caratterizzata anche da forte anomalie magnetiche

È un blocco di circa 100 km di diametro, che si eleva 1.500 m rispetto alle aree circostaziali, è separato dall'isola di Cipro da un graben lungo 80 km. Si tratta probabilmente di una microzolla connessa alle fasi dell'apertura oceanica mesozoica, troppo grande per essere trascinata in subduzione senza fagliarsi in blocchi minori per cui è luogo di intense deformazioni e di sismicità.

I sedimenti del Delta del Nilo, il cui cono si sviluppa per circa 300 km in mare, hanno un'età che, dai dati di sondaggio. risale almeno all'Eocene. Secondo i dati geofisici i sedimenti del Mar di Levante sono mesozoici, molto più antichi di quelli presenti nel Mediterraneo occidentale e invece confrontabili con quelli del Mar Ionio.

L'evoluzione del Mar Egeo, in posizione interna e a Nord rispetto l'Arco ellenico, è strettamente legata a quella dell'arco stesso di cui ne rappresenta il bacino di retroarco.

È un'area a crosta di tipo continentale che raggiunge il minimo spessore (20 km) nel Mar di Creta e nella Fossa Nord egea; è un bacino poco evoluto in cui la litosfera e la crosta continentale hanno subito una distensione inferiore a quella del Mar Tirreno.

 

Fig. 9.25 – Carta morfologica e strutturale dell’Arco di Cipro (modific. da Ben Avraham e altri, 1988). Legenda: 1) faglie; 2) pieghe; 3) piano di subduzione; 4) zona di collisione; 5) faglie trasformi; 6) zona di rift.

 

 

La batimetria è caratterizzata da numerosi bacini con profondità in genere intorno ai 1.000 m. Nella parte settentrionale tra le isole di Lemnos e Samotracia è presente la fossa rettilinea del Bacino, o Solco, Nord Egeo profonda sino a 1.500 m e allungata in senso NE-SO passante verso Est ad E-D, sino a collegarsi con il Mar di Marmora. È controllata da faglie dirette con rigetti di 6-7 km, attive dal Miocene superiore all'Attuale che formano una struttura tipo graben asimmetrico con margine meridionale più ripido; lo spessore dei sedimenti post-miocenici superiore è di 3.500 m (fig. 9.26).

A Nord e para1lelo all'Arco, tra questo e l'arco vulcanico, si sviluppa il Mar di Creta, o Fossa egea, una depressione controllata anch'essa da faglie dirette, allungata in senso E-O e la cui profondità supera i 2.000 m. La sua individuazione risale al Serravalliano -Tortoniano, lo sprofondamento è recente, Messiniano-Pliocene legato all'apertura del M. Egeo.

È accertata la presenza delle evaporiti messiniane  al di sotto di più di 1.000 m di sedimenti plio-quaternari. Sino al Miocene superiore l'isola di Creta è collegata alle altre isole ed emersa: un'area continentale soggetta a sollevamento e ad intensa erosione collega la Grecia alla Turchia; come

stanno a indicare i depositi clastici pre-messiniani di Creta con provenienze da Nord e le superfici

erosive coeve presenti nell'Egeo meridionale e individuate dalle indagini geofisiche. Tra 13 e 10 M.a. l'area viene interessata da tettonica distensiva con faglie dirette e sprofondamenti differenziali che segnano l'inizio dell' evoluzione dell'area come bacino di retroarco.

Nel Tortoniano si individua il Bacino cretese e a Nord il Bacino di Saros, contemporaneamente

nella Grecia si sviluppano numerosi bacini continentali e si interrompe il collegamento di terre emerse tra Grecia e Turchia. A questa fase viene collocato l'inizio della subduzione e del movimento destro lungo la faglia Nord Anatolica.

Dopo la generale regressione dovuta alla crisi di salinità, la nuova ingressione culmina nel Pliocene superiore e il mare copre le zone costiere della Grecia e gran parte delle isole.

I fenomeni distensivi vengono interrotti da un episodio compressivo al passaggio Mio/Pliocene che produce pieghe e sovrascorrimenti, più frequenti nelle zone che formano l'arco; l'episodio viene collegato all' inizio della subduzione della litosfera mediterranea.

Nel Pliocene i fenomeni distensivi danno luogo allo svilupparsi di nuovi bacini e alla subsidenza di quelli già formati: nel Bacino di Creta si ha un notevole aumento del tasso di sedimentazione.

Un aumento dell' attività tettonica si verifica tra la fine del Pliocene e il Pleistocene in coincidenza

con lo svilupparsi dell'attuale arco vulcanico formato dalle isole di Kos, Nysiros, Santorini, Antiparos, Milos, Metbana e Aegina. 11 chimismo delle vulcaniti dell'arco vulcanico indica la presenza di un piano di Benioff posto circa 150 km al di sotto dell'arco stesso. Uno degli episodi vulcanici più imponenti è la recente gigantesca esplosione freatica di Santorini accompagnata da terremoti e da un gigantesco maremoto. Avvenuta circa 3.500 anni fa. ebbe conseguenze drammatiche sulla civiltà minoica; ed è ricordata da leggende e passi biblici.

L'espansione dell'Egeo verso Sud con assottigliamento crostale è valutata in circa 40 km. In seguito all'espansione l'Arco egeo, che all'inizio era quasi rettilineo, ha assunto una forma pressoché circolare, concentrica all'arco magmatico, con centro nell'isola di Lesbo e raggio di 300 km.

La collisione continentale in ano in corrispondenza dell'arco ha praticamente bloccato il movimento tra Africa ed Europa: la zolla litosferica in subduzione continua a sprofondare nel Mantello meno denso cosicché la zona di flessura viene a migrare verso Sud inducendo la zolla egea ad estendersi.

 

                                                        Fig. 9.26 – Carta batimetrica del Mar Egeo.

 

  

Fig. 9.27

 

 


Mediterranean geodynamics

Carlo Doglioni & Eugenio Carminati

 

It is commonly accepted that the Mediterranean geology has been shaped by the interplay between two plates, i.e., Africa and Europe (fig. 186), and possibly smaller intervening microplates. The Mediterranean was mainly affected by rifting after the Variscan orogeny: during the Mesozoic, oceanic Tethys areas and passive continental margins developed, where widespread carbonate platforms grew up. During the late Mesozoic, the Mediterranean area was rather dominated by

subduction zones (from east to west, Cimmerian, Dinarides, Alps-Betics), which inverted the extensional regime, consuming the previously formed Tethyan oceanic lithosphere and the adjacent continental margins. The composition (i.e., oceanic or continental), density and thickness of the lithosphere inherited from the Mesozoic rift controlled the location, distribution and evolution of the later subduction zones. The shorter wavelength of the Mediterranean orogens with respect to other belts (e.g., Cordillera, Himalayas) is due to the smaller wavelength of the lithospheric anisotropies inherited from the Tethyan rift.

The Mediterranean basin was and still is the collector of sediments coming from the erosion

of the surrounding continents and orogens: the best examples are the Nile and Rhone deltas. In the past, other deltas deposited at the bottom of the Mediterranean, and their rivers were later disconnected or abandoned: an example is the Upper Oligocene- Lower Miocene Numidian Sandstone, which was supplied from Africa, deposited in the central Mediterranean basin, and partly uplifted by the Apennines accretionary prism. It is notorious also that during the Messinian eustatic low-stand, the Mediterranean dried several times, generating the salinity crisis in which

thick sequences of evaporites deposited in the basin. This episode generated a pulsating loading

oscillation in the Mediterranean, because the repetitive removal of the water should have generated significant isostatic rebound in most of the basin, particularly where it was deeper as in Ionian, in the Provençal and in the central Tyrrhenian seas. The Neogene to present direction of Africa- Europe relative motion is still under debate. Most of the reconstructions show directions of  relative motion spanning between northwest to northeast. Recent space geodesy data confirm this main frame, where Africa has about 5 mm/yr of N-S component of convergence relative to Europe, but they also show that the absolute plate motions directions of both Europe and Africa are northeast oriented and not north or northwest directed as usually assumed (see the NASA data base on present

global plate motions, http://sideshow.jpl.nasa.gov:80/mbh/series.html).

The main Cenozoic subductions of the Mediterranean are the Alps-Betics, the Apennines-Maghrebides, and the Dinarides- Hellenides-Taurides (figs. 187 - 193). Closely related to the Mediterranean geodynamics are the Carpathians subduction and the Pyrenees.

The Mediterranean orogens show two distinct signatures similar to those occurring in the opposite sides of the Pacific Ocean. High morphologic and structural elevation, double vergence, thick crust, involvement of deep crustal rocks, and shallow foredeeps characterize E or  NE-directed subduction zones (Alps-Betics, Dinarides-Hellenides-Taurides). On the other hand, low morphologic and structural elevation, single vergence, thin crust, involvement of shallow rocks, deep foredeep and a widely developed backarc basin characterize W-directed subduction zones (Apennines, Carpathians). This asymmetry can be ascribed to the "W"-

 

                         Fig. 186 - NASA-Shuttle view of the central western Mediterranean.

  ve to the mantle with rates of about 49 mm/y, as computed adopting the hotspots reference frame. All Mediterraean orogens show typical thrust belt geometries with imbricate fan and antiformal stack associations of thrusts. The main difference between orogens and within the single belts is the variation in depth of the basal decollement. Deeper it is, higher is the structural and morphologic elevation of the related orogen.

Extensional basins have superimposed these orogenic belts, i.e., in the western side the Valencia, Provençal, Alboran, Algerian, Tyrrhenian Basins, and in the eastern side the Aegean Basin, and to the north the Pannonian Basin.

The Mediterranean can be divided into the western, central, and the eastern basins. The western Mediterranean is younger (mainly < 30 Ma) relative to the central and eastern Mediterranean areas, which are mainly relics of the Mesozoic-Cenozoic(?) Tethys.

Positive gravity anomalies occur in deep basins (e.g., Provençal, Tyrrhenian and Ionian seas) where the mantle was uplifted by rifting processes. Negative gravity anomalies rather occur along the subduction zones.

A characteristic feature of the western Mediterranean is the large variation in lithospheric and crustal thickness. The lithosphere has been thinned to less than 60 km in the basins (50-60 km in the Valencia trough, 40 km in the eastern Alboran sea, and 20-25 km in the Tyrrhenian) while it is 65-80 km thick below the continental swells (Corsica-Sardinia and Balearic Promontory). The crust mimics these differences with a thickness of 8-15 km in the basins (Valencia trough, Alboran sea,

Ligurian sea and Tyrrhenian sea) and 20-30 km underneath the swells (Balearic Promontory

and Corsica-Sardinia), as inferred by seismic and gravity data. These lateral variations in

 

 

 

Fig. 187 - Present geodynamic framework. There are four subduction zones with variable active rates in the Mediterranean realm: the W-directed Apennines-Maghrebides; the W-directed Carpathians; the NE-directed Dinarides-Hellenides-Taurides; the SE-directed Alps.

The Apennines-Maghrebides subduction-related backarc basin of the western Mediterranean stretched and scattered into the segmented basins most of the Alps-Betics orogen (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004).

 

 

thickness and composition are related to the rifting process that affected the western Mediterranean, which is a coherent system of interrelated irregular troughs, mainly V-shaped, which began to develop in the Late Oligocene-Early Miocene in the westernmost parts (Alboran, Valencia, Provençal), becoming progressively younger eastward (Eastern Balearic, Algerian basins), up to the presently active E-W extension in the Tyrrhenian Sea. Heat flow data and thermal modelling show that the maximum heat flow values are encountered in the basins: 120 mW/m2 in the eastern Alboran, 90-100 mW/m2 in the Valencia trough, and more than 200 mW/m2  in the Tyrrhenian Sea. All these sub-basins appear to be genetically linked to the backarc opening related to the coeval "E"-ward rollback of the W-directed Apennines- Maghrebides subduction zone. Extreme stretching generated oceanic crust in the Provençal (20-15 Ma), Algerian (17-10), Vavilov and Marsili basins (7-0 Ma). During the 25-10 Ma time frame, the Corsica-Sardinia block rotated 60° counter clockwise. In the southern Apennines, the choking of the subduction zone with the thicker continental lithosphere of the Apulia Platform slowed the E-ward migration of the subduction hinge, whereas in the central and northern Apennines and in Calabria the subduction is still active due to the presence in the foreland of thin continental lithosphere in the Adriatic Sea, and of Mesozoic (?) oceanic lithosphere in the Ionian Sea, allowing rollback of the subduction hinge.

The western Mediterranean basins tend to close both morphologically and structurally toward the southwest (Alboran Sea) and northeast (Ligurian Sea). The eastward migration of the arc associated with the W-directed subduction generated right-lateral transpression along the entire E-W-trending northern African belt (Maghrebides) and its Sicilian continuation, whereas left-lateral transtension has been described along the same trend in the backarc setting just to the north of the Africanmargin. An opposite tectonic setting can be described in the northern margin of the arc.

Subduction retreat generated calkalcaline and shoshonitic magmatic episodes particularly located in the western margins of the lithospheric boudins, later followed by alkalinetholeiitic magmas in the backarc to the west. Extension partly originated in areas previously occupied by the Alps-Betics orogen, which formed since Cretaceous due to an "E"-directed subduction of Europe and Iberia underneath the Adriatic plate and an hypothetical Mesomediterranean plate. Once restored Sardinia to its position prior to rotation, during the early Cenozoic the Alps were probably joined with the Betics in a double vergent single belt. The Western Alps, which are the forebelt of the Alps, were connected to Alpine Corsica; the Alps continued SW-ward into the Balearic promontory and Betics.

 

 

Fig. 188 - Paleogeodynamics at about 15 Ma. Note the "E"-ward vergence of both Apennines-Maghrebides trench and the backarc extensional wave. The Liguro-Provençal basin, the Valencia Trough and the North Algerian basin were almost completely opened at 10 Ma. The Dinarides subduction slowed down, due to the presence of the thick Adriatic continental lithosphere to the west, whereas to the south, the Hellenic subduction was very lively due to the presence in the footwall plate of the Ionian oceanic lithosphere.

The Carpathians migrated E-ward, generating the Pannonian backarc basin, with kinematics similar to the Apennines (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004).

The retrobelt of the Alps, i.e., the Southern Alps, were also continuing from northern Italy toward the SW. In a double vergent orogen, the forebelt is the frontal part, synthetic to the subduction, and verging toward the subducting plate; the retrobelt is the internal part, antithetic to the subduction, and verging toward the interior of the overriding plate. The W-directed Apennines-Maghrebides subduction started along the Alps-Betics retrobelt, where oceanic and thinned continental lithosphere was occurring in the foreland to the east. In fact the subduction underneath the Apennines-Maghrebides consumed inherited Tethyan domains. The subduction and the related arc migrated "E"-ward at speed of 25-30 mm/yr.

 

Fig. 189 - Paleogeodynamics at about 30 Ma. The location of the subduction zones is controlled by the Mesozoic paleogeography. The Alps-Betics formed along the SE-ward dipping subduction of Europe and Iberia underneath the Adriatic and Mesomediterranean plates.

The Apennines developed along the Alps-Betics retrobelt, where oceanic or thinned pre-existing continental lithosphere was present to the east. Similarly, the Carpathians started to develop along the Dinarides retrobelt (i.e., the Balkans). The fronts of the Alps-Betics orogen are cross-cut by the Apennines-related subduction backarc extension (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004)
 

Fig. 190 - Paleogeodynamics at about 45 Ma. The Alps were a continuous belt into the Betics down to the Gibraltar consuming an ocean located relatively to the west (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004).
 

Fig. 191 - Main tectonic features of the Mediterranean realm, which has been shaped during the last 45 Ma by a number of subduction zones and related belts: the double vergent Alps-Betics; the single "E"-vergent Apennines-Maghrebides and the related western Mediterranean backarc basin; the double vergent Dinarides-Hellenides-Taurides and related Aegean extension; the single "E"-vergent Carpathians and the related Pannonian backarc basin; the double vergent Pyrenees (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004).

Apennines-Maghrebides consumed inherited Tethyan domains. The subduction and the related arc migrated "E"-ward at speed of 25-30 mm/yr.

The western Late Oligocene-Early Miocene basins of the Mediterranean nucleated both within the Betics orogen (e.g., Alboran sea) and in its foreland (Valencia and Provençal troughs). At that time the N40°-70° direction of grabens was oblique to the coexisting N60°- 80°-trending Betics orogen, indicating its structural independence from the Betics orogeny. Thus, as the extension cross-cuts the orogen and developed also well outside the thrust belt front, the westernmost basins of the Mediterranean developed independently from the Alps-Betics orogen, being rather related to the innermost early phases of the backarc extension in the hangingwall of the Apennines-Maghrebides subduction. In contrast with the "E"-ward migrating extensional basins and following the "E"-ward retreat of the Apennines subduction, the Betics-Balearic thrust front was migrating "W"-ward, producing interference or inversion structures. The part of the Alps-Betics orogen was located in the area of the Apennines-Maghrebides backarc basin, it has been disarticulated and spread-out into the western Mediterranean (e.g.,the metamorphic slices of Kabylie in NAlgeria, and Calabria in S-Italy). Alpine type basement rocks have been dragged in the Tyrrhenian Sea. Similarly, boudinage of the pre-existing Alps and Dinarides orogens occurred in the Pannonian basin, which is the Oligocene to Present backarc basin related to the coeval Eward retreating, W-directed Carpathians subduction zone. In the Pannonian basin, the extension isolated boudins of continental lithosphere previously thickened by the earlier Dinarides orogen, like the Apuseni Mountains that separate the Pannonian basin s.s. from the Transylvanian basin to the east. The western Mediterranean backarc setting is comparable with Atlantic and western Pacific backarc basins that show similar large-scale lithospheric boudinage, where parts of earlier orogens have been scattered in the backarc area, like the Central America Cordillera relicts that are dispersed in the Caribbean domain.

The Apennines accretionary prism formed in sequence at the front of the pre-existing Alpine retrobelt, and therefore the central western Apennines contain also the inherited Alpine orogen of Cretaceous to Miocene age. There has probably been a temporary coexistence of the opposite subductions during the Late Oligocene - Early Miocene. Structural and geophysical data support the presence of an eastward migrating asthenospheric wedge at the subduction hinge of the retreating Adriatic plate. The flip of the subduction, from the Alpine E-directed to the Apennines W-directed subduction could have been recorded by the drastic increase of the subsidence rates in the Apennines foredeep during the Late Oligocene - Early Miocene. In fact, west-directed subduction zones such as the Apennines show foredeep subsidence rates up to 10 times faster (>1 mm/yr) than to the Alpine foredeeps. The flip of the subduction could also be highlighted by the larger involvement of the crust during the earlier Alpine stages with respect to the Apennines decollements that mainly deformed the sedimentary cover and the phyllitic basement. It has been demonstrated that the load of the Apennines and Carpathians orogens is not sufficient to generate the 4-8 km deep Pliocene-Pleistocene foredeep basins, and a mantle origin has been proposed as mechanism (slab pull and/or E-ward mantle flow).

Paradoxically the extension determining most of the western Mediterranean developed in a

context of relative convergence between Africa and Europe. However it appears that the maximum amount of North-South Africa/Europe relative motion at the Tunisia longitude was about 135 km in the last 23 Ma, more than five times slower with respect to the eastward migration of the Apennines arc which moved eastward more than 700 km during the last 23 Ma. Therefore the eastward  migration of the Apennines-Maghrebides arc is not a consequence of the relative N-S relative convergence between Africa and Europe, but it is rather a consequence of the Apennines- Maghrebides subduction rollback, which was generated either by slab pull and/or the "E"-ward mantle flow relative to the lithosphere                

 
 
Fig. 193 - During the last 45 Ma, the evolution of the Mediterranean along the trace shown in the map is the result of three main subduction zones: i.e., the early E-directed Alpine subduction; the Apennines subduction switch along the Alps retrobelt; the Dinarides-Hellenides subduction. The last two slabs retreated at the expenses of the inherited Tethyan Mesozoic oceanic or thinned continental lithosphere. In their respective hangingwalls, a few rifts formed as backarc basins, progressively younger toward the subduction hinges. The slab is steeper underneath the Apennines, possibly due to the W-ward drift of the lithosphere relative to the mantle (after CARMINATI & DOGLIONI, 2004).

detected in the hotspot reference frame. The development of the western Mediterranean occurred mainly after the terminal convergence in the Pyrenees at about 20 Ma, which formed due to the collision between Europe and the Late Cretaceous-Early Tertiary counter-clockwise rotating Iberia contemporaneously to the opening of the Biscay Basin In northern Africa, south of the Maghrebides (and related Algerian Tell and Moroccan Riff the Atlas mountains represent an intraplate inversion structure, where extensional (NNEtrending)

and left-lateral (about E-W-trending) transtensional Mesozoic intercontinental rifts were later buckled and squeezed by Cenozoic compression and right-lateral transpression, in the foreland of the Apennines-Maghrebides subduction zone. This is also indicated by the thicker Mesozoic sequences in the Atlas ranges with respect to the adjacent not deformed mesetas.
 

Fig. 194 - Cross-section of the Northern Apennines. The Alps are interpreted as a boudinaged relict stretched in the Tyrrhenian Sea and western Northern Apennines. The retrobelt of the Alps is considered the prolongation of the Southern Alps. The numbers are interpreted vertical and horizontal velocity rates. It shows how in the same tectonic system different geodynamic mechanisms may concur. Green and red arrows indicate subsidence and uplift mechanisms respectively. Modified after CARMINATI et alii (2004b).

 

Fig. 192 - Transmed transect III. Modified after CARMINATI et alii (2004a).